Omosessualità, la schizofrenia ecclesiastica
Il documento sulla formazione dei sacerdoti ribadisce il divieto per candidati omosessuali all'ammissione all'ordinazione sacerdotale. Ma allora come mai ci sono vescovi e teologi ad altro livello - per non dire di Avvenire e Tv2000 - che sostengono la normalizzazione dell'omosessualità?
Le nuove istruzioni sulla formazione al sacerdozio toccano ovviamente molti punti, su cui avremo modo di tornare; ma data la situazione della Chiesa oggi, non può non attirare l’attenzione la parte dedicata agli eventuali candidati al sacerdozio con tendenze omosessuali.
La conferma delle indicazioni già note – cioè il divieto di sacerdozio per chi ha tendenze omosessuali profondamente radicate ma anche per chi sostiene la cultura gay – più che rassicurare fa emergere la schizofrenia in materia che caratterizza la Chiesa oggi. Pur tralasciando la non irrilevante realtà di preti e monsignori che purtroppo assecondano certe tendenze, non si può non vedere che negli ultimi decenni si è fatto strada nei seminari e nelle facoltà pontificie un magistero parallelo che pretende di considerare l’omosessualità una normale variante dell’orientamento sessuale.
E negli ultimi tempi tale prassi si è fatta sempre più palese, conquistando apertamente spazio sui media cattolici ufficiali, oltre che essere venuta allo scoperto nel doppio Sinodo dedicato alla famiglia. Avvenire e Tv2000 – come del resto abbiamo fatto notare diverse volte – guidano da tempo il treno catto-gay. Ed è evidente che non potrebbero farlo senza una precisa volontà dell’editore, che è la Conferenza episcopale italiana nella persona di monsignor Nunzio Galantino, lui stesso presentatosi come l’autore del piano editoriale dei media Cei.
Tanto per fare un ulteriore esempio basta sfogliare l’ultimo numero dell’inserto mensile “Noi - famiglia e vita”, dove un grande spazio è dato alla valorizzazione dei gruppi cristiani Lgbt. A parlarne è il gesuita padre Pino Piva, che ormai è un punto di riferimento fisso per Avvenire e Tv2000, colui che detta la linea.
Come nel miglior stile clericale si gioca sull’ambiguità di parole come "accoglienza" e "ascolto", e per fare questo si dipinge una Chiesa che nel passato non ha mai voluto ascoltare né accogliere: una chiara menzogna, che non trova riscontro né nei documenti ufficiali né nella prassi quotidiana; lo possono dimostrare migliaia di sacerdoti che nel loro ministero si sono trovati molte volte ad ascoltare e accompagnare persone con tendenze omosessuali.
Ciò che invece padre Piva e chi guida Avvenire e Tv 2000 vuole non è l’accoglienza delle persone ma la legittimazione di uno stile di vita. Si ricorderà come a Tv2000 lo stesso padre Piva portò esperienze di coppie omosessuali, così come tutti possono verificare come durante il dibattito sulla legge Cirinnà, Avvenire ha difeso a spada tratta la legittimità di riconoscere le unioni omosessuali (seppure da non definire famiglia) come portatrici di un incremento di solidarietà nella società. Lo dimostra inoltre anche il fatto che in tutta questa valorizzazione di cammini pastorali per persone Lgbt vengono ignorate dalla Cei le esperienze che accompagnano davvero le persone con tendenze omosessuali secondo il giudizio della Chiesa (vedi Courage e Associazione Lot). E ancora: è diventato ormai un appuntamento fisso ad Albano Laziale l’incontro annuale dei gruppi cristiani Lgbt sotto l’egida del vescovo Marcello Semeraro, segretario del Consiglio dei cardinali che affianca il Papa per la riforma della Curia.
Di pari passo si fa sempre più forte la richiesta di cambiare anche il catechismo della Chiesa laddove afferma che l’omosessualità è «oggettivamente disordinata», peraltro con nuove interpretazioni decisamente fantasiose dei passi biblici in cui si parla di omosessualità.
Questo documento della Congregazione per il Clero è dunque importante nel ribadire la verità del disegno creatore di Dio, che non è rivedibile a seconda delle ideologie di moda. Ma proprio per questo non si capisce come possa essere lasciata allora mano libera a questa tendenza catto-gay che, come abbiamo visto, è in tumultuosa crescita e ben piazzata ai vertici della Chiesa. E se ai seminaristi con certe tendenze radicate o che sono sostenitori della cultura gay (magari perché hanno seguito l’insegnamento di qualche vescovo) si deve dire di no per l’ordinazione sacerdotale, cosa si deve fare con coloro che, già sacerdoti e vescovi, presentano gli stessi problemi? E chi dovrebbe intervenire sui media Cei per correggere la rotta?
Sono domande a cui la Congregazione per il clero, se vuole essere presa sul serio, dovrebbe rispondere.