Terapeutica o ricreazionale? L'inganno sulla cannabis
I dati del World Drug Report 2018 dell’UNODC registrano che almeno 192 milioni di persone l’hanno consumata almeno una volta nell’ultimo anno. Un dato in crescita costante che va di pari passo con l'aumento della popolazione mondiale. La preoccupazione dell'ufficio antidroga dell'Onu è legata alla contradditorietà degli usi: da un lato la cosiddetta cannabis terapeutica, una "bomba atomica" che non viene studiata dal punto di vista farmacologico e dall'altro l'uso ricreazionale, che sta sviluppando una potente lobby commerciale. Una contraddizione che gioca sull'ignoranza e su campagne ideologiche di liberalizzazione.
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Per quanto riguarda la cannabis i dati del World Drug Report 2018 dell’UNODC registrano che almeno 192 milioni di persone l’hanno consumata almeno una volta nell’ultimo anno. Il dato è in crescita del 16% rispetto al decennio 2006-2016 e va di pari passo con l’aumento della popolazione nel mondo.
Un altro fattore di preoccupazione è rappresentato dalle liberalizzazioni di alcuni Paesi, come il Canada e l’Uruguay, dove è stata totalmente sdoganata. E qui si scopre che le campagne di liberalizzazione che sono fiorenti anche in Italia giocano su una contraddizione in atto che però non viene mai affrontata.
Da un lato infatti abbiamo la cannabis cosiddetta terapeutica, anche se sappiamo dalla pur scarsa letteratura scientifica che bisognerebbe parlare di cannabis a uso medico, dato che non cura un bel niente, ma interviene solo sui sintomi. Gli esperti sono propensi a individuare nella cannabis un concentrato tale di principi attivi e di proprietà tale da configurare la presenza di 85 cannabinoidi uno diverso dall’altro. Il risultato è che nella stessa sostanza si possono trovare farmaci che tolgono appetito e farmaci che lo danno, sostanze che tolgono l’ansia e altre che la provocano, principi attivi che controllano le convulsioni e altre che le aggravano. Un mix micidiale, una bomba atomica per l’organismo, che però non è ancora stata studiata adeguatamente.
L’UNODC infatti, ravvisa che si tratta di un farmaco che andrebbe studiato seriamente come si fa per ogni molecola nuova. Partendo ad esempio dagli studi sugli animali e proseguendo poi con uno studio su larga scala, fino alle indagini poi pre marketing e post marketing. Gli esperti dell’UNODC hanno ravvisato 8 stadi di studio a partire dal ratto. Ebbene: non è stato fatto niente di questo, intanto però gli stati permettono campagne di disinformazione sulla proprietà “miracolose” della cannabis, l’Italia ne sa qualcosa, si aprono negozi e in alcuni casi si liberalizza tout court. Un boom ideologico che propone un veleno come una panacea.
L’altro filone, e qui c’è la contradditorietà è rappresentato dalla cosiddetta cannabis per uso ricreazionale. Uruguay e Canada, liberalizzandola, hanno violato le convenzioni e stanno usando la cannabis in modo illegale. Questo non sembra fare alcun problema, ma l’UNODC ravvisa che le convenzioni ci sono apposta perché le sostanze come la cannabis vengano utilizzate sotto controllo medico. A fronte di una palese violazione dei trattati internazionale il Canada ha fatto spallucce dicendo che gli Stati che protestano dovranno digerire una decisione sovrana. Ma è una posizione arrogante, tanto che l’International narcotic control board è uscito con uno statement molto forte condannando la scelta del Canada.
A questo punto, però, il dibattitto internazionale sulla cannabis dovrebbe portare a un redde rationem definitivo perché assurdità è ormai sotto gli occhi di tutti: se infatti si sta studiando la marijuana per i suoi aspetti medici allora perché proporla a livello ricreazionale? Le due cose infatti vanno nettamente in contrasto.
Ammettiamo – è un ragionamento puramente teorico che ci viene suggerito dagli uffici di Vienna - infatti che lo studio della cannabis come antipsicotico dovesse avere successo, come si potrà poi pretendere che questa stessa sostanza possa essere distribuita regolarmente in qualunque coffee shop del mondo? Perché delle due l’una: o si tratta di una sostanza ricreazionale e quindi si può assumere senza prescrizione oppure è un farmaco serio e allora deve essere confinato al solo ambito farmacologico, con le sue ferree regole prescrizione e di somministrazione.
Possiamo immaginare un paziente diabetico prendere insulina per scopi ricreazionali e mettere così a rischio la sua salute?
C’è poi un ulteriore aspetto che inquieta l’UNODC: la diffusione massiccia e le politiche di liberalizzazione di molti stati faranno sì che, accanto alle grandi multinazionali del tabacco o del farmaco, possa nascere presto anche una parallela "Big Canna" che lavorerà in senso contrario a quello farmacologico: creare una dipendenza attraverso un uso sempre più massiccio. Con il risultato di avere una popolazione mondiale ancor più drogata e manipolabile.
E’ questo il messaggio più deleterio dal punto di vista educativo. Quello della legalità costruita a tavolino è il terribile messaggio alle nuove generazioni, le quali percepiscono che un mondo di adulti sta preparando loro un’arma legale con la quale rendersi schiavi il più delle volte per sempre. L’adolescente che oggi si procura la cannabis al mercato nero, riceve così un messaggio chiaro: gli adulti hanno detto che questo prodotto può essere legale, quindi per me questa sostanza non è problematica.
In California infatti durante la discussione sul referendum di legalizzazione della cannabis, è stato notato un aumento esponenziale di cannabinoidi. Soltanto il fatto di parlarne pubblicamente aveva provocato una corsa alla canna da parte soprattutto delle giovani generazioni. Non proprio quello che si dice cura della persona.
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