Prolissa e imprecisa: la riforma della curia non va
Abbiamo letto in anteprima la bozza della Costituzione di riforma della curia romana alla quale stanno lavorando i cardinali Maradiaga e Marx: imprecisioni e ambiguità sul ruolo dei dicasteri e sulla loro gerarchia. Ma anche lungaggini verbose e persino un invito alle diocesi a valorizzare l'equilibrio cosmico delle culture indigene. E per le benedizioni papali si cercano sponsor.
“Praedicate Evangelium”, così dovrebbe chiamarsi – se il Pontefice regnante dovesse dare il suo assenso – la nuova Costituzione di riforma della Curia romana. Prima di entrare nel merito della stessa, a cui abbiamo potuto dare una rapida lettura nei giorni scorsi, bisogna riportare quanto circola nell’entourage papale: e cioè che il cardinale Oscar Maradiaga, e il cardinale Reinhard Marx, cioe i due porporati che tengono le chiavi del cuore di papa Bergoglio, stanno sottoponendo lo stesso a un massiccio pressing affinché il documento venga proclamato il prossimo 29 giugno, festa dei Santi Pietro e Paolo, in concomitanza magari con un concistoro per la creazione di cardinali.
Non è affatto sicuro che ci riescano. Il portavoce vaticano, Alessandro Gisotti, come riportato dal SIR parlava di un testo pronto entro l’anno. E a quanto pare il Pontefice stesso avrebbe manifestato qualche resistenza e perplessità a servire così in fretta un piatto che rischia di essere mal cucinato.
La cinquantina di pagine che abbiamo scorso non ci è sembrata esaltante. Anzi. Ormai – dal 1981 – sono decenni che leggiamo documenti ecclesiastici, e quello di cui parliamo ci ha colpito in maniera negativa: ci è sembrato uno zibaldone poco organico e poco accurato. Fra l’altro è anche privo di un indice; e questo, in un testo che tratta di molti diversi argomenti e capitoli, e ha come scopo la riorganizzazione di un sistema statuale complesso, ci pare veramente un segno pessimo. Non è casuale che anche fra le persone dell’entourage del Pontefice, e fra i porporati a lui legati e fedeli, sottovoce le critiche circolino, e ci sia chi giudica il documento non degno di recare la firma di un Pontefice.
Il secondo appunto riguarda le forme della consultazione. Vedrete più avanti, da alcuni brani della lettera con cui il coordinatore, il card. Maradiaga, ha inviato il testo a responsabili del Vaticano, Superiori generali maschili e femminili, vertici delle conferenze episcopali e alcune università (scelte non si sa in base a quale criterio) che si cerca di dare l’impressione di un processo di consultazione in piedi da tempo. Ma – e questo ci sembra straordinario – la bozza non è stata inviata a moltissimi cardinali. Ora, i cardinali, anche se non ricoprono incarichi operativi, sono per definizione i primi consiglieri del Pontefice. Molti di loro, anche se magari in pensione, hanno sulle spalle il peso e il valore di una grande esperienza nella gestione delle cose di Chiesa. E se non si chiede il loro parere proprio quando si studia come riorganizzare la Chiesa, quando si dovrebbe interpellarli?
Un ampio cappello teologico apre il documento; quasi a voler scrivere una nuova Lumen Gentium. Ma la Lumen Gentium era frutto di un Concilio, e comunque non era un documento di carattere pratico-organizzativo, come quello che riguarda l’impostazione dei servizi nella Chiesa. Scherzando, un vescovo ci ha detto: “Quando fai una normativa nello Stato della Città del Vaticano sui Pompieri, è inutile che tu metta una premessa teologica sul fuoco, dicendo magari che anche lo Spirito santo agiva nel fuoco…Si sa che è tutto finalizzato alla pastorale…la Chiesa si occupa di anime. Il Codice finisce dicendo: Suprema lex salus animarum…lo dice il Codice stesso. A che serve quel cappello teologico?”.
Il cardinale Maradiaga scrive nella lettera di invio:
“Il Santo Padre coerente col principio da egli stesso dichiarato che Una Chiesa sinodale è una chiesa dell’ascolto desidera che la consultazione sia ulteriormente ampliata, e che pertanto tale testo, per quanto provvisorio, sia sottoposto ad ulteriore esame prima di giungere a conclusione". In realtà in precedenza non era stato inviato nulla. Questa è la prima bozza.
“Detta consultazione, come forse le è noto, è stata già avviata dal Consiglio dei cardinali sin dal principio dei suoi lavori con la raccolta di consigli, soprattutto dai dicasteri della Curia romana. Ora però giunti ad una tappa conclusiva al fine di offrire alla considerazione del Sommo Pontefice un testo ancora più completo sembra opportuno procedere a una ulteriore consultazione di carattere sintetico”. La lettera indica una “Ideale continuità” con la Pastor Bonus, e poi fa riferimento gli interventi che dal 2014 al 2017 il Papa ha rivolto alla Curia Romana in occasione degli Auguri Natalizi. Ora questo è abbastanza umoristico, se si pensa che quegli interventi erano contrassegnati da critiche e appunti severissimi…
“Osservando il testo della bozza, tale indicazione a cominciare da quello della sinodalità, già richiamato, potranno trovarsi senz’altro sin dai primi articoli relativi all’indole pastorale delle attività curiali. Di riferimento sono stati pure altri criteri, fra cui quello della sussidiarietà specialmente nella relazione con le Chiese locali, e anche negli accorpamenti di precedenti dicasteri attuati dal Santo Padre negli anni di precedente pontificato.
Voglia esprimere una valutazione generale;
È pregato di segnalare eventuali lacune e imprecisioni.
Proponga possibili suggerimenti migliorativi.
Formuli particolari indicazioni circa il rapporto della Chiesa romana con le Chiese particolari, le Conferenze episcopali nazionali, le riunioni internazionali di conferenze episcopali, il Conseil des Patriarches catholiques d’Orient e altri analoghi consigli o raggruppamenti”.
Le risposte, come abbiamo visto, vanno inviate possibilmente entro il 31 maggio prossimo. Il che significa che il duo Marx-Maradiaga vuole cercare di “forzare” l’approvazione per il 29 di giugno.
Il testo della bozza però non appare curato e preciso come ci si dovrebbe attendere da una Costituzione che dà le linee per una riorganizzazione strutturale. Parla genericamente di dicasteri, per alcuni accenna a un prefetto, a un segretario o a un sottosegretario; per altri nulla, non si capisce chi li dovrebbe guidare. La “diaconia della carità” viene al terzo posto, dopo Evangelizzazione e Dottrina della Fede. E questo fa alzare più di un sopracciglio: l’esigenza - e la pratica - della carità c’è sempre stata in ogni luogo e tempo nella Chiesa, e si è sempre risposto. Che senso ha un dicastero a questo scopo? Ci sono le Caritas, le diocesi, ogni parrocchia che si attiva; fin dagli inizi è la comunità a essere protagonista. Gli atti ricordano che i fedeli si riunivano intorno all’apostolo, leggevano, facevano comunione, e proporzionatamente alle proprie forze mettevano in comune i beni…
Il testo offre qualche spunto particolare di interesse. Per esempio, parlando della Carità, afferma: “Dicastero per il servizio della carità, cioè l’elemosineria apostolica. Esercita l’opera di assistenza e di aiuto verso i poveri a nome del Santo Padre e dipende direttamente da lui. L’attività del dicastero guidato dal Prefetto, cioè dall’elemosiniere, è quella di rendere concreta la sollecitudine e la vicinanza per le persone o famiglie che vivono in situazioni di indigenza, di emarginazione e povertà come in occasione di calamità. L’elemosineria apostolica è competente a ricevere e altresì a cercare e sollecitare libere donazioni destinate ad alimentare il fondo per le opere di carità. Per lo stesso scopo l’elemosiniere ha la facoltà delegata dal Santo Padre di concedere la benedizione apostolica a mezzo di diplomi quali devono avere la firma dello stesso e il timbro a secco del suo ufficio”. Cioè, in una Costituzione Apostolica si parla della ricerca di sponsor e delle pergamene con le benedizioni del Papa…
E, per esempio, l’Art. 130 è curioso. La Chiesa “Si adopera affinché le conferenze episcopali valorizzino e proteggano le culture indigene con il loro patrimonio di saggezza e il loro equilibrio cosmico e spirituale come ricchezza per l’intera umanità”. Cosmico? I culti della Madre Terra o qualche cosmogonia latino-americana? Ma ne siamo sicuri?
Un ultimo spunto riguarda la Prefettura della Casa Apostolica (attualmente affidata a mons. Georg Gaenswein). La Costituzione prevede che il Prefetto accompagni sì il Pontefice, ma solo in Vaticano. Fuori della Mura insieme non possono uscire. Ci si può augurare, per la dignità della Sede Apostolica, che la bozza giustamente provvisoria incontri una severa revisione. Magari affidata a dei professionisti, magari cardinali in pensione…