Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Pietro Canisio a cura di Ermes Dovico
LA MOSTRA DI LANGONE

L'artista torna al sacro che la Chiesa ha abbandonato

Madonne che sembrano Madonne e invitano a riflettere sull'aborto selettivo, un Giovanni Battista che "risponde" ai Dubia, l'Agnello di Dio che si materializza come sul Giordano. C'è un'arte sacra contemporanea di committenza privata e non ecclesiale che non ha perso la sua dimensione figurativa, ma si apre al mistero e al trascendente. La mostra di Langone segna la fine del concettualismo che ha riempito le chiese di obbrobri. E invita i vescovi ad abbandonare la pigrizia. L'intervista della Nuova BQ.

Cultura 28_11_2018
Amoris laetitia. San Giovanni Battista ammonisce l'adulterio di Erode Antipa ed Erodiade

E’ uno spaccato di arte sacra vivo e vegeto quello che emerge dalla mostra del Comune di Ascoli Piceno che ha promosso L’arte che protegge. Pittura contemporanea e Sacro, nella quale il suo curatore, il critico e saggista Camillo Langone ha “messo in scena” opere nelle quali torna il bisogno di un’arte sacra figurativa. Lontano dunque dalla stagione del concettualismo artistico che ha inondato le chiese di opere incomprensibili al pubblico e spesso urticanti nella loro provocatorietà. 

Il messaggio che Langone (in foto) ha voluto dare con questa mostra, che aprirà i battenti il 7 dicembre nel Palazzo dei Capitani del Popolo del comune marchigiano, è proprio quello che un ritorno all’arte figurativa di fronte alla quale pregare e sondare il mistero è possibile. Gli artisti sono pronti, soltanto le gerarchie ecclesiastiche, semmai, nella loro pigrizia non hanno ancora compreso che è tempo di tornare ai canoni che hanno fatto grande l’arte cristiana.

E’ lo stesso Langone a spiegarlo in questa intervista alla Nuova BQ nel corso della quale illustra le caratteristiche di alcune opere contemporanee, ma che hanno il pregio di rifarsi ai canoni della tradizione iconografica, ma senza scimmiottare un improbabile ritorno al passato.

Langone, anche il fatto che a promuovere questa mostra sia un Comune e non un ente ecclesiastico la dice lunga…
Un sindaco, per di più. Sono grato al primo cittadino di Ascoli Guido Castelli che ha creduto in questo progetto che porta in mostra l’arte sacra contemporanea con un’operazione culturale che mancava in Italia dal 1978.

A che punto è dunque l’arte sacra? Viene in mente l’astrattismo di certi obbrobri nelle chiese…
Nonostante il clima culturale, il confronto con il sacro non è per nulla infrequente nelle opere degli artisti contemporanei, con una tensione trascendentale spesso sottovalutata e dunque da evidenziare.

E il mondo cattolico, inteso come vescovi committenti, come lo recepisce?
Diciamo che non lo recepisce. Viviamo tempi profani in cui la Chiesa commissiona molto meno che nel passato e con molto meno rigore teologico e spesso senza esigere il rispetto nemmeno dei più elementari criteri iconografici cattolici. Ma questi artisti ci dicono che l'arte può dare risposte a chi continua a cercare il trascendente.

Infatti, la maggior parte delle pitture dei trentadue artisti presenti (di varie generazioni in un arco lungo mezzo secolo che si estende da Ercole Pignatelli, classe 1935 fino a Ilaria Del Monte che è dell'85) non proviene da committenze religiose.
Esatto, si tratta per la maggior parte di opere create per una committenza privata che ha chiesto il proprio santo a cui è devoto o una Madonna a un determinato pittore. O anche dipinti degli stessi artisti per la loro devozione. Ho scoperto una committenza privata che, se vogliamo, non è enorme, ma è florida. Ed è completamente extra ecclesiastica. Soltanto un’opera proviene da una committenza ecclesiastica e mi è stata data dalla Comunità di Sant’Egidio.

Qual è il filo rosso che le lega?
Diciamo che ho dovuto frenare le tante incursioni di artisti che mi proponevano cose un po’ sataniche e pagane perché c’è in giro un senso del sacro inteso in molteplici sensi. Ho cercato di evidenziare la tensione trascendentale spesso sottovalutata.

E gli artisti sono tutti del panorama italiano?
Sì, e mi ha colpito il fatto che tutti abbiano come punto di riferimento la storia dell’arte. Segno che non è così difficile farsi fare una Madonna che sembri una Madonna e questo dà una colpa ancora maggiore ai chierici che continuano a commissionare cose spiritualiste e concettuali. La verità è che il grosso degli artisti non aspetta altro che realizzare opere di arte sacra.

Eppure, si continua a dire che non ci sono più i pittori…
E’ una facile scusa che non sta in piedi. Nel mio piccolo ho portato ad Ascoli uno degli artisti italiani più quotati a livello internazionale come Nicola Samorì, quindi non c’è da raschiare il fondo del barile, bisogna solo sapere che cosa si vuole.

Sta dicendo che nel mondo di certi artisti sta finendo la stagione “iconoclasta” che ha destrutturato il sacro?
E’ una fase superata, sembra rimasta solo nei preti. Per un artista oggi è più semplice ricollegarsi a un Piero della Francesca piuttosto che ad un’opera contemporanea che non esprime più nulla e che per essere spiegata ha bisogno di un libretto a parte. 

