Robert Morlino, morte di uno "straordinario ordinario"
Il 24 novembre, in conseguenza di un problema al cuore, è morto all’età di 71 anni il vescovo di Madison (Wisconsin) Robert Morlino, un pastore dalla grande fede e carità, che si è distinto come difensore dell’ortodossia cattolica. I fedeli americani lo chiamavano The Extraordinary Ordinary, perché celebrava Messa nella «forma straordinaria»
Il 24 novembre, in conseguenza di un problema al cuore, è morto all’età di 71 anni il vescovo di Madison (Wisconsin) Robert Morlino, un pastore dalla grande fede e carità, che si è distinto come difensore dell’ortodossia cattolica, non temendo le sottili persecuzioni dell’Occidente contemporaneo. In un clima da secolarizzazione galoppante all’interno della stessa Chiesa, si comprende perché oggi manchi particolarmente ai fedeli americani. «Un santo in mezzo a noi», lo ha chiamato un sacerdote della sua diocesi, padre Richard Heilman, descrivendolo come un nuovo «sant’Atanasio contro il modernismo rampante dei nostri tempi». Lo stesso Heilman lo ha ricordato come «un papà per me e innumerevoli altri», dando l’idea dell’autentica cura pastorale che Morlino aveva per il gregge che gli era stato affidato.
Nato il 31 dicembre 1946 a Scranton (Pennsylvania), era rimasto orfano del padre quando era ancora un adolescente. La chiamata al sacerdozio l’aveva avuta già da bambino, grazie anche all’esempio di «meravigliosi sacerdoti e suore», come lui stesso disse poi in un’intervista ricordando la sua fanciullezza. Ricevette l’ordinazione nel 1974 con la Compagnia di Gesù, da lui lasciata sette anni più tardi, quando venne incardinato come prete diocesano a Kalamazoo (Michigan). Dopo anni di onorato insegnamento della teologia, Giovanni Paolo II lo nominò nel 1999 vescovo di Helena (Montana) e poi, nel 2003, di Madison, diocesi dove quindi ha servito per 15 anni, avendo tra le sue priorità la crescita delle vocazioni sacerdotali.
In effetti, durante il suo ministero episcopale, le vocazioni hanno registrato un deciso incremento, ancor più notevole se si considera l’epoca di crisi. «Ha lavorato molto duramente su questo», testimonia ancora padre Heilman. «Quando fu nominato vescovo di Madison, c’erano 6 uomini che studiavano per il sacerdozio. Nell’ultima metà dei suoi 15 anni i numeri si sono mantenuti intorno ai 30 seminaristi. È uno dei [numeri] pro capite più alti del Paese», alla luce dei circa 270.000 cattolici della diocesi di Madison.
Altra questione prioritaria per Morlino è stata la difesa della vita umana fin dal concepimento, levandosi come una delle maggiori voci del movimento pro life americano. Alle elezioni del 2008 non esitò ad ammonire due pezzi da novanta come i democratici Nancy Pelosi e Joe Biden per il loro sostegno all’aborto, indicandone l’incoerenza «perché loro affermano di essere cattolici». Tre anni dopo, nel giorno di Maria Ausiliatrice, guidò un gruppo di circa 300 fedeli recitando i misteri dolorosi e consacrando un cimitero, a forma di rosario, ai bambini non nati. Nell’omelia si soffermò sul valore della castità e spiegò come la contraccezione e la fecondazione artificiale siano contrarie alla cultura della vita.
Già da questi fatti si capisce perché fosse inviso al laicismo dominante, ma l’apice di questa lotta che lo ha visto impegnato contro lo spirito del mondo, per difendere le verità di fede e di morale, è stato raggiunto probabilmente l’anno scorso. Nel 2017 Morlino ha infatti scritto a tutti i sacerdoti della sua diocesi per ricordare che non si possono celebrare i funerali di peccatori pubblici - come coloro di cui è nota la relazione con persone dello stesso sesso - se sono morti senza manifestare un minimo segno di pentimento. È bastata questa verità, sempre insegnata dalla Chiesa e da lui ribadita con il fine di salvaguardare il bene delle anime (messo sempre più in pericolo da un mondo che neppure accetta di sentir parlare di peccato), per attirargli un’ondata di attacchi da parte della politica e dei grandi media, nonché di migliaia di battezzati che hanno firmato delle petizioni per chiedere la sua rimozione da vescovo.
Attacchi ai quali lui ha risposto ancora da vero pastore, spiegando che «la Chiesa invita tutti a incontrare Gesù Cristo», manifestando vicinanza a coloro che provano un’attrazione omosessuale e cercano di seguire il Signore «sotto una croce tremendamente pesante», verso i quali ogni cristiano deve agire «come Simone di Cirene», cioè «aiutando a portare la loro croce». E poi, rivolgendosi a ogni fedele impegnato in un cammino di conversione, ha esortato a chiedere l’aiuto di Dio così «come sei», ricordando allo stesso tempo che «Gesù Cristo ama troppo ognuno di noi per lasciarci come siamo. Vuole molto di più per te e per me», perché vuole salvarci e farci partecipi della sua gloria, nella verità che «vi farà liberi».
Morlino si è espresso anche su uno dei passaggi più dibattuti di Amoris Laetitia, difendendo la verità sul matrimonio e dicendosi pronto a resistere a qualsiasi tentativo di cambiamento dottrinale sul tema dell’accesso alla Comunione da parte dei divorziati risposati civilmente, chiarendo che «solo ciò che è vero può essere in definitiva pastorale».
In una splendida lettera di 5 pagine alla sua diocesi, pubblicata il 18 agosto di quest’anno (nel pieno della tempesta dovuta agli scandali sessuali del clero), ha dato un altro esempio di cosa significhi dire la verità nella carità. Ha denunciato l’esistenza di «una subcultura omosessuale all’interno della gerarchia della Chiesa cattolica che sta portando grande devastazione nella vigna del Signore», mentre all’esterno si parla genericamente di pedofilia. Nell’analizzare i problemi non bisogna cadere nella trappola di ciò che «la società potrebbe trovare accettabile o inaccettabile» perché questo «significa ignorare che la Chiesa non ha mai ritenuto NULLA di questo accettabile: né l’abuso dei bambini, né l’uso della sessualità al di fuori del matrimonio, né il peccato di sodomia». Ha richiamato la differenza tra peccato e peccatore, che consiste nell’odiare il primo e amare il secondo, aiutandolo a riconciliarsi con Dio attraverso una vita di preghiera e penitenza, di ricerca della santità, alla quale tutti siamo chiamati. Quando pochi giorni più tardi è stata pubblicata la testimonianza di Carlo Maria Viganò, Morlino è stato tra i primissimi vescovi a chiedere un’approfondita indagine sui fatti denunciati dall’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti.
I fedeli americani lo chiamavano affettuosamente The Extraordinary Ordinary, perché celebrava Messa nella «forma straordinaria» del rito romano (la cosiddetta Messa in latino); inoltre, nel 2016 aveva annunciato la celebrazione ad orientem (con il sacerdote rivolto verso il tabernacolo) nella forma ordinaria. Da vero amante della liturgia insegnava che essa deve «riflettere la perfetta bellezza, unità, verità e bontà del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Questo amore e questa tensione verso la Santissima Trinità si potevano già rintracciare nel suo motto episcopale, tratto dal profeta Abacuc: Visus non mentietur (Ab 2, 3). La visione non mentirà.