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Natale del Signore a cura di Ermes Dovico
SETTIMANA SANTA

È l'obbedienza al Padre che cambia il senso della storia

In questo inizio di Settimana Santa chiama tutti quelli che credono nel Signore a partecipare della novità che la morte e resurrezioine di Gesù hanno portato nel mondo: una luce, ancora flebile, che solca un mondo devastato dalla violenza. Una luce che cambia il corso della storia e la spinge verso il suo compimento, e che passa dalla dedizione alla volontà del Padre che arriva fino all'accettazione della morte, vergognosa e dolorsa, in Croce.
- DOMENICA DELLE PALME

Ecclesia 25_03_2018

L’annunzio antico e sempre nuovo che la Chiesa con indefettibile fedeltà propone da duemila anni, quello della morte e resurrezione del Signore, l’uomo nuovo che vive nel mondo, chiama tutti quelli che credono in lui a partecipare di questa novità. Questo annunzio solca oggi come luce furtiva, la notte del mondo, come la liturgia cattolica richiama spesso nelle grandi festività del Natale e della Pasqua. La Pasqua solca come luce - però ancora flebile - un mondo devastato.

Il mondo di oggi è un mondo devastato dal male. È un mondo in cui la violenza costituisce la cifra del comportamento a tutti i livelli. Da quelli familiari a quelli internazionali. Violenza che elimina l’interlocutore, sentito come nemico, per affermare un possesso, indiscusso e indiscutibile, da parte di ogni singola persona.

La violenza che ha seminato morte nelle famiglie con uccisioni di mogli, mariti, perfino figli; come ci dicono le statistiche ogni anno in Italia abbiamo centinaia di orfani di entrambi i genitori, nei casi di omicidio-suicidio, o di uno dei due genitori. Migliaia di bambini dissestati nella loro fondamentale esigenza di avere un ambito di accoglienza e di educazione.

La violenza poi terribile, anche per i modi in cui viene veicolata, attraverso immagini che la televisione smercia in ogni momento, con questi cadaveri abbandonati lungo la strada, a malapena coperti da qualche straccio bianco. Sembrano diventati una presenza scontata, in città come le nostre, dove ormai ti aspetti che da un momento all’altro si accenda una sparatoria, che qualcuno che faccia giustizia a modo suo.

Questa violenza ha ormai invaso i rapporti, la vita sociale. È stato terribile per me che sono un vecchio professore, essere stato richiamato dai fatti e avprendere coscienza che anche la scuola è diventata un ambito di violenza: violenza di alcuni insegnanti – pochissimi per fortuna – sui ragazzi, violenza invece dei ragazzi sugli insegnanti o dei genitori dei ragazzi sugli insegnanti. Come se il rapporto più grande e più sacro che c’è sulla terra, cioè il rapporto educativo, diventasse un rapporto di controparti. Come se i genitori fossero la controparte degli insegnanti, gli insegnanti la controparte dei ragazzi. E tutto fosse teso a stabilire chi ha ragione. Ovviamente sul presupposto che i ragazzi non hanno mai torto.

Violenza anche in un certo modo di vivere il divertimento: ci si diverte senza nessuna regola; ci sono spazi di divertimento soprattutto a livello giovanile che sfuggono a qualsiasi considerazione, a qualsiasi controllo. Giorni e notti nei week end dominati da una espressione, belluina si potrebbe dire, dei propri istinti. Coperti dalla privatezza e ostentati pubblicamente nel momento in cui emerge con chiarezza ciò che ha dato contenuto alla convivenza nel periodo del week end.

Di fronte a una società come questa dove il male dilaga, la Chiesa - soprattutto attraverso la testimonianza di ciascuno di noi - dice che c’è un’altra cifra sul mondo. Non quella della violenza, della sopraffazione, non quella dell’affermazione incondizionata dei propri diritti, presunti o reali. C’è un’altra cifra, ed è la cifra della dedizione al Padre per cui il Signore si è sacrificato, ha accettato la morte, la morte dolorosa e vergognosa della Croce. È per l’obbedienza al Padre che ha accettato il suo destino di mortificazione per cogliere il destino di trionfo, di gloria. “Regnavit a ligno Deus”. Dio ha regnato dalla esperienza lunga e povera della Croce su cui ha accettato di essere inchiodato.

Vorrei parlare a tutti gli uomini, senza distinzione tra credenti e non credenti, senza distinzioni di razze, di culture, di fattori sociali e politici, con quell’ampiezza di cuore che ha avuto la prima Chiesa che per bocca di Paolo ha detto “Non c’è più né giudeo né greco, non c’è più né schiavo né libero, non c’è più né uomo né donna perché tutti siamo un essere solo in Cristo Gesù”. Vorrei dire a tutti gli uomini che conosco, e anche quelli che non conosco ma che custodisco nel cuore, che la dedizione di Dio all’uomo e la dedizione dell’uomo a Dio che si celebra gloriosamente nella morte e nella resurrezione del Signore, cioè nella Pasqua del Signore, ha cambiato il senso della storia; ha cambiato e cambia il senso della storia ed è un elemento positivo, è un’energia positiva che è dentro il tessuto della storia e la muove verso il suo compimento.

Possiamo apparire allora – cito ancora Paolo - come “un piccolo gregge”, ma siamo mandati a tutti gli uomini come segno certo di unità, di speranza e di salvezza. È nella certezza di questa unità del Signore con noi fratelli che rinnovo a tutti gli auguri di Buona Pasqua. Che sia una immedesimazione reale con la Pasqua del Signore per sperimentare il suo sacrificio e la sua gloria. In noi, fin da ora.

* Arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio