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OLTRE LA CRISI DI GOVERNO

Europeismo: la cura sinistra per l'Italia indisciplinata

L’anomalia populista della Lega al governo va cancellata, Francia e Germania vanno rassicurate e vanno create le basi per nuove maggioranze di Sinistra. Questo europeismo implacabile, diretto a riportare l’ordine dei potenti dopo il voto indisciplinato degli italiani è talmente sfacciato da essere evidente a tutti. Si riesuma Prodi, il globalista Sachs detta la linea e l’ultima uscita di papa Francesco su sovranismo e Hitler è stato come suonare la carica.
-CONTE DIMESSO, VERSO UN GOVERNO GIALLOROSSO? di Ruben Razzante

Attualità 21_08_2019

Alle recenti elezioni europee l’Italia aveva votato decisamente contro l’Unione europea. Il grande successo della Lega in primo luogo e di Fratelli d’Italia in secondo luogo aveva anche questa motivazione. L’Italia voleva liberarsi da una ideologia che spesso su questo quotidiano abbiamo chiamato europeismo. Le ideologie non sono solo delle teorie di parte che pretendono di valere per il tutto, ma rappresentano sempre anche una grande concentrazione di interessi e di poteri. Sono molto difficili da sconfiggere e perfino da scalfire. Ed infatti è proprio l’europeismo a tornare alla carica in questa fase della crisi di governo italiana, con l’ipotesi di una coalizione tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle - o altro che uscirà dal cilindro di Mattarella basta che metta la Lega in un angolo - per riprendersi la rivincita di sistema contro questi “straccioni” di italiani che hanno avuto la velleità di votare in dissonanza. Che Romano Prodi sia riemerso è già un segno forte di questo tentativo di rivincita, che poi abbia addirittura invocato la nascita di una “maggioranza Ursula”, dal nome della nuova Commissaria europea, rischia di essere addirittura inquietante come le cose ridicole spesso sanno fare più di quelle serie. 

Questo europeismo implacabile, diretto a riportare l’ordine dei potenti dopo il voto indisciplinato degli italiani e teso a ridare il governo in mano a chi ha perso, tra l’altro in modo così sonoro, le elezioni politiche (vale a dire il Partito Democratico) è talmente sfacciato da essere evidente a tutti. L’anomalia italiana, definita populista, della Lega al governo va cancellata, Francia e Germania vanno rassicurate e, come notava Stefano Folli su Repubblica di ieri, vanno create le basi per nuove maggioranze di sinistra in grado, tra due anni, di eleggere un Presidente della Repubblica allineato, come Mattarella. Le finalità e la strategia sono state ben esposte dall’economista della Columbia University Jeffrey Sachs su Il Fatto del 17 luglio scorso in una lunga intervista: all’Italia servirebbe un esecutivo progressista e pro-Europa, dopo il governo attuale che – egli dice – è percepito come populista, nazionalista e antieuropeo: “spero che il M5s e il Pd possano trovare un accordo di coalizione nonostante i personalismi di alcuni politici”.  Sachs non è uno qualunque, rappresenta la punta del globalismo economico progressista. 

Questi elementi di ritorno alla normalità ex ante e di ripristino dell’ordine dopo l’”ora d’aria” salviniana, hanno quindi come perno l’europeismo, che oggi è l’ideologia delle ideologie, dato che comprende il “gretinismo” sul piano ambientale l’antisovranismo ossia il sovranismo europeista sul piano istituzionale, l’antifamilismo ossia il familismo gender su quello etico, l’inutilità delle elezioni politiche sostituite dal populismo della nomenclatura cooptata sia a Bruxelles che a Roma, gli inciuci di palazzo tramite i quali si è costituita la nuova maggioranza a Strasburgo e la nuova presidenza della Commissione. Alle ultime elezioni politiche gli italiani hanno ampiamente votato contro l’Unione Europea. Ora si troveranno ancora più incastrati nei suoi meccanismi.  

Il fronte progressista che si sta ricompattando sulla scorta dell’ideologia europeista, non è per niente progressista ma conservatore e addirittura reazionario, in quanto vuole difendere il collaudato sistema di potere dalle novità “populiste”. A voler cambiare sono invece i “populisti” che, in questo senso, sono i veri progressisti. Paradossi (realistici) della politica. Tra i populisti però c’è la Lega e ci sono i 5 stelle. Questi ultimi sono anche loro organici al sistema del progressismo ufficiale e, se si graffia la patina del loro giustizialismo qualunquista e dell’egualitarismo retorico, risultano perfettamente funzionali al blocco ideologico che vuole cambiare tutto perché non cambi nulla: dall’assistenzialismo statalista alla legge sull’eutanasia, dall’obbedienza indiscussa verso la Commissione europea alle alchimie del parlamentarismo che fa tornare al governo chi ha perso le elezioni. I 5 Stelle sono cugini del progressismo conservatore. Infatti non sono mai stati euroscettici né antieuropeisti e ora sono pronti per rientrare all’ovile. 

Tra elezioni e nuovo governo, dove si collocherà il variegato mondo della Chiesa, sia intesa come Vaticano che come italiana? Probabilmente i vertici fingeranno di tenersi fuori, ma in realtà è da prevedere un forte sostegno al fronte progressista, cioè conservatore. L’ultima uscita di papa Francesco contro il sovranismo paragonato a Hitler è stato come suonare la carica. Dopo i vari tentativi di formare un nuovo Partito Democratico Moderato che accolga anche i cattolici -  magari con Enrico Letta come segretario e Romano Prodi come padre nobile - la Chiesa italiana appoggerà un governo alternativo alla Lega, di qualsiasi tipo esso sia, con il quale collaborare per aprire i porti, approvare insieme la legge sull’eutanasia, confermare l’otto per mille, continuare ad identificare sovranismo e nazionalsocialismo, confermare fedeltà evangelica alla Costituzione e a Mattarella, ricucire i rapporti con le istituzioni europee: insomma collaborare in obbedienza al sistema. Con il plauso, naturalmente, di padre Alex Zanotelli e don Ciotti.