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VIA ALL'ITER DI CANONIZZAZIONE

L'altro Moro santo, una proposta preoccupante

Un domenicano annuncia l'apertura di un iter di canonizzazione di Aldo Moro come patrono dei politici. Ma la politica ha già un protettore, che guarda caso di chiama Moro, ma Tommaso. Le esperienze tra i due sono agli antipodi. Il santo inglese morì martire per non sottostare al divorzio, l'altro Moro, Aldo, ebbe un ruolo decisivo nell'introduzione della Fortuna-Baslini in Italia. Non fu un personaggio fuori delle parti. E la sua corrente politica, ispirandosi al suo pensiero, produsse molti danni alla società italiana oltre che alla religione cattolica.

Editoriali 12_07_2018

In una intervista a TV 2000, il domenicano Padre Gianni Festa ha annunciato l’inizio dell’iter per la canonizzazione di Aldo Moro. Siamo solo agli inizi, ha precisato, e stiamo lavorando per la partenza della causa a livello diocesano. Ha poi aggiunto che Aldo Moro potrebbe diventare il Santo della Politica. “Non dimentichiamo – ha aggiunto infine – che Aldo Moro e altri noti personaggi del dopoguerra, La Pira, Lazzati, Dossetti, Giordani, sono stati discepoli e figli spirituali di Paolo VI”. Non si è capito cosa c’entri con la causa di beatificazione l’essere figli spirituali di Paolo VI, né se l’accostamento debba necessariamente preludere anche all’avvio di una eguale causa per Dossetti o altri. Il caso della beatificazione di Aldo Moro come precedente per altri casi? Ci sarebbe da impensierirsi.

Del resto, un Santo della politica già c’è, si tratta di Tommaso Moro. Questa notizia della possibile beatificazione e canonizzazione di Aldo Moro, l’uomo politico democristiano ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978, lascia molto perplessi. E in automatico il pensiero va appunto all’altro Moro, l'inglese Thomas More, martire per aver seguito la propria coscienza cristiana e la legge di Dio piuttosto che quella degli uomini, opponendosi al secondo matrimonio del re d’Inghilterra Enrico VIII con Anna Bolena. Ogni santità è un caso a sé ed è quindi sciocco fare paragoni. Però in questo caso, oltre all’assonanza del nome che stimola all’accostamento, c’è anche il fatto che proprio Tommaso Moro è stato proclamato da Giovanni Paolo II protettore dei politici, e Aldo Moro un politico fu. L’accostamento non è quindi forzato: da Moro a Moro, da Tommaso ad Aldo?

La santità di Tommaso Moro è spiegata dal suo eroismo cristiano. L’amore per Cristo gli fece anteporre le esigenze naturali e soprannaturali della propria coscienza alle esigenze politiche. In altri termini, egli non scese a compromessi, consapevole che si trovava davanti ad un “principio non negoziabile”. Non negoziabile prima di tutto secondo l’etica naturale che insegna a tutte le coscienze di tutti i popoli che l’indissolubilità del coniugio è intoccabile. Nessuno, però, viene proclamato santo solo per la sua adesione all’etica naturale. Il fatto è che in quel principio non negoziabile, Tommaso Moro vi vedeva il segno del Creatore ed egli sapeva che non si poteva amare Cristo disattendendo un principio che da Lui, come Logos di Dio e Sapienza divina, proveniva. Moro è santo per la sua coscienza cristiana, che assume il dato della coscienza naturale e lo perfeziona, fino al martirio. Egli divenne martire in odium fidei, ossia perché nella sua testimonianza cristiana il potere mondano di allora vi vedeva la fedeltà a Gesù Cristo. San Tommaso Moro è stato ucciso per escludere Cristo dalla scena pubblica. Per questo Giovanni Paolo II lo proclamò patrono dei politici. Con ciò egli voleva dire che il politico cattolico è veramente tale quando è pronto al martirio pur di non tradire la signoria sociale e politica di Cristo.

Di solito le cause di beatificazione iniziano per la “fama di santità” del personaggio in questione professata dal popolo cristiano. In secondo luogo per l’esercizio eroico delle virtù teologali da parte del candidato. In terzo luogo per l’oggettiva esemplarità cristiana dalle cose da lui insegnate e testimoniate, che devono confermare la dottrina della Chiesa. Infine dalla certezza della sua vita in Paradiso, attestata dal miracolo. Il testimone di Cristo è tale non solo dal punto di vista soggettivo, ossia per le virtù da lui incarnate, ma anche dal punto di vista oggettivo, per le cose da lui insegnate e testimoniate in conformità al deposito della fede. Sappiamo poi che per il martire in odium fidei, colui che ha dato la vita per Cristo, non c’è bisogno né di processo canonico né di miracolo, dato che la Chiesa lo può proclamare subito santo, così come egli è.

Nel caso di Aldo Moro non si è a conoscenza di fama di santità, la sua testimonianza e i suoi insegnamenti politici non possono essere considerati tali da confermare la dottrina della Chiesa, la sua morte non può essere considerata un martirio in odium fidei. Sul secondo di questi punti, ossia i suoi insegnamenti di uomo politico, il contrasto con Tommaso Moro, patrono dei politici, si fa molto evidente, ponendo i due ai rispettivi antipodi. Il primo Moro accettò il martirio pur di non avvalorare l’adulterio del Re d’Inghilterra, il secondo ebbe un ruolo di grande importanza culturale e politica per l’approvazione della legge Fortuna-Baslini che introdusse in Italia il divorzio. Sul piano dei contenuti le virtù vennero esercitate in modo molto diverso, e l’esercizio delle virtù cristiane non possono essere valutate solo dal punto di vista soggettivo ma anche in quello oggettivo.

Bisogna poi ricordare che Aldo Moro fu a capo di una corrente di pensiero politico. Non fu un personaggio fuori delle parti. E la sua corrente politica, ispirandosi al suo pensiero, produsse molti danni alla società italiana oltre che alla religione cattolica. Nei casi di Moro, Lazzati o Dossetti non è sufficiente basarsi sulla loro “buona fede”, ossia sulla sincerità soggettiva della loro spiritualità cristiana, ma bisogna tenere presente anche l’aspetto oggettivamente cristiano o meno della loro testimonianza sul piano dei contenuti.