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IL BELLO DELLA LITURGIA

Trinità di Rublëv, a simbolo dell'unità con la Chiesa

Andrej Rublëv realizzò questa icona nel 1442 per la canonizzazione di Sergio di Radonež, fondatore del monastero della Trinità di San Sergio. Il committente chiese al pittore di trasmettere l’idea dell’unità della Russia intorno alla sua Chiesa, obiettivo perseguito dal santo. Solo da una fede profondamente vissuta poteva scaturire un’immagine cosi potente.

Ecclesia 26_05_2018

"Gloria al padre, al Figlio, allo Spirito Santo:
 a Dio che è, che era e che viene".

Acclamazione al vangelo              

Un’icona non si dipinge, si scrive. Essa, infatti, rappresenta un testo il cui alfabeto sono i colori, le linee, le espressioni dei volti dei personaggi raffigurati e racconta, svela una verità della Fede. Gli iconografi sostengono di vivere un’esperienza spirituale, una visione interiore che traducono, poi, figurativamente. 

È il caso della tavola che Andrej Rublëv realizzò nel 1442 per la canonizzazione di Sergio di Radonež, fondatore del monastero della Trinità di San Sergio, il più importante centro spirituale della chiesa ortodossa russa. Il committente, l’egumeno, la guida del suddetto cenobio chiese al pittore di trasmettere l’idea dell’unità della Russia intorno alla sua Chiesa, obiettivo che San Sergio aveva perseguito per tutta la vita. Solo da una fede profondamente vissuta sarebbe potuta scaturire un’immagine cosi potente nella sua apparente e pacata semplicità.

Rublëv si rifece a una fortunata tradizione iconografica - considerate le molteplici rivisitazioni artistiche succedutesi lungo i secoli - alla base dello sviluppo della quale vi è, probabilmente la riflessione che Sant’Agostino fece a proposito del brano della Genesi, relativo alla visita dei tre angeli ad Abramo presso le Querce di Mamre. Tres vidit et unum adoravit, scrisse il santo filosofo di Ippona che interpretò questo episodio quale anticipo del mistero trinitario.

Tre figure cinte da aureole sono sedute intorno a un tavolo, al centro del quale sta il calice, simbolo eucaristico del sacrificio di Cristo. Come spesso accade, anche qui l’iconografo utilizza la prospettiva inversa ottenuta facendo convergere le linee di fuga non in un punto dietro al dipinto ma davanti ad esso, in primo piano. In questo modo non è lo spettatore che “entra” nella realtà rappresentata ma, viceversa, è il soggetto che si fa incontro all’osservatore. Dicevamo: una verità che si svela… Sullo sfondo si riconoscono una casa, dimora di Abramo, il “luogo” della Chiesa e una quercia, un albero, quello dell’Eden ma anche il legno della croce. 

Delle tre figure Dio Padre è quello a sinistra, speculare allo Spirito Santo sul lato destro: l’angelo al centro è figura del Figlio. L’ordine scelto dal pittore è, dunque, quello, in cui professiamo la nostra fede nel Credo. 

Non è graficamente evidenziato ma, guardando bene, i Tre personaggi sono iscritti in un cerchio, simbolo di perfezione, di eternità, di un amore che non ha né un inizio né una fine, rivolto, come i loro sguardi, al tavolo, forma invece perfettamente distinguibile, quadrangolare come la terra e il creato.

Anche i colori assumono, in questo caso, un ruolo importante. L’oro è la regalità propria di Dio e del Figlio in quanto sacerdote, cui appartiene anche il rosso, in virtù del Suo sacrificio. Il verde, simbolo di vita, è dono dello Spirito Santo. L’azzurro, o blu che dir si voglia, è proprio di tutta la triade perché sta a significare la vita eterna. 

Nel 1551, a Mosca, il Concilio dei Cento capitoli stabilì che l'iconografia di Rublëv fosse il modello per antonomasia per ogni pittura ecclesiastica e che la sua interpretazione della Trinità fosse, ed effettivamente ancora lo è, l’icona delle icone. E Andrej è venerato come santo dalla chiesa ortodossa.