Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
L'INTERVISTA

Omo-benedizioni, la condanna di Schneider

“Impartire una benedizione a una coppia omosessuale significa benedire il peccato non solo degli atti sessuali fuori del matrimonio, ma quello di atti sessuali fra persone dello stesso sesso, cioè benedire il peccato della sodomia, che è considerato da quasi tutta la storia umana e dall’intera tradizione cristiana come un peccato che grida al cielo". Così il vescovo Athanasius Schneider

Ecclesia 18_05_2018

Mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Santa Maria in Astana, ha risposto ad alcune domande poste da Maike Hickson, di OnePeterFive. Ne abbiamo tradotto alcune, che ci sembravano particolarmente adatte alla situazione della Chiesa nel nostro Paese e in Europa, rimandando i lettori all’originale dell’intervista, molto interessante e profonda. Oltre alla benedizione delle coppie omosessuali, il vescovo parla di intercomunione, e di vescovi che non fanno il loro dovere. E dell’omissione di una correzione da parte del Pontefice.

La prima domanda è relativa alla proposta, suggerita da alcuni vescovi tedeschi, di una qualche forma di benedizione per le coppie omosessuali. Su questo punto mons. Schneider ha risposto:

“Impartire una benedizione a una coppia omosessuale significa benedire il peccato non solo degli atti sessuali fuori del matrimonio, ma quello di atti sessuali fra persone dello stesso sesso, cioè benedire il peccato della sodomia, che è considerato da quasi tutta la storia umana e dall’intera tradizione cristiana come un peccato che grida al cielo (Vedi Catechismo della Chiesa Cattolica. N. 1867). Perché tale peccato grida al cielo? Perché annulla, oltraggia e contraddice direttamente la natura della sessualità umana nella mutua complementarità dei due sessi, così come è stata creata dall’infinita saggezza di Dio. Gli atti omosessuali o le relazioni omosessuali sono direttamente contro la ragione e ogni logica, e contro l’esplicita volontà di Dio. Gli atti omosessuali sono intrinsecamente senza senso che uno può paragonarli, per esempio con la sciocchezza di ostruire il meccanismo di una cintura di sicurezza dell’auto, laddove la connessione “lingua” (maschio) è inserita nella parte “fibbia” (connessione femminile). Ogni persona dotata di senso comune può riconoscere l’assurdità di usare una cintura di sicurezza che abbia solo due lingue o due fibbie. Non funzionerà; e in molti casi provocherà la morte perché la cintura non sarà allacciata. Così anche gli atti omosessuali causano morte spirituale e non poche volte la morte fisica a causa dell’estremo rischio di contagio sessuale. Quando dei sacerdoti promuovono la benedizione delle relazioni omosessuali stanno promuovendo un peccato, che grida al cielo, e promuovono un assurdo logico. Quei sacerdoti stanno commettendo quindi un grave peccato e il loro peccato è anche più grave di quello dei partner omosessuali che loro benedicono, perché stanno stando a quelle persone un incentivo a una vita di peccati continui, e gli espongono di conseguenza al rischio della condanna eterna. Quei sacerdoti certamente sentiranno da Dio – al momento del loro giudizio personale – queste gravi parole: “Se io dico al malvagio: Tu morirai! e tu non lo avverti e non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta perversa e viva, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te”. (Ezechiele, 3.18). I sacerdoti che stanno benedicendo le pratiche omosessuali stanno reintroducendo un tipo di prostituzione dei templi pagani. Un tale comportamento clericale è simile all’apostasia e ad essi sono pienamente applicabile queste parole della Sacra Scrittura: “Perché si sono infiltrati fra di voi certi uomini (per i quali già da tempo è scritta questa condanna); empi che volgono in dissolutezza la grazia del nostro Dio e negano il nostro unico Padrone e Signore Gesù Cristo” (Giuda 4).

