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FINE MANDATO

Obama premia Biden e punisce i cubani

L’amministrazione Obama si chiude con una grande cerimonia auto-celebrativa. Il presidente uscente ha decorato con la Medaglia Presidenziale della Libertà, il più alto riconoscimento civile degli Stati Uniti, il suo vicepresidente Joe Biden. E nel frattempo, proprio a proposito di libertà, Obama ha negato ai cubani il diritto di essere accolti come rifugiati politici prioritari negli Stati Uniti.

Esteri 14_01_2017
Balseros cubani

L’amministrazione Obama si chiude con una grande cerimonia auto-celebrativa. Il presidente uscente ha decorato con la Medaglia Presidenziale della Libertà, il più alto riconoscimento civile degli Stati Uniti, il suo vicepresidente Joe Biden. Poco prima, lo stesso Barack Obama è stato decorato dal suo segretario alla Difesa Ashton Carter con la medaglia per il Distinguished Public Service. E nel frattempo, proprio a proposito di libertà, Obama ha negato ai cubani il diritto di essere accolti come rifugiati politici prioritari negli Stati Uniti.

C’è poco da dire sulla medaglia conferita a Joe Biden. Si è trattato di una cerimonia solenne con un alto tasso di spettacolarizzazione: il discorso di ringraziamento del presidente a un servitore dello Stato “esemplare” con una vita sofferta, le lacrime di Biden, la sensazione di essere in un happy ending. La scelta fa e farà discutere a lungo. Come mai un presidente premia il suo vice? Era mai capitato prima? Il numero due della Casa Bianca è una carica più simbolica che reale. Il suo vero potere è quello di sostituire il presidente in carica in caso di morte, dimissioni o assenza. Solo due volte, in passato, dei vicepresidenti degli Stati Uniti sono stati decorati con la Medaglia Presidenziale della Libertà e solo uno dal suo presidente in carica: Nelson Rockefeller, decorato dal suo presidente Gerald Ford nel 1977, più per la sua attività di imprenditore e filantropo che non di politico. Morì due anni dopo, fu quasi un riconoscimento storico alla carriera. Il secondo fu Hubert Humphrey, per mano di Jimmy Carter nel 1980. Humphrey, però, non lavorò come vice di Carter, ma di Johnson ed era già defunto da due anni quando gli venne assegnata la medaglia alla sua memoria. Decorare il proprio vicepresidente al termine del secondo mandato è dunque possibile, ha un solo vero precedente (Rockefeller) e suona come una scelta auto-celebrativa.

Esattamente come la medaglia civile del Pentagono conferita a Obama da un ministro, Ashton Carter, che lui stesso ha nominato. Anche in questo caso ci sono precedenti recenti: sia Bill Clinton che George W. Bush hanno ricevuto la stessa onorificenza dai loro segretari alla Difesa (rispettivamente Cohen e Gates) nel 2001 e nel 2009, alla fine del loro secondo mandato. Si tratta, dunque, di una tradizione recente: il comandante in capo premiato dal Pentagono come una sorta di ringraziamento. Ma è e resta una tradizione discutibile, perché è, di fatto, un auto-premio. E Obama non l’ha affatto disdegnato, benché si sia sempre presentato come un presidente all’insegna della discontinuità.

Una medaglia dedicata alla Libertà, assegnata al proprio vice, è indicativo di come l’amministrazione Obama si percepisca come liberatrice. Da cosa? Oltre a tutte le battaglie sul fronte interno, dalla Obamacare ai matrimoni gay, Obama nel suo discorso finale ha vantato anche successi internazionali. Fra cui l’apertura “al popolo di Cuba”. Proprio a questo proposito, il presidente uscente ha cancellato la legge “wet foot, dry foot” che dal 1995 regolava l’immigrazione da Cuba. Un anno dopo la crisi del balseros, che si concluse con una strage di quanti cercavano di fuggire negli Usa, un Congresso a maggioranza repubblicana e il presidente democratico Clinton avevano introdotto la nuova norma, in base alla quale ogni cubano che riesce a metter piede in territorio statunitense, anche se sprovvisto di documenti, riceve il permesso di soggiorno. Visto che anche in Europa si parla di rifugiati, negli Usa questo spirito era stato applicato finora ai fuggitivi di una vera persecuzione politica. Obama, però, nel nome della sua “apertura”, l’ha cancellata. “Con effetto immediato, i cittadini cubani che cercano di entrare negli Stati Uniti illegalmente o non risultano avere le qualifiche per l’assistenza umanitaria, saranno soggetti a respingimento, coerentemente con le leggi statunitensi”.

Frasi che stonano, se pronunciate dal presidente che ha fatto dell’immigrazione una sua bandiera. Si devono costruire ponti, per molti, ma non per tutti. Non per quella minoranza cubana che, nelle ultime elezioni, ha votato Trump. Fa parte del capitolo di premi e punizioni che caratterizza questa ultima settimana del primo inquilino nero della Casa Bianca.