Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
365 ALL'ALBA

Come perdere un anno e l'educazione facendo il militare

«Vorrei che oltre ai diritti tornassero a esserci i doveri», sì, ma quali? Ricordo in prima persona di un anno buttato nell'esercito di leva, senza addestramento, in preda al nonnismo, in un ambiente in cui la bestemmia e la pornografia sono "virili". E il lavoro lasciato è perduto.

Attualità 13_08_2018

«Vorrei che oltre ai diritti tornassero a esserci i doveri». Di fronte ai casi di mancanza di educazione e senso civico, «facciamo bene a studiare i costi, i modi e i tempi per valutare se, come e quando reintrodurre per alcuni mesi il servizio militare, il servizio civile per i nostri ragazzi e le nostre ragazze, così almeno impari un po' di educazione che mamma e papà non sono in grado di insegnarti», ha detto il vicepremier Matteo Salvini in visita a Lesina in Puglia.

Per un cattolico non buonista, ma anche per un moderato amante dell’ordine, l’accento sui doveri è buona musica. Tuttavia, il ventilato ritorno alla naja quale inculcatrice di educazione e senso del dovere lascia un attimo perplessi. Infatti, bisognerebbe studiare non solo i costi e i tempi, ma anche – anzi no, soprattutto - i modi. Sì, perché c’è naja e naja, e Salvini, data la sua età, non l’ha sopportata. Va detto subito che si tratta di un vecchio arnese napoleonico inventato dalla Rivoluzione francese: i regni europei si videro aggrediti da milioni di soldati cittadini-in-armi e, per difendersi dalle armate giacobine, dovettero adeguarsi. Il risultato fu lo stesso delle guerre precedenti, con la sola differenza di qualche centinaio di migliaia di morti in più. Da quel momento la guerra non fu più la stessa e i civili tornarono ad essere bersaglio come ai tempi dei barbari. Ci vollero le ecatombi del Ventesimo secolo, ma soprattutto il balzo in avanti della tecnologia, per rendere obsoleti gli eserciti carne-da-cannone.

L’avvento delle guerre asimmetriche, delle guerriglie e del terrorismo organizzato costrinsero le scuole di strategia e tattica ad adeguarsi, e soprattutto a prendere atto del dato che il cittadino-soldato era ormai più d’impaccio che di vantaggio. Ma, al solito, le legislazioni arrivarono per ultime. In Italia, il ritardo fu dovuto anche a quella palla al piede che era il Pci, la cui ideologia ottocentesca lo faceva ragionare in termini di «masse». Il sottoscritto fu uno degli ultimi fessi a vestire la divisa, in qualità di cittadino di sesso maschile. Appartenendo alla generazione del baby-boom degli anni Cinquanta, la cartolina-precetto non arrivava per ranghi stracolmi. Per non svegliare il can che dorme non feci nemmeno la domanda da ufficiale, cui avrei avuto diritto in quanto laureato. Risultato: la cartolina arrivò che avevo già ventotto anni. Soldato semplice in mezzo ai diciottenni. Una volta recluta, feci domande su domande per almeno imparare qualcosa: a usare le armi, a guidare mezzi pesanti, a condurre treni. Niente. Mi assegnarono a un comando di stazione ferroviaria, dove passavo il tempo a certificare i ritardi dei treni per i soldati che tornavano dai permessi o dalle licenze. L’attività speciale era lavare il pavimento dell’ufficio e spolverare la scrivania. Alloggiato all’ospedale militare, dove il pranzo era alle undici e la cena alle diciassette.

Da recluta l’unico addestramento era l’attenti-riposo e marciare con degli inutili Garand americani (pesantissimi fucili a retrocarica) dell’ultima guerra. La dotazione era di materiale scadente (le scarpe da ginnastica erano di gomma, quella dei palloni da calcio per bambini), e chissà chi aveva lucrato gli appalti relativi. Il nonnismo era a volte davvero pesante e le risse per futili motivi non infrequenti. La bestemmia era considerata virile e la pornografia pure: quando i camerati si accorsero che ero un cattolico convinto non tardarono a inondarmene. Insomma, un anno e mezzo buttato, anche perché avevo dovuto lasciare il lavoro (che non ritrovai più) per adempiere gli obblighi di leva. Ho imparato l’educazione? No, lì per sopravvivere dovevi perdere quella che avevi. Ebbene, se il ritorno alla naja auspicato da Salvini è un semplice ritorno al passato, non mi sento di condividerlo. Più realistico, e proficuo, sarebbe rendere più allettante (tramite stipendi e benefits) l’arruolamento volontario in un esercito motivato ed efficiente. E’ anche così che gli americani fanno fronte alla disoccupazione giovanile. Meglio, da noi, i lavori socialmente utili.