Grothendieck, matematico alla ricerca di Dio
Non sono le soddisfazioni, il successo o i soldi a mancare ad Alexander Grothendieck, l'Einstein della matematica. Eppure il matematico ha il cuore inquieto, non sazio della pura scienza: ha bisogno di (un) Altro per trovare pace. Lo splendore che ci trascende di Francesco Agnoli.
Sono passati quasi tre anni da quel 13 novembre 2014, giorno in cui moriva quello che è stato definito il più grande matematico del XX secolo, e tra i più importanti di sempre: Alexander Grothendieck.
Nato nel 1928 a Berlino da famiglia ebrea, ebbe un'infanzia segnata dalle vicende storiche legate alla Seconda Guerra mondiale. «Divenuto adulto, Grothendieck meriterà il titolo di “Einstein della matematica”. Certamente, come Albert, è un ebreo; come lui viene da una famiglia del tutto atea; come lui, nel corso della sua vita verrà sempre più attratto dalla fede religiosa e dal cristianesimo». A questa figura importantissima in campo matematico e significativa sotto il profilo autobiografico, ha dedicato il suo ultimo libro lo scrittore Francesco Agnoli: Lo splendore che ci trascende - Alexander Grothendieck l’Einstein della matematica alla ricerca di Dio (Edizioni Gondolin, 2017).
Analizzando la carriera di Grothendieck, non si può che rimanere stupiti nel constatare che a neanche quarant'anni, nel 1966, era già arrivato a ottenere il massimo riconoscimento mondiale per un matematico: la medaglia Fields. Medaglia che tuttavia rifiutò, in segno di coerenza con le sue idee: «Per riceverla bisognava andare a Mosca, ma Alexander si rifiuta, in segno di protesta contro il totalitarismo sovietico. I soldi non gli interessano e rinuncia così anche agli altri premi e al relativo guadagno. [...] Nel 1988, insignito del Crafoord Prize, lo rifiuta, insieme ai 250.000 dollari annessi».
Non sono dunque le soddisfazioni personali, il successo o i soldi a mancare a Grothendieck. Eppure il matematico ha il cuore inquieto, non sazio della pura scienza matematica: ha bisogno di (un) Altro per trovare pace, si potrebbe dire parafrasando Sant'Agostino. Ecco quindi che, a un certo punto, «come era già successo al grande matematico e fisico Blaise Pascal, a Niccolò Stenone, divenuto sacerdote dopo aver fondato la geologia moderna, a Jan Swammerdam (1637-1680), considerato il padre dell’entomologia, a Gaetana Agnesi, che aveva lasciato la matematica e il successo per la fede e le opere di carità, anche Grothendieck abbandona piano piano i suoi amati studi perché sempre più attratto dalle domande spirituali. I segnali di questo mutamento di priorità ci sono già negli anni Sessanta».
Dapprima Grothendieck si avvicina al Buddismo, che però trova insoddisfacente: si tratta infatti di una religione che non è in grado di dare una risposta alla sua sete di "perché", ma che rimane sul piano del "come", del metodo... e questo, all'insigne matematico, non basta più. Il celebre matematico non può più fare a meno di Dio e la sua vita si trasforma dunque in una ricerca continua, con continui progressi e cadute...
Ne Lo splendore che ci trascende ancora una volta Francesco Agnoli parte da una storia di vita concreta, per tanti aspetti vicina a quella di ognuno di noi, per andare quindi ad indagare lo stretto rapporto che intercorre tra Scienza e Fede e, più nello specifico, tra la matematica e il misticismo. Il tutto alla luce dell'affermazione, divenuta nota, del matematico e logico ateo Bertrand Russel: «La matematica è, credo, ciò su cui sostanzialmente poggia la fede in un'eterna ed esatta verità, nonché in un mondo intelligibile al di sopra dei sensi».