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Dottrina sociale
a cura di Stefano Fontana

LA RIFLESSIONE

L’adulterio costituzionale, spiegato da Segovia

La costituzione è un nuovo idolo. Come dice il filosofo Segovia, è stata fatta per applicarla e anche per violarla. Vedi le emergenze continue (tipo il Covid) che “giustificano” mille eccezioni alla costituzione. Il costituzionalismo è tutto e il contrario di tutto.

Dottrina sociale 22_11_2023

Il filosofo argentino Juan Fernando Segovia ha coniato due nuove espressioni molto eloquenti: la prima è “adulterio costituzionale” e l’altra è “costituzionalismo desiderabile”. Lo fa in un suo articolo della rivista spagnola “Verbo”, ora in distribuzione (617-618/2023). 

La costituzione, nuovo idolo per la politica e oggi sembra anche per una buona fetta di Chiesa, in realtà è un «atto di volontà umana e la sua esistenza e la sua vigenza, così come il suo significato, dipendono anche esse dalla volontà». Ora ci sono sempre delle emergenze che motivino un’eccezione alla costituzione, sempre emerge dietro la costituzione la ragion di Stato. Durante la crisi del Covid-19 le libertà elementari della costituzione – riunione, circolazione, lavoro – sono state criminalizzate. Nel costituzionalismo c’è una «normalità della incostituzionalità, della eccezionalità».

La costituzione, dice Segovia, è stata fatta per applicarla e anche per violarla. «Quando un levita del costituzionalismo – i sacerdoti della legge suprema – interpreta un articolo in una maniera, c’è sempre uno “scriba” – un giurisperito – che lo intende in un’altra; i pubblicani della stampa – i docenti del costituzionalismo – si offrono per ventilare democraticamente le loro opinioni, e i farisei – giudici e politici – approfittano di quanto conviene loro». Quindi «si può amare e disprezzare la costituzione, non nello stesso momento ma successivamente». Ecco l’“adulterio costituzionale” (p. 633) che è intrinseco al costituzionalismo.

Lo diceva anche il baccelliere Carrasco, personaggio di Cervantes: «Signore, voi siete il Governatore, però dovete governare in accordo con la Costituzione, e la Costituzione in accordo  con l’interpretazione, e l’interpretazione in accordo con la giurisprudenza, e la giurisprudenza  in accordo col diritto,  e noi siamo gli uomini del diritto».

Il costituzionalismo è estenuato. «Oggi le costituzioni consacrano: a) il diritto alla vita e anche alla morte (l’aborto, l’eutanasia); b) la dignità dell’uomo e anche dell’animale e della natura inanimata (l’ambiente); c) la libertà religiosa senza religione (l’ateismo); d) la libertà negativa (il fare la propria volontà) unito alla sicurezza dello Stato (che fa la sua volontà); e) la legalità insieme all’arbitrarietà, ciò che alcuni chiamano il buon governo; f) lo Stato nazionale sovrano alla pari dell’umanità globale, il cosmopolitismo, che diventa così una sovranità senza sovrano; g) la giustizia senza la necessità di essere giusti; h) i diritti dell’uomo senza soggetti umani» (687).

Insomma, conclude l’autore, la rivoluzione senza rivoluzione, ossia la rivoluzione silente e quotidiana, la rivoluzione costituzionale. Ecco il costituzionalismo estenuato e nichilista dei desideri, il “costituzionalismo desiderativo”. (Stefano Fontana)