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CORDES

"Il mio drammatico appello ai confratelli tedeschi"

"Ho preso una posizione critica sull'indirizzo del percorso sinodale e inviato delle lettere ai miei confratelli vescovi tedeschi. È drammatico. Ma alla fine dei conti Gesù Cristo vuole indicarci una strada: dobbiamo rivolgerci a Lui nella preghiera; solo facendo questo si può aspettare una soluzione per salvare la comunione della nostra Chiesa". Intervista al cardinal Cordes sullo strappo germanico. 

Ecclesia 05_10_2019

Il cardinale Paul Josef Cordes è stato uno degli uomini di Curia più apprezzati da San Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI. Il primo lo “strappò” dalla sua Paderborn per affidargli la vicepresidenza del Pontificio Consiglio per i Laici, incarico che gli consentì di vivere in prima persona la florida stagione dei movimenti ecclesiali; il secondo, invece, gli impose la berretta rossa nel 2007 e si avvalse del suo contributo per scrivere la “Deus Caritas Est”. In "Il tuo volto, Dio, io cerco. Il fascino della santità (Edizioni Ares)", ultimo saggio del porporato tedesco, viene ricordata la genesi della prima enciclica di Ratzinger e il rapporto d'amicizia che legava e lega tuttora i due connazionali sin dagli anni Ottanta. La Nuova Bussola Quotidiana ha intervistato il cardinal Paul Josef Cordes sui temi da lui affrontati in “Il tuo volto, Dio, io cerco” e sulla situazione della Chiesa in generale, con un occhio particolare alla Germania dove fra non molto si aprirà un Sinodo che rischia di provocare una rottura della comunione ecclesiale. 

Eminenza, nell'introduzione ha ricordato la Sua amicizia nata anni fa con l'allora cardinale Ratzinger. Il papa emerito l'ha incoraggiata a scrivere questo saggio? Ha avuto modo di parlargliene? 
Quando preparai il mio lavoro in tedesco nel 2016, ebbi l’occasione di sottoporlo al Papa emerito. Egli mi chiese di leggere il testo ed io acconsentii di buon grado. Mi rispose con un lungo scritto offrendomi diversi suggerimenti molto utili. Più di ogni altra cosa, mi piacque il finale della sua lettera: “La lettera è diventata lunga, e spero che tu colga in questo quanto il tuo lavoro sia importante per me.”

Nel libro si fa notare come sempre più rappresentanti della Chiesa tendano a fare "discorsi che sembrano ispirati dall'Onu e dalla Croce Rossa". Dov'è l'errore in questo tipo di atteggiamento?
Ci sono dei membri della Chiesa convinti che la nostra missione si limiti al favorire “pace, giustizia e protezione della creazione”. Alcuni vescovi difendono il Popolo di Dio in questa società utilizzando solo argomenti che l'opinione pubblica accetta e capisce. Come Chiesa riceviamo per delle opere sociali non pochi aiuti da istituzioni statali e benefattori privati. E' possibile che questi aiuti, in un certo senso, impediscano la promozione di progetti evangelici e azioni pastorali, spingendo a preferire il perseguimento degli scopi di una Ong.

Perché molti sacerdoti contemporanei scelgono di non approfondire la conoscenza dell'Antico Testamento nella loro azione pastorale? Quanto può essere pericoloso quest'approccio?
Il danno più grave nasce da una trascuratezza: non si tiene conto del fatto che gli ascoltatori di Gesù Nazareno come la maggioranza dei seguaci di Paolo e degli altri autori del Nuovo Testamento erano profondamente formati dal Vecchio Testamento. Questa Parola di Dio era nel loro pensiero e nella loro pratica religiosa. Si poteva presupporre il suo contenuto. Il Figlio di Dio stesso era un Ebreo. Invece oggi la nostra ermeneutica è totalmente diversa. Anzi: ci sono esempi nella storia del cristianesimo che dimostrano come si possa manipolare il Nuovo Testamento cancellando il Vecchio.  

Nel paragrafo dedicato a Santa Teresa d'Avila Lei ricorda come la mistica spagnola considerasse la scissione della Chiesa una grande sventura. Un argomento di grande attualità, specialmente nella sua terra d'origine.
Anche io, come il cardinal Woelki, ho preso una posizione critica sull'indirizzo del percorso sinodale in alcuni articoli di giornale e inviato delle lettere ai miei confratelli vescovi tedeschi. È drammatico. Ma alla fine dei conti Gesù Cristo, il Signore della Chiesa, vuole indicarci una strada: dobbiamo rivolgerci a Lui nella preghiera; solo facendo questo si può aspettare una soluzione per salvare la comunione della nostra Chiesa.

A proposito di scisma, nel libro si sofferma anche sulla figura di Lutero: in che termini, come Lei afferma nel libro, l'individualismo dell'ex agostiniano ha influito sulla mentalità moderna?
In Lutero è certamente piuttosto marcato l’individualismo, che però si era già sviluppato fortemente come un sentirsi diffuso sin dall’inizio del Rinascimento. Lutero, che ha rotto la Comunione ecclesiale, non è dunque un produttore ma un prodotto di questo individualismo. Sentimento che, successivamente, ha ispirato molti altri cristiani.

Il 13 ottobre sarà canonizzato il cardinal John Henry Newman. Quali sono le differenze tra la nozione di coscienza nel Beato inglese e quella in Martin Lutero?
La nozione di coscienza presso il nuovo Santo è molto sottile e non si può spiegare in due righe. Spesso viene menzionata a sproposito, ad esempio quando la si tira in ballo per giustificare il contrapporsi ad una dottrina vincolante della Chiesa. Così si cita la sua frase: “Certamente se io dovessi portare la religione in un brindisi dopo un pranzo — cosa che non è molto indicato fare — allora io brinderei per il Papa. Ma prima per la coscienza e poi per il Papa”. In ogni caso, la distinzione fondamentale tra lui e Lutero sta nel fatto che quest'ultimo proclamava il “Sola Scriptura”. Newman invece ha intuito - studiando la storia della Chiesa con le tante denominazioni cristiane - che al fianco della Sacra Scrittura, Dio ha dato con la Chiesa cattolica un testimone affidabile che orienta la coscienza.

Lei, insieme al cardinal Rossi e al fianco di San Giovanni Paolo II, fu determinante per l'approvazione pontificia di CL. Perché il pontefice polacco apprezzava così tanto questo movimento?
Certamente c'era anche una grande comunanza di pensiero. La loro visione dell’uomo, la loro antropologia, li metteva in sintonia amichevole.