Lodi, città dell'Alabama? Ecco che accade nelle mense
A Lodi c’è una sindachessa leghista, Sara Casanova, “che obbedisce rigidamente alla legge a costo di lasciar fuori i bambini dalle mense scolastiche, se sono figli di immigrati”. Questa è la narrazione. Ma è vero? Parlano il vicesindaco Lorenzo Maggi e l'avvocato Alessandra Casula, di Pari Doveri. Per saperne di più.
Pochi italiani avevano letto notizie da Lodi, piccolo capoluogo di provincia lombardo, a Sud di Milano. Pochi, fino a questo autunno, quando la cittadina è balzata all’onore delle cronache come esempio speculare e opposto a Riace. Perché mentre a Riace c’è un sindaco che disobbedisce alla legge per un “bene superiore”, cioè l’accoglienza degli immigrati, a Lodi c’è una sindachessa leghista, Sara Casanova, “che obbedisce rigidamente alla legge a costo di lasciar fuori i bambini dalle mense scolastiche, se sono figli di immigrati”. Così la storia è stata narrata ed è finita su tutte le prime pagine. Lodi è diventata, per il grande pubblico, una sorta di cittadina dell’Alabama o del Mississippi anni 50, nel periodo della segregazione. Ora che le passioni si sono almeno in parte raffreddate, La Nuova Bussola Quotidiana ha voluto approfondire la vicenda lodigiana, andando a intervistare i diretti interessati.
L’origine della questione è la delibera del Consiglio comunale numero 28, del 4 ottobre 2017 che ha modificato due articoli (8 e 17) Regolamento “al fine di adeguarlo”, stando al Comune, ad una legge del 2000, l’articolo 3 DPR 445/00. Detto così non significa nulla, ma in realtà ha cambiato le abitudini a molte famiglie. Per avere sconti sulla mensa scolastica o sul trasporto a scuola, occorre dimostrare di essere in fascia di reddito bassa con un’autocertificazione. Per i cittadini extracomunitari diventa però necessario dimostrare di non avere beni all’estero. Devono perciò farsi rilasciare la documentazione dallo Stato di provenienza. Una seconda delibera, spinta soprattutto dagli alleati della lista civica che è in giunta assieme alla Lega, ha smussato gli angoli della prima versione della delibera, risolvendo diversi problemi pratici, ma non spegnendo del tutto le polemiche.
Per chi contesta la delibera, questa norma «è in sé discriminatoria – spiega alla Nuova Bussola Quotidiana l’avvocato Alessandra Casula, della rete Uguali Doveri, contraria alla delibera – Contrasta con L'art.2, comma 5 del Testo Unico immigrazione: “Allo straniero è riconosciuta parità di trattamento con il cittadino (...) nei rapporti con la pubblica amministrazione e nell'accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla legge”. Contrasta anche con il DPCM 5.12.13 n. 159, “Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee)” che non prevede nessuna differenza tra italiani e stranieri e prevede la possibilità di autocertificare, sia per italiani che per stranieri la proprietà di immobili all’estero. Perché la norma regolamentare è discriminatoria? Perché ai cittadini italiani viene richiesto l'Isee e autocertificano tutto (potrebbero anche possedere un castello alle isole Samoa e non dichiararlo) ai cittadini stranieri viene richiesto l'Isee più una documentazione quasi sempre impossibile da reperire».
Lorenzo Maggi, vicesindaco di Lodi, spiega alla NBQ che l’adeguamento è stato necessario non per motivi di discriminazione, ma, al contrario, perché siamo tutti uguali davanti alla legge: «È semplice buon senso. Fino a poco tempo fa, anche per accedere alle case popolari, e per godere di qualunque altra prestazione sociale agevolata, il cittadino italiano doveva documentare il possesso di proprietà nel comune in cui faceva domanda per l’agevolazione. Fu il governo Berlusconi a estendere questa documentazione a livello di patrimonio nazionale, dunque anche un residente a Lodi nato a Palermo doveva documentare quanto patrimonio avesse nella sua città natale. Ora, non vedo quale differenza ci sia fra un residente di Lodi di origine siciliana, che magari è proprietario di casa in Sicilia, e uno di origine albanese, per esempio. Perché non deve valere per quest’ultimo? Se si hanno proprietà all’estero, queste contribuiscono alla capacità contributiva potenziale».
«In realtà, del diritto bisogna dare un’interpretazione sistematica e questa normativa del 2000, oggi è ampiamente superata dalle norme vigenti sull’Isee e dalla giurisprudenza – spiega Alessandra Casula - Per essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato, ad esempio, è sufficiente l’autocertificazione dell’assenza di redditi all’estero. Finora era stata usata l’Isee per capire in che fascia di reddito fossero gli studenti stranieri. Con la prima delibera, invece, il Comune di Lodi chiedeva che gli stranieri portassero documentazione prodotta dagli Stati di appartenenza. Per i cittadini degli altri Stati (senza convenzioni internazionali) “gli stati, le qualità personali e i fatti, sono documentati mediante certificati o attestazioni rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero, corredati di traduzione in lingua italiana autenticata dall'autorità consolare italiana che ne attesta la conformità all'originale”. Questa procedura dal punto di vista pratico è complicatissima, ci sono paesi senza catasto, ci sono paesi poveri specificati con decreto del Ministro per l'Istruzione, l'Università e la Ricerca scientifica d'intesa con il Ministro per gli Affari esteri (D.M. 09/06/2017 n. 1455) e per i quali, anche se si dovesse scoprire un immobile... come lo si integra con l'Isee?»
