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IPOTESI SU GESÙ

Un libro che ha rilanciato l'apologetica

Si può dire che dalla pubblicazione di "Ipotesi su Gesù" abbiamo smesso di vergognarci di essere credenti, di credere che Gesù Cristo è Dio e che ha fondato una Chiesa Cattolica Apostolica e Romana.

Cultura 03_10_2019
Vittorio Messori presenta "Ipotesi su Gesù" a Radio Vaticana, 1976

La messe è molta, ma pochi i mietitori, pregate dunque il Padre perché mandi mietitori nella sua messe. Così dice Gesù nel Vangelo. Mietitori: in latino, la ex lingua sacra della Chiesa, «messores». Chissà chi avrà pregato per avere «messores», e con efficacia, in quel lontano 1976 quando uscì, in sordinissima, un libro fondamentale che parlava di Gesù. Un poco noto giornalista de «La Stampa», Vittorio Messori (appunto), ebbe la geniale idea di pubblicare un sommesso Ipotesi su Gesù per i tipi dell’editrice salesiana, editrice «di nicchia» come dicono gli addetti ai lavori.

Sommesso, appunto, come quel famoso granello di senape evangelico che poi diventa un grande albero. Nel nostro caso, milioni di copie vendute e traduzioni perfino in coreano. Provateci voi a pubblicare un libro che parla di religione con la Sei e poi state a vedere che cosa succede. Ve lo anticipo: niente. Cento copie vendute a chi è già d’accordo, e vi andrà bene se non sarete sconfessati dai preti stessi. Mi direte che oggi c’è la cristofobia, il gender, il politicamente corretto, l’ospedale da campo per immigrati… Sì, ma solo quelli che hanno una certa età sanno che, però, ancora non si spara, mentre nel 1976 sì. Riviste come «Il Male», dal significativo titolo, inneggiavano tranquillamente alla morte di Paolo VI, e questa era la «satira» che tirava.

Un ricordo personale, consentitemi: ero un giovanotto fresco di conversione; andai a una messa contro l’aborto e dovetti passare attraverso due strette ali di lottacontinui che, fino alla porta della chiesa, urlavano, insultavano, cantavano a squarciagola coi megafoni Bandiera rossa. Dentro, pochi vecchietti che cercavano di stare vicini a me, timorosi. Infatti, io, che sapevo in anticipo della «manifestazione» orchestrata, ero venuto, con un paio di amici pure loro neo-convertiti, in giubbotto imbottito e anfibi. Per i curiosi di aneddoti: il parroco, evidentemente pre-conciliare, suonò a stormo le campane per tutta la durata della messa, onde coprire lo strepito infernale che c’era fuori. Questo era il clima.

L’apologetica? Seeeh! Roba pacelliana, un pallido ricordo pre-sessantotino, i più non l’avevano neanche sentita nominare (neanche io). Ebbene, Messori con quel suo libro la rimise in auge e, anzi, al centro del discorso. Molti di quelli che frequentano questo sito (se non tutti) si sono formati con quel libro. Si può dire che da allora abbiamo smesso di vergognarci di essere credenti, di credere che Gesù Cristo è Dio e che ha fondato una Chiesa Cattolica Apostolica e Romana.

Messori, convertito anche lui, non aveva fatto altro che andare a vedere le carte, indagando sulle radici della fede e lavorandoci da giornalista investigativo. Poi, la famosa maggioranza silenziosa, che evidentemente non ne poteva più della prepotenza di una minoranza ideologizzata, piano piano uscì allo scoperto, decretando il successo planetario di un libro che parlava di Gesù non in termini devozionali ma facendo semplicemente appello alla ragione. Quel libro che nutrì un paio di generazioni di cattolici (e tanti ne convertì) è bene che venga riproposto, così com’è, ai giovani d’oggi, quelli che vanno appresso ai nuovi pifferai. Che in verità sono sempre gli stessi, solo invecchiati.