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CORDERO LANZA DI MONTEZEMOLO

Il cardinale che riunì i cattolici di Terrasanta

È morto a 92 anni il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, una figura chiave per la comprensione del cammino delle comunità cattoliche in Terrasanta e nei rapporti tra Santa Sede e Stato di Israele. È stato anche il fauore dell'Anno Paolino, poi proclamato da Benedetto XVI.

Ecclesia 20_11_2017
Il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo

Ha lasciato una traccia nella storia il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, morto ieri a 92 anni, soprattutto negli anni di passaggio tra il primo e il secondo Millennio, a Gerusalemme e a Roma, in cui gli sono stato accanto come il più stretto suo collaboratore per la comunicazione. Una ricchezza e un privilegio insieme, per aver goduto della sua fiducia e confidenza e aver dato testimonianza della sua personalità forte, concreta, riflessiva, equilibrata e dei grandi eventi di cui è stato protagonista o artefice, sì da essere chiamato oggi a evocarne, non senza difficoltà di sintesi, un’eredità molto vasta, ricca ed emozionante.

La sua impronta è su diverse pagine diplomatiche della Santa Sede, al cui servizio era stato nei cinque Continenti. Fatta la prima esperienza di Nunzio in Papua-Nuova Guinea e nelle Isole Salomone, era stato in America Latina, nel Nicaragua sandinista e nell’Honduras anti-sandinista, riuscendo a salvare diverse persone in gravi casi di sequestri da parte di terroristi. Ma è a Gerusalemme negli anni Novanta (proveniva  dall’Uruguay dove aveva saputo ben organizzare due viaggi di papa Giovanni Paolo II) che dava prova di straordinarie qualità come artefice della complessa definizione e normalizzazione dei rapporti tra Santa Sede e Israele. Un evento storico perché la stipula (e la firma il 30 dicembre 1993) del trattato noto come ”Accordo fondamentale” , non solo consentiva di instaurare le loro relazioni ufficiali ( e nello stesso tempo anche quelle con la Palestina e la Giordania) , ma dischiudeva pure una prospettiva nuova di sviluppo della Chiesa nello stato ebraico, in seguito al riconoscimento da parte di quest’ultimo di tutte le persone giuridiche ecclesiastiche cattoliche, e dava infine un significativo impulso alle relazioni tra il mondo cattolico e l’Ebraismo.

Un’altra non meno ardua impresa, volta questa a rafforzare l’unità della Chiesa, era stata appena portata a compimento. Arrivando a Gerusalemme come Delegato Apostolico nella Città Santa, di Montezemolo aveva notato con stupore che i vescovi delle varie comunità cattoliche – latina,  greco-melchita, maronita, siriana, armena, caldea – si incontravano si e no per Natale e Pasqua, non esistendo alcun organismo e regolamento che li riunisse periodicamente. Superato l’ostacolo dell’impossibile costituzione di una Conferenza episcopale, riuscì a varare lo Statuto, approvato dalla Santa Sede “senza cambiare una virgola”  il 27 gennaio 1992,  di una “Assemblea degli Ordinari cattolici di Terra Santa" che coordinava la testimonianza del Vangelo e il servizio della comunità, studiava i problemi comuni, incitava gli scambi di informazioni e di esperienze,  stabiliva un’azione pastorale comune per il bene di tutta la Chiesa.

Queste riuscite esperienze sarebbero valse ad Andrea di Montezemolo – concluso nel 2002 il brillante servizio diplomatico come Nunzio in Italia, impegnato nella organizzazione del Gran Giubileo –   l’incarico di Giovanni Paolo II di studiare e realizzare il riordino generale del “Complesso residenziale di San Paolo fuori le Mura ed Abbazia”, così definito dal Trattato Lateranense del 1929 e dagli accordi successivi intercorsi tra Santa Sede e l ‘Italia. (Con essi era decaduta una controversia sugli espropri di beni ecclesiastici insorta il secolo prima con il regno d’Italia, protagonisti i monaci benedettini della secolare Abbazia).  

Con il Motu Proprio di papa Benedetto XVI del 31 maggio 2005 nasce una realtà ecclesiale diversa da quella che si era configurata e consolidata nell’arco di 1300 anni . Viene innanzi tutto confermato che su tutte le aree e gli edifici del complesso, appartenenti alla Santa Sede,  il Sommo Pontefice esercita i poteri civili attraverso un “ente canonico con personalità giuridica pubblica” guidato da un Arciprete da lui nominato (al pari delle altre tre basiliche maggiori dell’Urbe: San Pietro, San Giovanni, Santa Maria Maggiore). Suo vicario per la pastorale è l’Abate dell’Abbazia che continua a godere di “tutti i diritti e le prerogative quale superiore della comunità benedettina” e a svolgere “la sua giurisdizione ordinaria… e la sua funzione liturgica all’interno della Basilica”. Ma con il nuovo “compito, di organizzare, coordinare e sviluppare programmi ed eventi di carattere ecumenico”, sotto la supervisione dell’Arciprete e in accordo con il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani”.

