Cina, lotta alle religioni: distrutta chiesa storica
Cina, a Liaocheng una chiesa cattolica è stata parzialmente demolita per ordine delle autorità, con un pretesto poco credibile. La protesta della locale comunità di parrocchiani non è servita a fermare i lavori di distruzione. E' solo l'ultimo, in ordine di tempo, atto di persecuzione inflitto alla Chiesa. Anche dopo l'accordo con il Vaticano.
Cina, a Liaocheng, nella provincia dello Shandong, una chiesa cattolica è stata parzialmente demolita per ordine delle autorità, con un pretesto poco credibile. La protesta della locale comunità di parrocchiani non è servita a fermare i lavori di distruzione. I fatti risalgono all’11 novembre scorso, anche se sono giunti fino a noi solo ieri. La demolizione della chiesa a Liaocheng è solo l’ultima, in ordine di tempo, delle persecuzioni subite dai cristiani a causa del programma di “sinicizzazione” voluto dal presidente Xi Jinping. Con la scusa di uniformare le religioni alle caratteristiche culturali cinesi, di fatto viene di nuovo imposto l’ateismo e il culto della personalità del nuovo leader, quasi come ai tempi di Mao (anche se con metodi meno violenti).
La notizia della demolizione della chiesa di Chaocheng, a Liaocheng, è stata diffusa ieri in Italia dall’agenzia missionaria Asia News, che riporta anche foto e dettagli della demolizione e della protesta dei fedeli. Avvertiti che le autorità stavano dispiegando ruspe e scorta di polizia, i parrocchiani si sono prima di tutto rivolti alle autorità locali, senza ottenere alcuna risposta. Poi si sono mobilitati per difendere il luogo di culto, con una protesta pacifica, stringendosi attorno all’edificio minacciato e intonando canti religiosi. Le pareti esterne della chiesa sono state tappezzate di striscioni, con scritte come: “Salvaguardiamo il diritto e i legittimi interessi della chiesa. Resistiamo alle demolizioni illegali”; su un altro si legge un passo dalle Beatitudini: “Beati coloro che sono perseguitati…”. I manifestanti hanno anche avuto il coraggio di affiggere un cartello su una ruspa del team di demolizione: “Veicolo illegale. Arrestateci, non indietreggeremo mai”. L’illegalità della demolizione della chiesa è provata dagli ordini stessi che le autorità locali hanno dato. La chiesa di Chaocheng è stata costruita da suore missionarie tedesche nel 1940, dunque prima dell’ascesa al potere del regime comunista. Finora era rimasta in piedi, evidentemente tollerata anche da Mao. Le autorità locali, però, paiono essersi risvegliate in questo novembre del 2018 accorgendosi che la chiesa è una “costruzione abusiva” perché mancherebbero i documenti necessari a dimostrarne la legalità.
Si tratta, appunto, di un episodio fra i tanti degli ultimi mesi. Da quando, in febbraio, è stata emanata la nuova Normativa per gli affari religiosi, voluta da Xi Jinping per rilanciare il programma di “sinicizzazione”, in tutte le province cinesi vengono abbattute chiese, moschee e templi buddisti in gran numero. Le proteste dei fedeli sono totalmente ignorate. Persino chiese di culti approvati ufficialmente dal regime di Pechino, come il movimento protestante delle Tre Autonomie o la Chiesa “patriottica” cattolica, subiscono angherie restrizioni e demolizioni improvvise. Mai viene nominata in pubblico la lotta alle religioni (anche se, secondo testimonianze dirette, i poliziotti, minacciando i fedeli, spesso dicono cose come “ci è stato dato l’ordine di sradicare la religione” o amene minacce simili ). Essere fedeli al regime o dissidenti, dunque, non fa alcuna differenza. E’ la religione in sé che viene colpita, in questo periodo, non la sua fedeltà al governo. Anche l’accordo siglato fra Cina e Vaticano lo scorso settembre, almeno finora, non ha cambiato nulla.
Oltre alle demolizioni di edifici, la persecuzione riguarda le persone fisiche. Attualmente il massimo dello sforzo repressivo viene concentrato contro la minoranza musulmana degli uiguri, nella regione occidentale del Xinjiang. Ma anche i cristiani sono personalmente colpiti. La Chiesa cattolica ha appena subito, il 9 novembre scorso, l’arresto extragiudiziale, un vero e proprio sequestro di persona, di monsignor Shao Zhumin, vescovo di Wenshou. Il 5 ottobre scorso, erano spariti altri quattro sacerdoti cattolici della Chiesa sotterranea (riconosciuta dal Papa, ma non dal regime) della diocesi di Zhangjiakou. Secondo le autorità, monsignor Shao starebbe trascorrendo un “periodo di vacanza”. Detenuto in una località segreta sta tuttora subendo, probabilmente, ben altro trattamento: interrogatori, isolamento e indottrinamento.
Quel che infatti conta nel processo di sinicizzazione è soprattutto, la “riprogrammazione” delle menti. Lungi dall’aver perso le sue caratteristiche di regime totalitario (e non solo autoritario), al regime comunista cinese non basta vietare, non basta reprimere, deve convertire i fedeli alla sua causa ideologica comunista. Anche con la promozione del culto della personalità. Se le vittime della rieducazione, sono infatti obbligate a studiare i documenti programmatici del Partito Comunista e a leggere e imparare i discorsi delle alte cariche dello Stato, anche a livello iconografico i quadri di Xi Jinping stanno sostituendo le immagini sacre. La foto del leader cinese sono imposte nelle case dei cristiani, così come nelle chiese. Mentre nei templi buddisti, al posto della statua del Budda, talvolta viene imposta ancora quella di Mao. Che evidentemente è sempre lì, nell’immaginario collettivo comunista, a vegliare sul programma mai concluso di ateizzazione forzata.