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NO ALL'ABORTO

Scienza prenatale, il feto è un paziente come gli altri

Di fronte al dilagare della cultura dello scarto le vere fake news sono quelle che omettono di rendere noti i risultati della scienza prenatale. Pro Vita istituisce un servizio informativo. Perché il feto va trattato come un paziente. 

Vita e bioetica 01_02_2018

Esiste la possibilità di curare circa il 60 percento dei bambini vittime di interruzioni volontarie di gravidanza motivate da una diagnosi di patologia prenatale, il restante 40% può comunque essere accompagnato con cure palliative ed altre terapie fino al momento della nascita. Proiettando i dati offerti dal professor Giuseppe Noia, già primario di Ginecologia al Policlinico Gemelli di Roma e docente presso l’ateneo del Sacro Cuore, sul totale dei 7000 aborti l’anno che avvengono in Italia oltre la 12esima settimana per motivi legati alla salute del feto, si comprende perché sia non solo eticamente ma anche scientificamente sbagliato presentare solo l’opzione mortifera ad una donna, o ad una famiglia, che è alle prese con una gravidanza difficile. 

Tutto quello che c’è da sapere sulla scienza prenatale e la speranza per i bambini e le madri è stato esposto ieri a Roma nel corso della conferenza stampa “La scienza prenatale: il nuovo servizio sociale alla famiglia”, organizzata da ProVita Onlus. Un’iniziativa che si è resa necessaria proprio per ribadire e far conoscere alle coppie che si trovano ad affrontare a una gravidanza con prognosi nefasta che esistono strutture, medici e terapie che possono prendersi cura del loro bambino. 

L’evento è stato introdotto da Roberto Corbella, segretario generale dell'associazione "Per Roma" e padre di Chiara Corbella - moglie e madre morta nel 2012 a soli 28 anni dopo aver portato a termine la gravidanza di suo figlio Francesco, malgrado la scoperta di un tumore che avrebbe richiesto cure chemioterapiche durante la gestazione del bambino  – il quale ha chiarito le vere “fake news” sono quelle che omettono di raccontare che l’accompagnamento umano delle madri e delle famiglie in situazioni di difficoltà materiale ed emotiva permette di cambiare totalmente una prospettiva di disperazione. 

Un presupposto avvalorato dal successivo intervento del prof. Giuseppe Noia, intervenuto in veste di presidente della Fondazione Il Cuore in una Goccia Onlus e direttore dell’Hospice Perinatale -  Centro Cure Palliative Prenatali - S. Madre Teresa di Calcutta al Policlinico Gemelli. Secondo il prof. Noia “oggi c’è sottile induzione all’aborto anche quando si fa una diagnosi senza dare speranza e senza applicare i progressi della scienza. Scienza che ha fatto enormi progressi: bambini che fino a 15 anni fa erano considerati terminali con i progressi medici oggi hanno una speranza di sopravvivenza del 84%”.

Di fronte “al dilagare della cultura dello scarto”, il ginecologo di fama internazionale ha quindi indicato due risposte ineludibili, una in campo scientifico tramite le cure palliative prenatali e le terapia fetali, l’altra sul fronte umano portata avanti dalla Fondazione Il Cuore in una Goccia Onlus. “Entrambi gli aspetti”, ha spiegato il prof. Noia, “si realizzano nel hospice perinatale: la scienza cura e, quando non può curare, accompagna”. 

“Possiamo intervenire direttamente sul feto nel grembo della madre, come un vero e proprio paziente”, ha detto ancora Noia, illustrando tutta una serie di terapie consolidate: Amnioriduzione; Amnioinfusione; Cordocentesi ( trasfusione intrautero intravascolare per anemia fetale); Paracentesi (ascite);  Toracentesi (idrotorace); Analgesia Fetale – Curarizzazione  fetale; Amnio-exchange; Posizionamento di Shunt (ostruzione urinaria bassa); Digitalizzazione (scompenso cardiaco fetale); Somministrazione di Corticosteroidi (prevenzione RDS). 

Basta dire che la trasfusione intrautero intravascolare ormai presenta tassi di successo del 90%, l’amnioinfusione del 53% e la cistocentesi del 82%. 

Molte ricerche hanno inoltre rilevato che laddove è presente una malformazione con esito letale, continuare la gravidanza accompagnando il bambino alla fine naturale della vita provoca meno depressione e disturbi psicologici nei genitori rispetto alla decisione di interrompere la gravidanza. 

Dovrebbe quindi essere un diritto delle donne conoscere le possibilità offerte dalle cure prenatali e dall’accoglienza e l’accompagnamento di bambini segnati da incompatibilità con la vita extrauterina. Ma così non è, e forse anche per questo succede che gli aborti volontari tardivi (eugenetici e non” terapeutici”) sono sempre in aumento: dallo 0,5% del 1981 sono arrivati  al 5,3 % del 2016. Con punte massime in Sardegna 23,2 %;  Basilicata  18,8 %; Umbria 16.6 %;  Puglia 10.6 %. 

A chi mi rivolgo? Quale specialista devo consultare? Quali strutture mediche si occupano della patologia di mio figlio? Ci sono strutture nella mia zona? Sono domande che infatti non trovano una risposta adeguata in molte zone d’Italia. 

Sulla scarsa informazione riguardo i rischi per la salute fisica e psicologica delle donne è tornato anche il presidente di ProVita Tony Brandi. Su questo tema ProVita ha lanciato una petizione, che è ancora possibile firmare sul sito della Onlus, e ha pubblicato un libro a cura di Lorenza Perfori, intitolato Per la salute delle donne.  

Al termine della conferenza stampa, Brandi ha consegnato al prof. Noia un assegno da diecimila euro per le attività della Fondazione Il Cuore in una Goccia. ProVita vuole così contribuire a realizzare interventi diagnostici e terapeutici a beneficio di bambini nel grembo materno, ad applicare trattamenti perinatali e a promuovere attività di ricerca sulle cause della trisomia 21.