Ci parli un po’ di questi artisti…
C’è ad esempio Omar Galliani, il cui quadro ho scelto come manifesto della mostra. Galliani non ha mai lavorato per una committenza religiosa, ma si è sempre misurato con il mondo del sacro. Il suo Agnus Dei parte da Zurbaran ma ci mostra un agnello che libera il cristianesimo dalle incrostazioni teologiche, dalle aberrazioni storiche e dalle superfetazioni ecclesiastiche, e finalmente mostra oggi quanto vide San Giovanni Battista quel giorno sul Giordano: “Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!”.

Com’è la pittura mariana oggi?
Fiorentissima. Prendiamo un interessante artista come Elvis Spadoni. E’ un ex seminarista e ora è sposato con figli. La sua Madonna con bambino è intimista perché ha scelto come modella proprio sua figlia, come accadeva in passato. 

Una Madonna in total white, che abbandona l’azzurro e rosso, però. Curioso? Irriverente?
No, è questo il compito del contemporaneo, ricreare anche cromaticamente la figura sacra. Quel bianco è abbagliante, accecante, è la luce di Dio che irrompe nel mondo. Una luce che non si lascia guardare, infatti il bambino è di spalle perché la luce mangia le figure nella sua potenza. E la stessa Madonna nel suo gesto protettivo ne è colpita. Oppure l’iconografia mariana si può creare in un contesto domestico. C’è un’opera, Mater, di Daniele Vezzani che è anch’essa autobiografica. La sua è una maternità poeticamente domestica.

Madre e figlio, quasi banalizzati. E’ questo, oggi, il sacro?
E’ immediato. Cosa c’è di più domestico di una madre con il suo bambino tra le pareti di casa? Eppure, è stato il cristianesimo a dare importanza alle donne e ai bambini. Questo quadro è un quadro potente che ispira protezione. Servono quadri così per proteggere le bambine dall'aborto selettivo.

La storia della rivelazione è fatta però anche di fatti concreti e tangibili. C’è un recupero di questo figurativismo storico?
Assolutamente sì. Prendiamo Giovanni Gasparro. E’ l’unico pittore italiano che vive di arte sacra e il quadro che porta ad Ascoli Piceno è un quadro che ricalca, attraverso un fatto storico, una situazione dell’oggi. L’ha chiamato Amoris Laetitia. San Giovanni Battista ammonisce l'adulterio di Erode Antipa ed Erodiade.

Non sarà facile spiegarlo alle committenze ecclesiastiche…
Bè, diciamo che da punto di vista commerciale è senza speranza, ma questa è una singolarissima e coraggiosissima pittura morale che richiama il nome dell’esortazione apostolica del 2016, tanto ambigua da provocare una richiesta di chiarimenti a Papa Francesco da parte di quattro cardinali, i cosiddetti Dubia, intorno all'adulterio e alla comunione dei divorziati.

Possiamo definirlo un quadro polemico?
No, sarcastico, se vogliamo. Ma Gasparro di dubbi non sembra averne perché mostra che l'indissolubilità del matrimonio è fissata nel Vangelo: se la Chiesa vuole restare fedele alla Parola di Dio deve mettere in gioco l'osso del collo come fece San Giovanni. Visto l'argomento si rischiava la tetraggine e però il pittore pugliese, è riuscito a essere a suo modo divertente forzando l'espressività dei concubini: Erode Antipa è un vecchio laido ed Erodiade una comare meridionale.

Che cosa si aspetta dal mondo ecclesiastico?
Che abbandoni la pigrizia e l’ignoranza, non credo sia per malizia e si accorga che esistono pittori in grado di ridestare il mistero.

Recentemente ha fatto scalpore l’altare di Claudio Parmiggiani per la chiesa di Gallarate con le teste mozzate. Eppure, è un figurativista anche lui, ma forse il problema è teologico. Lei che cosa pensa?
Io sono contrario in partenza a quegli altari posticci post conciliari, tutte le volte che c’è questo rinnovamento liturgico mi si accappona la pelle, ma sono contrario anche se non fosse stato di Parmiggiani. L’arte per la fede dovrebbe essere il più stabile possibile, io non capisco tutta questa smania di cambiamento. Così l’opera di Parmiggiani la trovo devastante per il contesto in cui è stata messa

Chiese antiche e opere moderne, un annoso problema…
Sono contrario, le opere di arte sacra contemporanea vanno esclusivamente per le chiese nuove, meglio lasciare in pace le chiese antiche. Così anche queste opere che espongo hanno in vantaggio di portare un’icona dentro templi che per loro natura sono ormai aniconici, che hanno espulso l’immagine sacra.

Una volta l’immagine sacra serviva per catechizzare il fedele, la cosiddetta Biblia Pauperum, oggi deve evocare, emozionare. Come la mettiamo?
Che la semplicità dei simbolismi porta alla conoscenza, gli antichi l’avevano capito. Se penso che oggi per capire una scultura contemporanea serve un “bugiardino” apposito, comprendo perché molte opere che si spacciano per “sacre” non riescano più a vivere da sole come accadeva in passato.