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DIVORZIO

Persa Malta, restano le Filippine. Che vacillano

A Manila la Camera discute oggi la legalizazzione del divorzio. Istituzioni e Chiesa Cattolica sono ai ferri corti.
- Il "sì" di Malta, di M. Introvigne

Attualità 01_06_2011
Divorzio alla filippina

 

 

Dopo la sconfitta del fronte del “no” nel referendum celebrato sabato 28 maggio nella cattolicissima Malta, gli unici due Paesi al mondo in cui il divorzio resta illegale sono lo Stato del Vaticano - ovvio - e le altrettanto cattolicissime Filippine. Ma per quanto? Oggi stesso, infatti, a Manila, la Commissione della Camera per la revisione delle leggi discute se legalizzarlo. La richiesta viene dalle deputate Luzviminda Ilagan e Emmi Amaya de Jesús, elette nelle fila del Gabriela Women’s Party, ovvero una formazione parlamentare femminista e socialista generata dall’organizzazione non governativa Gabriela che è un network di advocacy group e associazioni di base nato nel 1984 e intitolato all’eroina meticcia anticoloniale María Josefa Gabriela Cariño Silang (1731-1763).

Non è la prima volta, del resto. È dal 2005 che il Gabriela - allora attraverso la femminista Liza Maza, deputata nel 13° Congresso - cerca una breccia in parlamento, con prodromi risalenti al 1999.

A fianco delle due deputate femministe si è già schierato, lunedì, il presidente della Camera del 14° Congresso del Paese, Feliciano “Sonny” Racimo Belmonte jr., mentre più ambiguo è l’atteggiamento tenuto dal presidente della repubblica, Benigno Simeon “Noynoy” Cojuangco Aquino III, entrambi esponenti del Partito Liberale.

Se infatti per il momento Aquino non si pronuncia trincerandosi dietro il no-comment, c’è sia chi ne ricorda le recenti dichiarazioni di personale contrarietà al divorzio sia chi sottolinea invece quel suo sibillino sussurrare, in pubblico, che, certo, alcuni dissidi coniugali sono così gravi…

La Chiesa Cattolica filippina ha reagito subito. Le dichiarazioni dei vescovi sono unanimi nello stigmatizzare l’avvio di un processo che potrebbe portare al crollo di quest’ultimo bastione mondiale dalla sacralità anche legale del matrimonio. Fra tutte spicca la voce di Oscar V. Cruz, arcivescovo emerito di Lingayen-Dagupan nella provincia di Pangasinan, sull’isola di Luzon, che ha bollato la proposta di legge come «antifilippina». Il presule rinfaccia all’Amministrazione Aquino di avere già sin troppo concesso al dibattito pubblico e all’iter politico-istituzionale permettendo adesso l’arrivo in Commissione dell’offensiva sul divorzio e solo ieri (metà febbraio) la presentazione di un’altra proposta di legge, questa volta sui “diritti riproduttivi”, che la Chiesa teme apra pericolosamente all’aborto e all’eugenetica e che oramai è alla fasi finali di approvazione.

La Conferenza episcopale filippina e l’Amministrazione Aquino sono del resto ai ferri corti da settimane: la prima ha infatti paventano la possibilità di uno sciopero fiscale qualora dovesse passare il disegno sui “diritti riproduttivi” e la seconda minaccia, in quel caso, ritorsioni e sanzioni. Si è persino vociferato di una possibile scomunica del cattolico Aquino, contrario personalmente ? dice ? all’aborto, ma favorevolissimo agli anticoncezionali.

Quando al divorzio oggi illegale, legale nelle Filippine lo è stato a tratti, introdotto nel 1917 (con l’Act 2710) nel caso di adulterio della moglie o di concubinaggio del marito, e ancora in modo questa volta totale durante l’occupazione giapponese dell’arcipelago nel 1943 (E.O. No. 141).

Mentre la Commissione per i Diritti Umani delle Filippine si oppone frontalmente al tentativo di legalizzarlo nuovamente, affermando che viola i diritti umani sanciti dalle Nazioni Unite, lede la psicologia e la dignità della persona, e produce pure guasti socioeconomici enormi, qualcosa evidentemente nel Paese asiatico non va. Nelle Filippine si calcola che i cattolici siano circa l’81% della popolazione, ma stando ad alcuni sondaggi la percentuale dei cittadini favorevoli al divorzio sarebbe altissima, qualcuno parla persino di cifre record vicine all’80%...

Del resto, il Decreto presidenziale n. 1083, noto pure come Codice delle leggi personali musulmane delle Filippine, ovvero Qanun al-Ahwal al-Shakhsiyah li-Muslimi al-Filibin, a certe condizioni consente il divorzio per coniugi che siano entrambi musulmani. Ma questa, evidentemente, è tutta un’altra storia…