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IL CASO

Omosessualità, il vescovo Chaput contro padre Martin

Al libro omosessualista di padre Martin sj ha risposto l’arcivescovo di Filadelfia, Charles Chaput, per cui “Gesù non è venuto a confermarci nei nostri peccati e comportamenti distruttivi, qualunque essi siano, ma a redimerci. Come dice nel la Lettera ai Romani.

Ecclesia 14_07_2017

È polemica crescente intorno al libro che James Martin, S.J. ha scritto – “Building a bridge, Costruire un ponte – in tema di comunità LGBT. Il sacerdote gesuita, recentemente nominato consultore per le Comunicazioni Sociali della Santa Sede, sembra considerare le pratiche omosessuali non peccaminose, e senza tenere conto di quanto scrive al riguardo il Catechismo della Chiesa cattolica. Gli ha risposto l’arcivescovo di Filadelfia, Charles Chaput, che gli ha ricordato quello che scrive San Paolo nella lettera ai Romani, 1:21-27, in cui si condannano le pratiche omosessuali, ha ribadito che “Gesù non è venuto a confermarci nei nostri peccati e comportamenti distruttivi, qualunque essi siano, ma a redimerci. Se la Lettera ai Romani dice la verità – scrive ancora Chaput – le persona che mantengono relazioni impure (e siano omosessuali o eterosessuali) hanno bisogno di conversione, non semplicemente di un appoggio. Se la Lettera ai Romani è falsa, allora l’insegnamento cristiani non solo è sbagliato, ma è una menzogna malvagia. Affrontare questo con franchezza è l’unico modo di avere una discussione onesta”.

In questo senso l’arcivescovo critica il libro del gesuita, perché manca di sottolineare l’essenza “di ciò che separa i fedeli cristiani da coloro che non vedono nessun peccato nelle relazioni sessuali con persone dello stesso sesso. La Chiesa non si limita all’unità per preziosa che sia, ma all’unità nell’amore di Dio radicato nella verità”.

Mons. Chaput ha aggiunto che “ciò che facciamo con i nostri corpi è importante, perché è strettamente legato all’identità e al senso umano. Se la nostra vita non ha un senso più alto di quello che troviamo noi stessi, allora il sesso è semplicemente un altro tipo di argilla malleabile. Possiamo conformarlo nel modo che ci piace. Però se le nostre vite hanno uno scopo più elevato, e come cristiani troviamo questo senso nella parola di Dio, allora lo ha anche la nostra sessualità”. Perciò continua Chaput, “agire in un modo che viola questo scopo si converte in una forma di autoabuso”. Infine ha ammesso che “questo può essere un insegnamento difficile” e perciò “è facile vedere perché tante persone cercano di addolcire o ignorare le parole di San Paolo”.

“In una cultura di conflitto adeguarsi è sempre il cammino meno doloroso. Però non porta da nessuna parte. Non ispira nulla. ‘Incastrarsi’ in una società dalla sessualità profondamente in disfunzione porta alla rovina che vediamo in tante altre comunità cristiane moribonde”.

Padre Martin è noto per le sue posizioni filo LGBT. In un programma televisivo molto seguito ha detto che gli piace la canzone “Born this way”, di Lady Gaga, diventato l’inno annuale della comunità LGBT in cui la cantante finge di masturbarsi, e che gli sembra che il testo sia preso da un salmo. Il 25 giugno mandò i suoi saluti su Twitter “agli amici LGBT” augurando loro di divertirsi al Gay Pride in programma. E nei giorni scorsi ha esortato i preti omosessuali a fare coming out, non si capisce bene a quale scopo. James Martin esorta a non confondere omosessualità e pedofilia, e ha ragione. Ma dimentica che secondo il John Jay College l’81 per cento dei sacerdoti condannati negli Stati Uniti per abusi aveva tendenze omosessuali, come si evince da questo rapporto (clicca qui). Il che deve certamente essere materia di riflessione.

La Chiesa ha sempre detto che il problema non sono le tendenze omosessuali, ma la pratica dell’omosessualità. Ed è quello che dicono i documenti e il catechismo. Ma ci sono quelli che sembrano ben desiderosi di varcare questa linea divisoria, dimenticando non solo l’insegnamento millenario, ma anche quanto affermato dai testi divinamente ispirati.

Uno di questi è il vescovo di San Josè, Patrick McGrath. Di recente un altro vescovo, Paprocki, ha fatto sapere che gli omosessuali praticanti non avrebbero dovuto presentarsi a  ricevere la comunione, né chiedere un rito funebre religioso, se non avessero mostrato segni di pentimento. McGrath, senza fare il nome di Paprocki, ha detto: “Recenti notizie sulla politica e la pratica in relazione a membri della comunità LGBT in altre diocesi possono causare confusione. Prendo quest’opportunità per assicurarvi che la risposta pastorale nella diocesi di San Josè rimane proprio questa: compassionevole e pastorale. Non rifiuteremo i sacramenti o la sepoltura cristiana chiunque li richieda in buona fede”. McGrath ha spiegato la sua decisione citando il Pontefice: “Infine, ricordiamo e lasciamoci guidare dalle parole di papa Francesco: ‘l’Eucarestia non è un premio per i perfetti ma una potente medicina e nutrimento per i deboli”.

 Il sito web della diocesi presenta un “Ministero per i cattolici LGBT” che una volta al mese offre una messa “Tutti sono benvenuti” per i “cattolici LGBT, le loro famiglie, amici e tutti i nostri fratelli e sorelle in Cristo”. In precedenza sul giornale diocesano è apparso un articolo in cui si diceva che Gesù avrebbe partecipato alla Marcia delle Donne pro aborto perché “i valori della Marcia era particolarmente in linea con l’insegnamento sociale cattolico”. Veramente la confusione sotto il cielo della Chiesa appare grande…