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LA RICERCA

L'Uomo della Sindone venne crocefisso e trafitto al costato

Filippo Marchisio, primario di Radiologia all’ospedale di Rivoli, e Pier Luigi Baima Bollone, celebre sindonologo, hanno trovato che l'Uomo della Sindone porta i segni di fratture compatibili con una crocefissione. I due ricercatori hanno anche confermato che le macchie di sangue "sono assolutamente realistiche" e hanno individuato il punto esatto in cui la lancia ha colpito il costato. Ancor più screditata, invece, la ricerca del 1988 che aveva datato la Sindone al Medioevo. Le indagini devono continuare in ambito multidisciplinare, per la complessità di un oggetto unico al mondo che sfida la scienza per il mistero dell’immagine umana impressa. Un’immagine che commuove per la sua drammatica veridicità.

Ecclesia 04_01_2019
Ostensione della Sindone

L’anteprima dei risultati di una nuova ricerca è stata presentata su La Stampa del 2 gennaio scorso. Reca le autorevoli firme di Filippo Marchisio, primario di Radiologia all’ospedale di Rivoli, e di Pier Luigi Baima Bollone, celebre sindonologo, per molti anni professore ordinario di Medicina legale nell’Università di Torino e direttore del Centro Internazionale di Sindonologia.

L’indagine è partita dalla constatazione che l’Uomo della Sindone sembra avere il braccio destro più lungo di sei centimetri rispetto al sinistro. I due studiosi attribuiscono questa apparente anomalia a una frattura al gomito o a una lussazione alla spalla, compatibili con una crocifissione; tenendo conto anche della forzata piegatura delle braccia necessaria per vincere la rigidità cadaverica al momento della sepoltura.

Sulla Sindone la parte superiore delle braccia e le spalle non sono visibili a causa del danno provocato da un incendio nel 1532, quando la Sindone era conservata a Chambéry, nella cappella del castello dei duchi di Savoia. Marchisio ha usato la TAC e si è avvalso di un volontario di 32 anni, dal fisico atletico come l’Uomo della Sindone, per la ricostruzione delle parti mancanti mediante una sovrapposizione di immagini. “La TAC permette una riproduzione perfetta delle volumetrie del corpo, consentendoci di ricostruire le parti mancanti senza la soggettività insita nella creazione artistica”, ha ricordato Marchisio. “La TAC sottolinea l’incoerenza della posizione di spalle e mani, un elemento ulteriore che avalla l’ipotesi che l’Uomo della Sindone sia stato realmente crocifisso”.

I due ricercatori hanno confermato che le macchie di sangue presenti sulla Sindone sono “assolutamente realistiche” e hanno individuato il punto esatto in cui la lancia ha trafitto il costato. Hanno potuto così individuare quali organi vennero lesionati “liberando una raccolta di sangue nel cavo pleurico”. Marchisio aggiunge che “il sangue è colato soprattutto a destra, convogliato dal canale formato dal braccio contiguo al corpo sino al gomito, e si è quindi raccolto a formare la cintura di sangue nella zona lombare; i rapporti anatomici svelati dalla ricostruzione delle parti mancanti lo confermano: è la dimostrazione della straordinarietà e della coerenza della Sindone. Più la si studia e più riserva sorprese”.

È imminente la pubblicazione anche di un altro studio, condotto da Baima Bollone con Grazia Mattutino, criminologa dell’Istituto di Medicina Legale di Torino, che ha lavorato su importanti casi di cronaca giudiziaria. Presso l’Istituto sono conservati alcuni fili della Sindone, prelevati durante le indagini del 1978. L’analisi di questi campioni ha permesso l’individuazione di particelle di oro, argento e piombo, dovuti al contatto del Sacro Lino con il prezioso reliquiario che lo custodiva. È stata identificata anche un’alga, che forse si trovava nell’acqua usata per spegnere l’incendio di Chambéry. Sono presenti pure acari, pollini e particelle dell’inquinamento dovuto alle automobili. Per secoli la Sindone è stata conservata in una cassetta che non era a tenuta stagna e anche le ostensioni hanno contribuito alla sua contaminazione.

Proprio per le vicissitudini subite dalla Sindone, non è ritenuta valida la datazione eseguita con il metodo del radiocarbonio nel 1988, che collocò l’origine della Sindone nel Medio Evo. La scelta della zona da cui i campioni furono prelevati era errata: da un angolo molto inquinato, che è stato anche restaurato. Il biochimico Alan D. Adler, membro della Commissione per la conservazione della Sindone, ha analizzato 15 fibre estratte dal campione sindonico usato per la datazione radiocarbonica. Dopo un confronto con 19 fibre provenienti da varie altre zone della Sindone, ha riscontrato sul campione usato per la radiodatazione un grado di inquinamento tale da poter dichiarare che esso non è rappresentativo dell'intero lenzuolo.

D’altronde un telo ha una superfice totale di interscambio con l’ambiente, non c’è la possibilità di un prelievo in una zona che non abbia avuto contatti con l’esterno. Proprio per questo la Beta Analytic, uno dei più importanti laboratori al mondo per le analisi radiocarboniche, è molto prudente nell’analisi dei tessuti. Sul suo sito si legge: “Beta Analytic non effettua la datazione di tessuti, a meno che questa sia parte di un processo di ricerca multidisciplinare”. E viene precisato: “Il laboratorio non esegue la datazione di tessuti o altri oggetti di valore elevato o inestimabile, a meno che il pagamento e l’invio del campione siano effettuati da un ente statale, da un museo o da un altro istituto riconosciuto che stia studiando i materiali all’interno di un processo di ricerca multidisciplinare. È possibile inviare il materiale tramite un archeologo professionista, che dichiari che il campione è adatto per la datazione al radiocarbonio”. Si sottolinea inoltre: “I campioni prelevati da un tessuto trattato con additivi o conservanti generano un’età radiocarbonica falsa”.

Le indagini sulla Sindone, perciò, devono essere sempre condotte in un ambito multidisciplinare, proprio per la complessità di questo oggetto unico al mondo, che sfida la scienza per il mistero  dell’immagine umana impressa. Un’immagine che commuove per la sua drammatica veridicità.