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SCENARI

Sentenza Alfie, un segnale inquietante per tutti

Seguire il dibattimento alla Corte d’Appello di Londra sul caso Alfie ha significato partecipare a una specie di teatro dell’assurdo. Uno schieramento di giudici già abbondantemente orientato - e non lo nascondevano affatto – parlava in perfetta sintonia con il legale dell’ospedale, sfidando il minimo buon senso.

Editoriali 17_04_2018

Seguire il dibattimento alla Corte d’Appello di Londra sul caso Alfie ha significato partecipare a una specie di teatro dell’assurdo. Uno schieramento di giudici già abbondantemente orientato - e non lo nascondevano affatto – parlava in perfetta sintonia con il legale dell’ospedale, sfidando il minimo buon senso. Come quando il giudice spiegava che un viaggio in aeroambulanza avrebbe aumentato i rischi per la condizione di Alfie,sorvolando suk fatto che l’alternativa ai rischi è la morte certa per soffocamento.

O come quando il giudice ha duramente stigmatizzato gli schiamazzi in ospedale causati dal tentato blitz di giovedì scorso e dalle migliaia di persone radunate all’esterno che in questi giorni hanno cantato e chiesto la liberazione di Alfie. Cattivi comportamenti non tollerati nel tempio della legge, che invece guarda con grande ammirazione il lavoro di sanitari che, dopo aver abbondantemente trascurato la cura di Alfie, oggi sono più che mai decisi a sopprimerlo.

Giudici e legali dell’ospedale hanno continuato a battere sul “migliore interesse” del bambino, da far valere anche nei confronti della volontà dei genitori; “migliore interesse” che era già stato stabilito nelle precedenti sentenze fosse la morte procurata. Ma abbiamo idea di cosa significhi stabilire che in determinati casi il “miglior interesse” di una persona sia di essere messo a morte? Quale concezione della vita si nasconde dietro una affermazione del genere?

Ieri sera Tom, il papà di Alfie, ha fatto una affermazione - «Lo Stato non è proprietario di mio figlio» - che nella sua semplicità esprime perfettamente il dramma del momento attuale. Lo Stato sedicente democratico oggi ha proprio questa pretesa: essere il nostro padrone. Come una volta l’imperatore, lo Stato moderno pretende di avere diritto di vita e di morte su ciascuno dei suoi sudditi, su ciascuno di noi. Per questo giudici e medici – solerti funzionari dello Stato – hanno dichiarato guerra a Tom e Kate. La loro ostinazione di giovani incoscienti rischia di far inceppare una macchina da guerra.

Questa sentenza, che ben difficilmente sarà ribaltata dalla Corte Suprema, sancisce proprio il diritto dello Stato a essere proprietario di ciascuno di noi.

L’avvocato degli Evans non poteva rimettere in discussione la questione del “miglior interesse”: essendo già stata oggetto delle sentenze precedenti rilanciare il tema sarebbe stato oltraggio alla Corte. Ha cercato dunque altre strade e si è appellato alla “libertà di movimento”, un diritto umano fondamentale. Incredibilmente – sebbene in linea con le assurdità precedenti – i giudici hanno negato che Alfie sia in stato di detenzione, tralasciando che la sua stanza da giovedì è piantonata da diversi poliziotti e molti altri bloccano tutte le uscite dell’ospedale.

Con tutti i casi di terrorismo accaduti in Gran Bretagna, è stato comunque una rarità questo spiegamento di forze per non far muovere un bambino di due anni.

Giustamente l’avvocato degli Evans ha ricordato il caso dell’Irlanda, dove le donne possono andare ad abortire all’estero malgrado l’aborto sia vietato in Irlanda. Avrebbe anche potuto aggiungere che la libertà di circolazione nell’Unione Europea è il grimaldello usato dalle organizzazioni Lgbt per poter far riconoscere le unioni gay anche nei paesi (che sono la maggioranza) che non le hanno legalizzate.

La risposta del giudice è stupefacente: negando questo diritto in quanto le condizioni sanitarie di Alfie non possono migliorare, in pratica ha sancito che la libertà di movimento vale soltanto se c’è possibilità di miglioramento della propria situazione. Per Alfie questa prospettiva non c’è per cui deve essere messo subito a morte. È un principio nuovo che oltretutto favorisce l’arbitrarietà delle decisioni.

Tutti questi fattori messi in evidenza dicono comunque dell’immenso potere che si sono presi gli Stati, del totalitarismo in cui ormai siamo abbondantemente scivolati. E non si creda che la questione riguardi soltanto i disabili in Gran Bretagna. Pensiamo a cosa sta accadendo nelle scuole italiane a proposito di ideologia gender e progetti di educazione sessuale.
Ormai il valore assoluto della persona – eredità della civiltà cristiana - sta diventando un ricordo del passato, per lasciare il posto a un totalitarismo violento che schiaccia le singole persone, come nel caso di Alfie in Inghilterra e il caso di Vincent in Francia.

Lo aveva ben predetto il Santo Giovanni Paolo II che nella enciclica Veritatis Splendor (1993), dopo aver parlato della caduta del comunismo afferma: «Si profila oggi un rischio non meno grave per la negazione dei fondamentali diritti della persona umana e per il riassorbimento nella politica della stessa domanda religiosa che abita nel cuore di ogni essere umano: è il rischio dell’alleanza fra democrazia e relativismo etico, che toglie alla convivenza civile ogni sicuro punto di riferimento morale e la priva, più radicalmente, del riconoscimento della verità.
Infatti, se non esiste nessuna verità ultima la quale guida e orienta l’azione politica, allora le idee e le convinzioni possono esser facilmente strumentalizzate per fini di potere.
Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia».

È quello che stiamo vivendo; la vicenda del piccolo Alfie ci aiuti almeno a prendere coscienza di quanto sta accadendo per fermare questa barbarie.