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ELEZIONI

L'inevitabile irrilevanza dei cattolici

I cattolici in politica non ci sono più per il semplice fatto che da molto tempo hanno cessato di esserci nella società e nella cultura. In politica vince chi semina idee e forma le menti, e la Chiesa non semina più da tempo. Si deve re-iniziare un cammino di formazione.

Editoriali 06_03_2018

Cosa dire di cattolico sui cattolici in politica dopo che di cattolici in politica non ce ne sono più? Con queste elezioni sembrano finite molte cose: finita la seconda repubblica, finita la sinistra, finito il bipolarismo, finito il berlusconismo … finiti i cattolici in politica.  

Prima delle elezioni avevamo scritto (vedi qui) che i cattolici sarebbero andati a votare più sfarinati del solito, nudi e al buio. Purtroppo è andata veramente così. La loro insignificanza politica è ormai un dato acquisito e ha sostanzialmente vinto chi, dentro la Chiesa, la teorizza da tempo: la scomparsa dei cattolici dalla scena politica come esito della (provvidenziale, a loro dire) fine del regime costantiniano.

Oltre ad aver previsto lo sfarinamento della presenza cattolica, avevamo anche scritto che bisognava vivere il momento elettorale in modo disincantato, senza chiedere troppo, e pensare a ricominciare da lontano, prendendosi gli spazi dei tempi lunghi. Il momento politico in generale e quello elettorale in particolare sono il frutto di idee seminate, di culture sedimentate, di educazione dei cittadini e non solo di interessi.

I cattolici in politica non ci sono più per il semplice fatto che da molto tempo hanno cessato di esserci nella società e nella cultura. L’editoria cattolica è morente. La stampa cattolica è priva di identità. Di insegnanti cattolici nella scuola non se ne vedono. Gli intellettuali cattolici si beccano tra loro come i polli di Renzo, e chi dice che la legge sulle DAT è giusta e chi dice che è ingiusta. I movimenti cattolici non formano i loro aderenti ad una mentalità cattolica comprendente anche l’impegno politico e quando lo fanno sarebbe meglio che non lo facessero. Ben venga che Gianluigi Gigli, dopo aver sostenuto il governo Renzi nella passata legislatura, scopra che alle regionali del Lazio Parisi è meglio di Zingaretti, ma contemporaneamente Andrea Riccardi registra un video in appoggio ad un candidato della stessa giunta Zingaretti, quella che aveva bandito un concorso riservato a medici abortisti. E stiamo parlando nientemeno che di Movimento per la Vita e Comunità di Sant’Egidio.

Stante questa situazione ci si chiede perché mai i cattolici dovrebbero avere dei risultati in politica.

Queste elezioni hanno dimostrato che in politica vince chi semina idee e forma le menti. Vince chi prima delle elezioni ha educato, anche diseducando. Possono cambiare i candidati e i simboli dei partiti, ma le correnti culturali e ideologiche rimangono e si travestono in forme politicamente nuove.

La sinistra esce largamente sconfitta dalle elezioni politiche, ma quanti elementi della cultura della sinistra, e addirittura della cultura comunista, sono transitati nell’ideologia del Movimento 5 stelle, un partito statalista, centralista e collettivista? Vogliono requisire la terza casa, non vogliono più dare i soldi alla scuole cattoliche, vogliono il gender obbligatorio in tutte le scuole, hanno promesso il reddito di cittadinanza garantito senza lavorare … si potrebbe parlare di un comunismo pentastellato. Se gli uomini e perfino i partiti passano, le idee rimangono, si adattano alla nuova situazione e transitano sotto altre bandiere. L’importante è “informare” la società e la mentalità, poi verranno anche i risultati politici. Ed è ciò che i cattolici non fanno più ormai da molto tempo.

Anche Emma Bonino, pur essendo eletta ugualmente grazie alla coalizione, si può dire che abbia perduto in questa occasione elettorale: il suo partito non ha superato nemmeno la soglia del tre per cento. Eppure molte delle sue idee sono presenti ampiamente in tanti partiti usciti più o meno bene dalle elezioni: Forza Italia è piena di personaggi che la pensano come la Bonino e i Cinque Stelle pure, con perfino qualche posizione ancora più spinta. Se domani ci fosse una maggioranza 5 Stelle–Partito Democratico, la Bonino avrebbe vinto, anche se il 4 marzo ha perso, perché a vincere sarebbero state le sue idee. Solo chi semina raccoglie, in proprio o tramite altri. 

La stessa Lega ha ottenuto il suo successo dopo aver seminato a lungo. Seminato a suo modo, ma comunque seminato. I cattolici cosa hanno seminato? E perché ora dovrebbero raccogliere? Chi non lavora non mangi. Se non ci sono più in politica è perché non ci sono più in tanti altri settori della vita sociale e culturale e talvolta non ci sono nemmeno nelle proprie istituzioni, quelle che magari contengono ancora nella denominazione l’aggettivo cattolico.

La scomparsa dei cattolici dal parlamento è segno della fine del cattolicesimo sociale e culturale con presa sulla comunità. Quando la Chiesa non educa più – e proprio questo sta avvenendo in campo politico – succede che i laici cattolici spariscano dai parlamenti e che siano allora i vescovi a trattare direttamente con i partiti e i governi. È il nuovo clericalismo, che si limita ad ottenere risultati per patteggiamento, senza avere investito. È il contrario di quanto sta facendo la rete di Scuole di Dottrina sociale della Chiesa che anche la NBQ appoggia e sostiene. Se cinque anni fa si fosse iniziato un chiaro cammino in questo senso si poteva sperare qualcosa di meglio. Se a formare le teste sono solo gli altri non si possono pretendere risultati.