Un altro fra i diversi temi toccati nell’intervista riguarda la discussa bozza di sussidio pastorale con cui i vescovi tedeschi propongono, in alcuni casi, di dare la comunione a coniugi protestanti di persone cattoliche, basandosi sul pretesto della grave emergenza spirituale. Ecco l’opinione di mons. Athanasius Schneider:

“Sin dai tempi degli Apostoli (Atti, 2:42) l’integrità della fede (doctrina Apostolorum), la comunione gerarchica (communicatio) e la comunione eucaristica (fractio panis) sono connesse inseparabilmente l’una con l’altra. Ammettendo una persona battezzata alla Santa Comunione , la Chiesa non dovrebbe mai dispensarla dal professare l’integrità della Fede cattolica e apostolica. Non è sufficiente chiederle solamente la fede cattolica nel sacramento dell’Eucarestia (o nel sacramento della Riconciliazione o dell’Unzione degli infermi). Ammettere una persona battezzata alla Santa Comunione, e non esigere da lei come prerequisito indispensabile l’accettazione di tutte le altre verità cattoliche (per esempio i dogmi del carattere gerarchico e visibile della Chiesa, il primato giurisdizionale del Pontefice romano, l’infallibilità del Pontefice romano, dei Concili ecumenici e del Magistero universale e ordinario, i dogmi mariani ecc.) significa una contraddizione alla necessaria unità visibile della Chiesa e alla natura dei Sacramento eucaristico stesso. L’effetto preciso della Comunione eucaristica è proprio la manifestazione della perfetta unione dei membri della Chiesa nel segno sacramentale dell’Eucarestia. Quindi la ricezione stessa della Santa Comunione nella Chiesa cattolica, - anche in casi eccezionali – da parte di un cristiano protestante o di un ortodosso costituisce, in definitiva, una menzogna. Contraddice il segno sacramentale e l’intima realtà sacramentale in quanto essi, i non cattolici ammessi alla Santa Comunione, volontariamente continuano ad aderire visibilmente alle credenze rispettivamente delle loro comunità protestanti o ortodosse…Questo principio contraddice la Tradizione apostolica e la pratica costante della Chiesa cattolica nel corso di duemila anni. Già nel periodo post-apostolico del secondo secolo la Chiesa romana osservava questa regola, testimoniata da San Giustino: “Questo cibo è chiamato da noi Eucaristia, e a nessuno è lecito parteciparne, se non a chi crede che i nostri insegnamenti sono veri” (Apol. I 66). Il problema creato recentemente dalla Conferenza dei vescovi tedeschi è, per essere onesti, solo la logica conseguenza delle concessioni problematiche formulate dal canone 844 del Codice di Diritto Canonico”.

L’intervistatrice ricorda che per la comunione in mano si iniziò a livello regionale, per giungere poi a un’applicazione perla Chiesa  universale. Schneider: “Secondo la logica della fragilità umana, il dinamismo della pressione ideologica, e l’effetto di contaminazione dei cattivi esempi, casi eccezionali di comunione data ai protestanti avranno, nel corso del tempo, una larga applicazione, che sarà poi molto difficile da fermare”.

Secondo mons. Schneider, “quando c’è il pericolo reale che in una Chiesa particolare l’integrità della fede cattolica e la corrispondente pratica sacramentale siano danneggiate, il Pontefice romano deve esercitare il suo proprio dovere e correggere questi difetti così da proteggere il semplice fedele da una deviazione dell’integrità della fede cattolica e apostolica. Quando dei vescovi agiscono in modo contrario al loro dovere, che afferma che devono ‘promuovere e salvaguardare l’unità della fede e la disciplina comune all’intera Chiesa’ il romano Pontefice deve intervenire a causa del suo compito di essere ‘il maestro di tutti i fedeli’, e anche ‘il supremo insegnante della Chiesa universale’. Quando durante una navigazione alcuni degli officiali cominciano a fare dei buchi nel fianco della nave, il capitano non può dire: ‘Non interferisco, perché voglio seguire il principio della decentralizzazione’. Ogni persone di buon senso considererà un comportamento del genere irresponsabile e assurdo, perché avrà conseguenze fatali. Se questo è vero per la vita fisica, quanto più è vero per la vita sovrannaturale delle anime! Quando, comunque, vescovi locali fanno il loro lavoro bene, promuovendo e conservando la fede, la disciplina e la liturgia della Chiesa, il Papa non dovrebbe in nessun modo limitare le loro iniziative. In questo caso, ci sarebbe una sana decentralizzazione”.