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IMMIGRAZIONE

Le navi dell'Ue: un problema più che la soluzione

Dopo lo stop alle navi delle Ong, il dibattito nel governo Conte sulla chiusura dei porti a chi trasporta immigrati illegali soccorsi in mare si allarga alle navi civili e a quelle militari. Incluse quelle delle missioni europee, come l'irlandese Beckett che ha sbarcato un centinaio di immigrati a Messina. Le missioni europee andranno riviste.

Politica 12_07_2018
Immigrati a bordo di una nave militare

Dopo lo stop alle navi delle Ong, il dibattito nel governo Conte sulla chiusura dei porti a chi trasporta immigrati illegali soccorsi in mare si allarga alle navi civili e a quelle militari. Il ministro degli interni, Matteo Salvini, pretende di far arrestare i migranti illegali insorti contro l’equipaggio del rimorchiatore Vos Thalassa che intendeva consegnarli alle motovedette libiche. Migranti poi trasferiti a bordo del pattugliatore Diciotti della Guardia Costiera italiana e giunti ieri sera a Trapani.

Sul fronte delle Ong la Procura di Trapani sta chiudendo l'inchiesta che, ad agosto scorso, portò al sequestro della nave della Ong tedesca Jugend Rettet Juventa. I Pm hanno fatto notificare 20 avvisi di garanzia a componenti dell'equipaggio dell'imbarcazione e a personale di Medici Senza Frontiere e Save the Children. L'ipotesi di reato è favoreggiamento dell'immigrazione clandestina per i rapporti tra il personale a bordo della nave e i trafficanti in Libia. Nel mirino del Viminale, ma anche del ministro delle Infrastrutture (che gestisce la Guardia Costiera), Danilo Toninelli, ci sono anche le navi militari delle missioni Ue Eunavfor Med e dell’agenzia delle frontiere Frontex che non potranno più entrare nei porti italiani se vorranno sbarcarvi migranti soccorsi in mare.

Il “casus belli” per aprire l’ennesimo fronte con l’Europa l’ha offerto lo sbarco a Messina di 106 clandestini soccorsi dal pattugliatore irlandese Beckett, assegnato alla flotta di Eunavfor Med. L’annuncio di Salvini, che al summit di oggi con i ministri di Interni e Giustizia europei potrebbe chiedere di recepire questa nuova direttiva italiana, ha determinato qualche irritazione al ministero della Difesa che insieme agli Esteri gestisce Eunavfor Med, operazione varata dall’Alto rappresentante Ue per politica estera e sicurezza, Federica Mogherini. Benché tutti smentiscano scontri tra i diversi ministeri, il caso del Beckett dimostra ancora una volta che non giova avere ben quattro ministeri coinvolti nelle diverse operazioni in atto tra la Libia e la Sicilia, come era già emerso l’anno scorso con l’iniziativa di contrasto all’immigrazione illegale varata da Marco Minniti cui si contrapponeva il ministro Del Rio che controllava la Guardia Costiera.

Meglio quindi ricordare che la missione di Eunavfor Med, come quella di Frontex, venne varata nel 2015, su richiesta di Roma, per allevare l’oneroso impegno delle forze navali italiane usurate dall’intenso impiego e dall’operazione di soccorso Mare Nostrum. La flotta di una mezza dozzina di navi agli ordini dell’ammiraglio Enrico Credendino, avrebbe dovuto contrastare i traffici e i trafficanti ma non ha mai potuto farlo veramente perché non autorizzata a penetrare nelle acque libiche e neppure a intercettare i cargo che portano da Malta alla Libia i gommoni “made in China” utilizzati per i flussi illegali verso l’Italia. La flotta europea si occupa anche di fermare i traffici di armi diretti in Libia, l’export illegale di petrolio libico e di addestrare la Guardia Costiera di Tripoli, compito assolto per la gran parte dalla Marina Militare italiana.

Sull’ammiraglia, la nave per operazioni anfibie italiana San Giusto, si è da pochi giorni imbarcata una cellula di Europol ma in termini di lotta reale ai trafficanti la flotta europea ha affondato in tre anni 551 gommoni e barconi sbarcando in Italia i 45 mila migranti che si trovavano a bordo con 151 scafisti, consegnati alla giustizia italiana ma in gran parte scarcerati in attesa di giudizio e tornati alla loro lucrosa attività. Il mandato dell’operazione navale di Frontex (prima Triton, ora Themis) è di “aumentare la sicurezza delle frontiere esterne attraverso il controllo dei flussi migratori irregolari e il contrasto della criminalità” ma di fatto anche questa flotta targata Ue ha solo contribuito a soccorrere i migranti e sbarcarli in Italia. Regole accettate dal governo Renzi nel 2015 (come ha confermato l’anno scorso Emma Bonino), poste come condizione dai partner Ue per inviare le loro navi, che ora “devono essere cambiate” ha avvertito Toninelli. Per questo lo sbarco di migranti illegali da parte di quelle navi militari europee diventa competenza diretta anche del ministero degli Interni.

Non è la prima volta che le flotte europee subiscono critiche o vengono considerate un elemento di scarsa utilità se non addirittura una presenza che incoraggia l’immigrazione illegale. Nel giugno 2017 il governo Gentiloni minacciò la chiusura dei porti alle navi militari europee senza andare però oltre le parole mentre Minniti disse che sarebbe stato ancora più orgoglioso dell’Europa se ogni nave, dopo avere salvato i migranti, invece di sbarcarli in Italia «almeno una volta li portasse in un altro porto europeo». L’Italia ribadisce quindi di voler chiudere ogni accesso alla Penisola ai migranti illegali, anche se non si può escludere che così crolli del tutto la già precaria solidarietà dei partner Ue.

Molti Stati potrebbero infatti ritirare le proprie navi oppure non autorizzare più l’impiego del loro naviglio in operazioni di soccorso ai migranti illegali. Eunavfor Med è composta da navi francesi, irlandesi, tedesche, spagnole e italiane e il ritiro di alcuni partner porterebbe all’esaurimento dell’operazione per assenza di navi. Per una Ue che, a parole, afferma di voler trovare una piena identità anche sul piano militare, sarebbe l’ennesima figuraccia ma l’Italia si troverebbe del tutto sola ad affrontare i flussi migratori dalla Libia.

Una possibile soluzione, in tempi rapidi, potrebbe giungere dalla riattivazione del Trattato di amicizia italo libico del 2008, invocata a gran voce da Tripoli. La Libia incasserebbe finanziamenti italiani ed europei ma si farebbe carico dei migranti soccorsi in mare anche dalle navi militari europee e dai mercantili grazie anche a una capacità di controllare la propria area di competenza per la ricerca e soccorso rafforzata presto da 12 nuove motovedette italiane cui potrebbero farne seguito altre 17.

Una soluzione che potrebbe scaturire da un’intesa bilaterale tra Roma e Tripoli specie se la Ue dovesse confermare la rinuncia a effettuare respingimenti in Libia dei migranti illegali. Una posizione annunciata nel 2015 alle Nazioni Unite da Federica Mogherini che in questi anni ha favorito i trafficanti e ribadita il 2 luglio dalla portavoce della Commissione Ue per la migrazione, Natasha Bertaud. “Non ci saranno mai dei rimpatri dell’Ue verso la Libia o navi europee che rimandano i migranti in Libia” ha dichiarato rispondendo alla domanda di un giornalista. I trafficanti libici avranno brindato.