Boris Johnson, premier per la Brexit senza sensi di colpa
Come era ormai prevedibile, Boris Johnson, già sindaco di Londra e già ministro degli Esteri britannico, ha vinto la sfida nei Conservatori ed è il nuovo premier del Regno Unito. Cosa dobbiamo attenderci da lui? Brexit a tutti i costi, più relazioni con Trump, meno tasse e meno attenzione per i temi ecologici come il riscaldamento globale.
Come era ormai prevedibile, Boris Johnson, già sindaco di Londra e già ministro degli Esteri britannico, ha vinto il Congresso dei Conservatori ed è il nuovo premier del Regno Unito. Nell’ultima votazione, ha letteralmente doppiato il suo rivale interno, Jeremy Hunt (attuale ministro degli Esteri): 92.153 voti contro 46.656 di Hunt. E adesso cosa dobbiamo attenderci dal nuovo premier? Brexit a tutti i costi, meno tasse e decisamente meno attenzione per i temi ecologici come il riscaldamento globale. Ma soprattutto: molto odio da parte dei media internazionali e dei governi europei.
Jeremy Hunt ha perso la fiducia della base conservatrice soprattutto perché, come Theresa May prima di lui, nella campagna referendaria del 2016, per il voto sulla Brexit, era dalla parte dei remainers, voleva dunque restare nell’Ue. Con la vittoria di Johnson prevale la base del partito conservatore, contrapposta all’élite che si era formata ai tempi dei governi di David Cameron. Se ne va la cordata più europeista del Partito, che aveva accettato a denti stretti la Brexit ed ora chiedeva un’uscita ordinata e negoziata, anche a costo di rinviare ancora la data di uscita, il 31 ottobre. La prima a rassegnare le dimissioni è stata il ministro dell’Istruzione Anne Milton, addirittura un’ora prima che i risultati venissero annunciati. Poi è seguito il ministro dello Sviluppo Internazionale, Rory Stewart, che con un tweet in cui lo si vede in tenuta da campagna e in compagnia di due cavalli, annuncia che tornerà a fare il semplice deputato e lavorerà maggiormente per la sua regione settentrionale, la Cumbria. David Gauke, ministro della Giustizia, ha annunciato subito che rassegnerà anch’egli le dimissioni. Il prossimo governo, dunque, apparirà già molto differente da quello guidato da Theresa May.
Nel suo discorso della vittoria, Boris Johnson cita I viaggi di Gulliver e rappresenta l’immagine della Gran Bretagna come un gigante addormentato che si desta e si alza scrollandosi di dosso lacci e lacciuoli con cui è stato legato dai minuscoli Lillipuziani: “ci alzeremo e ci scrolleremo di dosso tutti quei lacci: il dubitare di noi stessi, la negatività”. Fin dal 2018, Johnson era stato uno dei più accesi sostenitori della Brexit a tutte le condizioni, anche a costo di uscire dall’Ue senza alcun accordo. Il “no-deal”, conferma il neo-premier “non deve essere escluso”. Benché in parlamento la maggioranza abbia votato contro questa opzione, Johnson la userà come carta negoziale, a mo’ di arma finale. Benché il capo-negoziatore europeo Michel Barnier, sia convinto che l’accordo di uscita del Regno Unito dall’Ue debba rimanere nei termini firmati da Theresa May, Johnson ha già definito più volte quella bozza come “defunta”.
E’ difficile capire cosa l’ex sindaco di Londra realizzerà o tenterà di realizzare in patria. La stampa britannica e a seguire quella internazionale ha attivato contro di lui una macchina del fango, potente tanto quanto quella usata contro Trump. Le informazioni di cui disponiamo su Johnson sono quasi tutte derivate da profili e sintesi altamente denigratori nei suoi confronti. Siccome i binari mediatico e giudiziario procedono sempre in parallelo, Johnson è stato anche querelato per aver mentito nel corso della campagna referendaria per la Brexit nel 2016. Precedente curioso: se dovesse essere condannato, anche tutti i politici che gonfiano cifre o alterano la descrizione degli eventi durante le loro campagne elettorali, oltre che vittime dei fact checkers (come avviene in ogni campagna che si rispetta) potrebbero finire anche alla sbarra.
Per conoscere meglio il nuovo premier conservatore, occorre dunque andare alla fonte diretta. Boris Johnson è un ex giornalista, prima corrispondente da Bruxelles per il Telegraph, poi direttore dello Spectator. Ha maturato il suo euroscetticismo proprio venendo a contatto con la realtà della burocrazia europea. Oltre che giornalista, Johnson è anche uno storico, benché non sia un accademico riconosciuto ha scritto saggi di successo, come Il sogno di Roma. Amante della nostra civiltà, Johnson ritiene che la Roma antica abbia saputo incarnare un sogno, un ideale, un modello a cui ispirarsi. La definisce come “un antico specchio in cui l’Occidente contemporaneo si riflette”. Gli Usa, in particolar modo, riprendono ai giorni nostri l’antico ideale imperiale. L’Ue, al contrario, non ispira alcun ideale, non ha un’anima, ha solo una grande burocrazia spesso disfunzionale.
Johnson ha sempre dimostrato di detestare i sensi di colpa dell’Occidente. E’ stato contestato per la sua “islamofobia”, perché ha constatato la mancanza di democrazia e perché nel suo seno non si è mai affermato un sistema capitalista moderno. E’ al tempo stesso un convinto difensore del sistema capitalista occidentale: “Non dobbiamo trattare il capitalismo come se fosse un termine offensivo – ha scritto in tempi non sospetti - Non possiamo perdere la nostra fede nella competitività, nella libera scelta e nel mercato. Dobbiamo riaffermare la verità e cioè che semplicemente non esiste alcun altro sistema che abbia un successo così miracoloso nel soddisfare i desideri e i bisogni umani”. Su questo aspetto, almeno, è l’opposto di Theresa May, che parlava in termini molto critici del capitalismo, quasi indistinguibile da un laburista.
Altro settore in cui si distacca nettamente dalla precedente classe dirigente conservatrice è l’ecologia. Nel 2014, quando era sindaco di Londra, al New Scientist aveva dichiarato che la capitale avrebbe dovuto dotarsi “definitivamente, assolutamente”, di una centrale nucleare. Johnson ha votato con assiduità contro le misure di lotta al riscaldamento globale. Quanto all’energia, oltre che al nucleare è dichiaratamente favorevole alla ricerca e allo sfruttamento dello shale gas. Potrebbe incrementare da subito l’attività di fracking, altra “bestia nera” degli ecologisti.
Nelle loro caricature, molti giornalisti ironizzano sui capelli di “BoJo”, notando la similitudine con quelli di Trump. Ma i due si conoscono e hanno sempre avuto parole di stima reciproca. La prossima “relazione speciale” potrebbe essere quella fra i due leader della destra anglo-sassone, desiderosi quanto prima di rendersi autonomi dall’Ue e da un sistema internazionale che considerano obsoleto.