Una volta definito il riordino generale di San Paolo, la personalità giusta per attuarlo e  quello, non meno importante, di intraprendere il progetto di dare una nuova vita alla Basilica (alle prese, fra l’altro, con una difficile situazione finanziaria e con un calo crescente di pellegrinaggi), non poteva non essere Andrea di Montezemolo. Nominato Arciprete lo stesso giorno del Motu Proprio. Ben presto egli maturerà una riflessione, sentita in animo come vincente, che tradurrà in progetto: la celebrazione di un “anno tematico” in onore dell’Apostolo Paolo, commemorativa dei duemila anni della sua nascita, dagli studiosi indicata tra il 6 e il 10 dopo Cristo. Ne parla con papa Benedetto XVI e la sua reazione “è immediata, positiva ed entusiastica”, dirà in tante conferenze stampa. La reazione internazionale all’indizione ufficiale dell’Anno Paolino, fatta dal Santo Padre il 29 giugno 2007, è altrettanto pronta, suscita una mobilitazione delle diocesi cattoliche di ogni continente e, sorprendentemente, anche delle chiese ortodosse e di quelle protestanti. Mai un’iniziativa della Chiesa cattolica ha suscitato nella Cristianità una così vasta, unanime rispondenza.

Nel mio libro “L’Anno Paolino” ( Libreria Editrice Vaticana), ho cercato di riunire in dodici capitoli, più di 500 pagine e una collezione di immagini, eventi, realizzazioni, iniziative di ogni genere con panoramiche anche mondiali: dalle grandi cerimonie alle indulgenze, dai pellegrinaggi alle preghiere, dalle omelie di Papa Benedetto (“il grande protagonista” ) alle lettere pastorali di tanti vescovi, dalle conferenze ai concerti, dalle sistemazioni museali ai libri e alle mostre d’arte. Ho dato grande attenzione alle tematiche della comunicazione e dell’ecumenismo e alla creazione del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione; e, naturalmente, attenta illustrazione agli scavi nella Basilica che hanno ridato visibilità al sepolcro di san Paolo e, a celebrazioni concluse, al sensazionale annuncio del Papa sui risultati dell’indagine scientifica al suo interno; nonché ai grandi lavori di restauro all’esterno (Quadriportico, Chiostro, Monastero) e all’interno della Basilica (soprattutto il restauro del Baldacchino di Arnolfo); alla sistemazione edilizia ( al di sopra dell’area archeologica visitabile). Tutte opere che hanno avuto Andrea di Montezemolo promotore e, se non progettista, attento revisore e controllore. Così San Paolo non potrà non essere l’ultima sua dimora.     

Dirà in seguito : “Essendo io architetto, ho potuto fare tante cose che forse altri non avrebbero saputo o voluto fare”. Va ricordato infatti che prima di maturare la vocazione religiosa, di essere ordinato il 13 marzo 1954 sacerdote per la diocesi di Roma, di studiare alla Pontifica Accademia Ecclesiastica e prima di laurearsi in diritto canonico e civile (utroque iure) alla Pontificia Università Lateranense, Andrea di Montezemolo aveva studiato architettura all’Università di Roma e, conseguita la laurea, oltre che svolgere la professione era stato assistente alla cattedra di Scienza delle costruzioni. Queste note biografiche vanno completate ricordando che era nato a Torino il 27 agosto 1925, era stato eletto vescovo alla Chiesa titolare di Anglona , con il titolo presbiteriale di arcivescovo, il 5 aprile 1977 e consacrato il 4 giugno. Parecchi anni dopo, il 13 aprile 1991, era trasferito alla Chiesa titolare di Tuscania, città alla quale restò particolarmente legato anche dopo la creazione a cardinale, con il titolo di diacono di Santa Maria in Portico, nel Concistoro del 24 marzo 2006.

Era molto legato alla memoria del padre, il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, fondatore e capo del Fronte militare clandestino di Roma, trucidato dai nazisti alle Fosse Ardeatine. E qui, per le sue ormai precarie condizioni di salute non aveva potuto accompagnare papa Francesco il 2 novembre scorso ma si era commosso seguendone la visita in televisione. Nel ricordo di quando il 27 marzo 2011 era stato accanto al suo predecessore Benedetto XVI, “un Papa tedesco in un luogo di sterminio nazista”. Suo grandissimo estimatore, più volte ha additato Joseph Ratzinger come “dottore della Chiesa”, auspicandone la proclamazione. Ed era orgoglioso, da riconosciuto esperto di araldica, di aver realizzato il suo stemma pontificio.