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IL BELLO DELLA LITURGIA

L'Annunciazione, tutto negli occhi di Maria

“L’eternità che si fissa in un istante”, così un noto studioso sintetizza l’immagine dell’Annunciata, rientrata a pieno titolo nell’esiguo corpus di opere rimaste e conosciute di Antonello da Messina, dopo essere stata attribuita per lungo tempo a Dürer.

Cultura 23_03_2019
Annunciazione, Antonello da Messina (part.)

 “In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.” Lc 1, 26

“L’eternità che si fissa in un istante”, così un noto studioso sintetizza l’immagine dell’Annunciata, rientrata a pieno titolo nell’esiguo corpus di opere rimaste e conosciute di Antonello da Messina, dopo essere stata attribuita per lungo tempo a Dürer. E’ l’opera della maturità dell’artista, datata 1475, tra le più celebri del Rinascimento italiano e non solo.

Il pictore ceciliano Antonellus messeanus, com’era solito firmarsi, sintetizza la tradizionale iconografia dell’episodio evangelico, che prevedeva l’esplicita manifestazione, accanto alla Vergine, dell’angelo annunciante, concentrando nella sola figura della Madonna la drammaticità del momento più importante per tutta l’umanità.

Stagliato su un fondale scuro e incastonato in un manto colore azzurro oltremare, fatto di lapislazzuli mescolati a biacca, il volto perfettamente ovale di Maria ci appare concentrato, lo sguardo intenso rivolto a destra, la stessa direzione da cui proviene la luce che, giocando con le ombre, scolpisce la figura.  Intuiamo che si trovi al cospetto di una misteriosa presenza il cui arrivo, come una brezza leggera, ha appena mosso le pagine del libro posato sul leggio a Lei di fronte, fogli su cui immaginiamo scritte le profezie che proprio in quell’istante si stanno, attraverso di Lei, avverando. 

Icona perfetta, magnetica e straordinariamente moderna, Maria è, contemporaneamente, una donna comune di cui Antonello, abilissimo ritrattista, è capace di esprimere la saldezza e la forza morale interiori, insieme a un senso di pudicizia che Le fa cingere, con il gesto della mano sinistra, i lembi del manto che L’avvolge. 

 

Non per questo Maria si chiude in Se stessa. La mano destra, così perfettamente scorciata, definisce la dimensione dello spazio, lo costruisce, complici lo spigolo del leggio e quella posa lievemente di tre quarti tanto cara alla pittura fiamminga. Col Suo semplice gesto, apparentemente immobile, Maria crea un movimento che ha a che fare con l’assoluto, esprimendo, consapevolmente quel sì che cambierà il corso della storia.