Il Sinodo dell'Amazzonia bypassa Benedetto XVI
Benedetto XVI sosteneva che le religioni del mito, le religioni pagane, erano forme umane di esorcizzazione del pericolo dell’esistenza, tramite la protezione di qualche divinità contro altre divinità. La religione cristiana invece è la religione del Logos. Le religioni dei popoli indigeni citate nell'Instrumentum laboris del Sinodo dell'Amazzonia hanno tutte le caratteristiche che Ratzinger attribuiva alle religioni del mito.
Chi abbia letto solo qualcosa di Joseph Ratzinger come teologo, poi come papa e ora come papa emerito, non può non osservare l’enorme divario di prospettiva rispetto ai contenuti dell’Instrumentum laboris del prossimo sinodo sull’Amazzonia, presentato alcuni giorni fa dal segretario Cardinale Baldisseri. Rispetto alle considerazioni ratzingeriane sulle “religioni del mito” e sulla “religione del Logos”, l’Instrumentum laboris è agli antipodi.
Come è noto, Ratzinger-Benedetto XVI sosteneva che le religioni del mito, vale a dire le religioni pagane, erano forme umane di esorcizzazione del pericolo dell’esistenza, tramite la protezione di qualche divinità contro altre divinità. Per quelle religioni il mondo era nelle mani di divinità e pseudo-divinità sotterranee, contraddittorie tra loro, in perenne conflitto, forze oscure e arbitrarie che atterrivano l’uomo che si trovava in balia delle loro tensioni. Per questo l’umanità cercava di ottenere la protezione dell’una sulle altre, tramite riti e sacrifici (anche di esseri umani). Era la religione della paura, dell’oscurità, dell’arcano che intimoriva. L’uomo si sentiva in balia di forze arbitrarie, in un mondo assurdo e conflittuale.
Ma la religione cristiana, diceva Ratzinger-Benedetto XVI, era invece la religione del Logos. Il cristianesimo non si collega con nessuno dei culti pagani della Palestina del tempo, ma si mette in contatto con la filosofia greca, che aveva cercato il Principio razionale di tutte le cose, e con la stessa religione ebraica che credeva nel Dio Unico, Vero e Buono. Il mondo non era un luogo assurdo e gli uomini non erano in esso sperduti, in balia di divinità arbitrarie violente. In principio era il Logos, tutto è stato fatto secondo verità, il mondo è buono e la ragione umana può collegarsi con la fede, che non è irrazionale.
Tutte le ricerche teologiche di Joseph Ratzinger vertono su questi argomenti, e anche tutto il magistero di Benedetto XVI. Per questo risulta incredibile come invece, nell’Instrumentum laboris recentemente pubblicato ci sia una vera e propria celebrazione del paganesimo e dell’animismo dei popoli amazzonici, un elogio del primitivismo religioso, e la descrizione di quel mondo culturale come di un eden, ove sarebbero assenti violenza e dissidio e ove tutti vivrebbero nell’amicizia e nella concordia. Dove la segreteria del sinodo abbia tratto gli argomenti scientifici per sostenere questo non è noto. Certo è che, per dirlo, ha dovuto rovesciare completamente gli insegnamenti di papa Benedetto, il quale a Regensburg aveva detto che “ciò che è contro ragione non viene dal vero Dio”.
L’Amazzonia sarebbe “piena di vita e di saggezza”; le sue culture ispirano “nuovi cammini, sfide e speranze”; i suoi popoli vivrebbero in modo mirabile “l'armonia dei rapporti tra l’acqua, il territorio e la natura, la vita comunitaria e la cultura, Dio e le varie forze spirituali”; l’Amazzonia è un luogo “di significato per la fede o l'esperienza di Dio nella storia … un luogo epifanico … una riserva di vita e di saggezza per il pianeta, una vita e una saggezza che parlano di Dio”; da essa promana “un insegnamento vitale per una comprensione integrale dei nostri rapporti con gli altri, con la natura e con Dio”; in Amazzonia “La vita è un cammino comunitario dove i compiti e le responsabilità sono divisi e condivisi in funzione del bene comune”.
Così dice l’Instrumentum laboris del sinodo, ma nella realtà le religioni dei popoli indigeni hanno tutte le caratteristiche che Ratzinger-Benedetto XVI attribuiva alle religioni del mito, costruzione di idoli umani per esorcizzare la paura e impetrare protezione da parte di forze oscure e colleriche. L’animismo pagano asserviva l’uomo alle forze della natura e agli altri uomini della tribù. Quel mondo non era conviviale e amichevole, ma violento e discriminante. La ritualità ancestrale non elevava a Dio spiritualmente, ma metteva in comunicazione con le forze della natura, considerata panteisticamente come un tutto, la grande Madre Terra. L’uomo non emergeva in dignità dagli altri elementi naturali, ma ne era soggetto. Nell’instrumentum laboris ritorna il mito rousseauiano del buon selvaggio e della natura originariamente buona, prima di essere stata inquinata dalla civiltà. Ma si tratta di un’ipotesi irrealistica e puramente funzionale a fare da premessa al sistema politico del contrattualismo illuminista del governo della Volontà generale.
L’Instrumentum laboris del sinodo sull’Amazzonia propone che la Chiesa “disimpari” e poi “impari” e “reimpari” a partire dalle sollecitazioni delle culture indigene amazzoniche, che sarebbero una vera e propria “epifania” frutto dello Spirito Santo e della presenza dei semi del Verbo nelle culture pagane. Come sia possibile che il Logos (Verbo) ponga dei semi nell’irrazionalità delle religioni del mito è difficile da comprendere. Come si possa partire dall’idolatria pagana assurda e irrazionale per convertire la fede della Chiesa che da due millenni si intende come la Religio vera è ancora più incomprensibile.
Tutto questo discorso è di importanza decisiva per la Dottrina sociale della Chiesa, la quale è espressione della religione del Logos e, come tale, indica una verità a disposizione di tutti e “dal volto umano”.