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GERMANIA, EUROPA

Travolta dall'onda di migranti, la Merkel dice addio

Lunedì, Angela Merkel ha annunciato il suo addio alla politica tedesca. Lascia la politica dopo 13 anni di cancellierato, in un paese economicamente molto potente e con i conti in ordine. Un unico grande errore: l'annuncio delle porte aperte agli emigranti nel 2015. Quello è stato la causa di tutto lo sfacelo politico europeo successivo.

Editoriali 31_10_2018
Angela Merkel

Lunedì, Angela Merkel ha annunciato il suo addio alla politica tedesca. Non è un fatto che riguarda la sola Germania, a dire il vero, ma tutta l’Unione Europea, di cui è stata protagonista indiscussa nell’ultimo decennio. Il suo ritiro segnerà probabilmente grandi cambiamenti nella politica europea, soprattutto sul fronte popolare, o democristiano. Ma è importante riconoscere la causa del suo rapido declino.

La Merkel, come da tradizione democristiana tedesca, è una leader molto longeva. Al suo tredicesimo anno di cancellierato ha però annunciato che a dicembre non si ricandiderà alla guida del partito Cdu (la democrazia cristiana tedesca) e nelle prossime elezioni parlamentari, che si terranno nel 2021 (sempre che il governo non cada prima) non si ripresenterà neppure. “Come segretaria del partito e come cancelliere, io sono responsabile di tutto, dei successi e dei fallimenti – ha dichiarato la Merkel lunedì - C’è un chiaro segnale che tutto ciò non possa andare avanti. L’immagine del governo è inaccettabile”. L’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso sono state le elezioni regionali nel Land dell’Assia, dove la Cdu resta il primo partito dopo aver perso più di 10 punti percentuali, però. Ed è solo l’ultima delusione locale in ordine di tempo, dopo la performance non proprio gratificante del partito alle ultime elezioni nazionali.

Succeduta a Helmut Kohl, l’uomo del record assoluto di durata dei suoi cancellierati (dal 1982 al 1998, prima nella sola Repubblica Federale Tedesca poi in tutta la Germania riunificata), la Merkel è stata anche la prima leader nata nella Germania dell’Est. I suoi avversari, soprattutto i rivali interni alla Cdu, le hanno anche attribuito un ruolo di spia, di informatrice della Stasi. In realtà è nata e cresciuta in una famiglia di dissidenti: figlia di un pastore protestante, è entrata in politica non appena si è aperto uno spiraglio di libertà con la costituzione della Cdu dell’Est guidata da De Maizière. Era dunque una figura unificante anche da un punto di vista anagrafico e simbolico. Ha retto le sorti del partito dal 2000, poi quelle del paese, in veste di Cancelliere (primo ministro) dal 2005, ininterrottamente fino ad oggi. La crisi economica del 2008, che pure ha travolto quasi tutti i governi europei, l’ha lasciata politicamente vincente. Nemmeno la crisi del debito sovrano del 2013, che pure ha creato fortissime tensioni fra la Germania e i Paesi mediterranei, non ha scalfito il suo ruolo di leader. Da un punto di vista economico, la Germania continua ad essere la prima potenza europea, i suoi conti sono in ordine, la disoccupazione è sotto controllo, la crescita continua. E quindi, dove è il problema? Il problema è nella sua politica sull’immigrazione.

È stata la sua dichiarazione di benvenuto a tutti i rifugiati, nel settembre del 2015, che ha aperto il vaso di Pandora. Nell’autunno di tre anni fa, la massa di emigranti arrivava soprattutto dalla Siria e premeva ai confini dei Balcani. Con il presidente turco Erdogan non era ancora stato raggiunto alcun accordo. Il segnale di “porte aperte” dato dalla Merkel ha provocato un flusso di un milione di emigranti e richiedenti asilo verso la Germania, passando per la rotta balcanica, attraversando un paese in crisi economica quale la Grecia e democrazie giovani e fragili quali la Macedonia, la Serbia, la Romania, l’Ungheria. Il flusso ha creato ben presto un effetto a catena indesiderato che ha portato alla chiusura delle frontiere, prima in Macedonia, poi in Ungheria. La “crisi dei migranti” ha indelebilmente il nome della Merkel. Come non bastasse, il modello di accoglienza è entrato in crisi quando, nella notte di Capodanno del 2015, a Colonia e in altre città della Germania occidentale, gli uomini appena accolti si sono macchiati di numerose violenze e molestie sessuali nei confronti di ragazze tedesche che festeggiavano in piazza. Un episodio che le stesse autorità e la stampa tedesca hanno cercato in tutti i modi di nascondere prima e minimizzare poi. Creando un problema di sfiducia nel governo e disaffezione ancor più grande.

Se si vuol capire la dinamica degli eventi successivi in Europa, quindi la Brexit, la crescita dei partiti sovranisti, l’impopolarità della Germania negli altri paesi continentali, si deve sempre risalire a quelle decisioni del 2015. E poi all’ostinazione con cui la Merkel ha mantenuto quella rotta, nonostante tutta l’evidenza contraria. Pur di emarginare la destra sovranista tedesca del partito AfD, la cancelliera conservatrice ha accettato anche l’alleanza con Verdi e Socialisti, snaturando ancor di più il suo partito e alienando il suo elettorato. Alla fine ha gettato la spugna. Ma gli effetti della sua stagione politica si vedranno per anni.