La protesta è nata dalle famiglie che non avevano la possibilità di reperire la documentazione necessaria. Il vicesindaco Maggi, ritiene che: «Intanto non si deve fare di tutte le erbe un fascio. Il Togo, per esempio, è in grado di produrre tutta la certificazione del caso. Esempio contrario: l’Ecuador non ha un catasto nazionale, ma solo catasti comunali, quindi reperire la documentazione sulle proprietà immobiliari diventa un’impresa impossibile Il principio è sempre lo stesso: non puoi mettere le persone nelle condizioni di dover fare l’impossibile. Si doveva prevedere questo tipo di difficoltà. Serve ancora un approccio pragmatico, evitando guerre di religione. E senza arrivare a descrivere Lodi come l’Alabama del 2018, un quadro completamente falso. Abbiamo parlato con molte persone extracomunitarie direttamente interessate e da parte di tutti c’è stata la volontà di produrre la documentazione necessaria. E gran parte di loro si è detta d’accordo con le nuove regole. Non c’era una mancanza di volontà di documentare, ma semmai una impossibilità in diversi casi, e su quello avevano perfettamente ragione».
«Tanti hanno cercato di reperire i documenti, tanti hanno presentato quello che hanno trovato, pochissimi sono stati ammessi alle agevolazioni – spiega l’avvocato Casula di Uguali Doveri - Notare che fin da subito il comune ha escluso dall'applicazione dell'art. 4: chi ha lo status di rifugiato e chi viene da paesi in cui è oggettivamente possibile trovare la documentazione richiesta, paesi che sarebbero stati individuati in una lista. La lista preparata dal Comune si limitava a 4 paesi: Afghanistan, Libia, Siria e Yemen. Emerge poi che in alcuni paesi i catasti sono territoriali e che non è possibile ottenere una visura reale nazionale. Emerge che alcuni paesi prevedono la sola possibilità di autocertificare la mancanza di redditi».
Su questo interviene la nuova delibera, approvata il 17 ottobre, che estende l’esenzione a chi ha la protezione sussidiaria o umanitaria, approva la richiesta di agevolazione quando vi sia una dichiarazione delle rappresentanze diplomatiche che attesti l'impossibilità del paese di rilasciare le certificazioni necessarie, o che attesti che le certificazioni possono essere solo parziali, ma anche che attesti che, per reperire quella documentazione occorre andare materialmente nel paese di provenienza e infine, stabilisce che, ove la rappresentanza diplomatica non risponda, sarà il dirigente scolastico a decidere positivamente ove si possa presumere assenza di reddito.
«Ora il problema è – si chiede Alessandra Casula - come si fa a fare una delibera in cui l'applicazione delle regole è subordinata al comportamento di uno Stato straniero?» Nel gruppo di giuristi contattato dalla rete Uguali Doveri, prevale una linea di assoluta criticità, anche della seconda delibera, in quanto fino a quando la prima non è espressamente abrogata, rimane in vigore, dunque l'incertezza aumenta. «Secondo l’opposizione – replica Maggi – impedire l’autocertificazione agli extracomunitari è discriminatorio. Sinché non ci sarà l’abolizione di questo principio, loro si opporranno. Legittimo punto di vista, ma non è il nostro. Perché se non puoi verificare l’autocertificazione di un cittadino extracomunitario, perché chiaramente è impossibile ordinare un’ispezione in un territorio straniero, l’autocertificazione stessa non è accettabile».
Il clamore mediatico si fonda soprattutto su una scena. Quella dei bambini stranieri esclusi dalla mensa scolastica, perché i genitori non potevano più permettersi di pagarla e dunque separati dai loro compagni italiani. Gli uni a mangiare in mensa, gli altri in classe, con le insegnanti presenti (e per questo scontente a loro volta), a mangiare il pranzo portato da casa. «I bambini hanno sofferto, tutti, quelli che vivevano la discriminazione e non andavano nei locali mensa e quelli che invece vedevano i loro amici mangiare da un'altra parte», dice alla NBQ Alessandra Casula. «Sono state decisioni autonome di alcuni dirigenze scolastiche, perché le mense non avevano alcun problema a far mangiare i bambini assieme – replica il vicesindaco – Fa parte dell’autonomia scolastica. Non c’era alcuna impossibilità di accesso al servizio, c’era una differenza di prezzo, pari a 50 euro in più al mese».