«Noi cristiani copti, il nostro vanto nell'essere martiri di Cristo»
Il segreto di una fede incrollabile spiegato da Padre Antoin Alan, sacerdote copto di Alessandria: «Da sempre il nostro credo è provato e in Egitto siamo un capro espiatorio. Ma, chiamati a patire, non temiamo, abbiamo gioia e perdono nel cuore perché ciò ci unisce al sacrificio di Cristo». Così le chiese sono piene, soprattutto a Pasqua: «La liturgia e la messa sono l'essenza della nostra fede».
Colpiti ripetutamente, consapevoli di essere un capro espiatorio di tutte le forze interne al paese, i cristiani copti d’Egitto si apprestano a celebrare la Pasqua “con letizia nonostante gli attentati di domenica. Anzi, con ancor più fervore, riempiono numerosi le Chiese: perché per noi la Pasqua è il culmine della gioia, il premio del nostro sacrificio unito a quello di Cristo”. A parlare con fierezza dopo le stragi di Tanta e Alessandria, dove domenica scorsa 47 cristiani sono morti e 126 sono stati feriti, è padre Antoin Alan, egiziano di Alessandria trasferito nel 2013 a Roma come parroco nella chiesa dei cristiani copti.
La vostra chiesa è martoriata da secoli, ma negli ultimi anni le persecuzioni stanno aumentando, con un’escalation durante le cosiddette “primavere arabe”. Come mai?
Le cosiddette “primavere arabe” sono state fomentate facendo leva sul desiderio di migliorare la situazione del paese per ottenre l’effetto contrario: creare disordine e così incrementare il potere dei gruppi radicali. Questi sono riusciti così in ciò che avevano già progettato da anni: il presidente Mubarak fu sostituito dal governo islamico radicale di Morsi, creando problemi enormi ai cristiani. In questo periodo, infatti, i membri dei Fratelli musulmani furono inseriti all’interno delle istituzioni e dell’amministrazione governativa, seminando un radicalismo intollerante. Le violenze contro i cristiani in quel periodo erano infatti ripetute, perché i radicali islamici attaccavano continuamente le chiese, le scuole e i conventi.
Poi nel 2013 prese il potere al-Sisi. Come è cambiata da allora la situazione dei cristiani?
Da quando Morsi è stato deposto il 30 luglio del 2013, la situazione è mutata perché il presidente al-Sisi è un mussulmano filo moderato con obiettivi precisi: combattere il terrorismo interno al paese e, come dichiara in tutti i suoi discorsi, cambiare il linguaggio delle predicazioni nelle moschee e nelle scuole, data la presenza dei radicali all’interno delle istituzioni e delle università. Ritengo che questo sia molto importante.
Eppure gli attentati continuano.
Al tempo di Mubarack gli attentati, giunti all’apice con Morsi, erano già all’ordine del giorno. Da sempre i cristiani vengono usati nel conflitto fra il governo e l’islam radicale. Noi siamo gli obiettivi utilizzati per dare l’immagine di un paese istabile e senza libertà. Sappiamo di essere un capro espiatorio di due forze, delle istituzioni e degli islamisti, che ci usano entrambi nella loro lotta per il potere, come accade ai cristiani in tutto il Medio Oriente.
Come vivete la persecuzione? Temete la scomparsa dei cristiani?
Le posso testimoniare che accade il contrario: ho appena finito di parlare con un giovane egiziano che mi ribadiva che le chiese sono sempre più piene. Più cresce la persecuzione più la fede aumenta: la risposta della nostra gente è incredibile, fa commuovere. Ripeto, quando una chiesa viene attaccata si riempie più di prima. Mi ha impressionato vedere la testimonianza del figlio del custode della cattedrale di Alesandria attaccata dal kamikaze domenica. Suo padre lo aveva fermato chiedendogli di sottoporsi ai controlli. Questo ha costretto il terrorista a farsi saltare in aria fuori dalla chiesa riducendo il numero delle vittime. Perciò il figlio del custode parlava di lui come di un martire eroe, spiegando di essere non solo fiero ma grato di poter offrire al suo bambino che nascerà fra due settimane l’eredità della fede di un nonno martire. E' incredibile, ma davvero questa gente non ha paura. Basti pensare che subito dopo l’attentato i parrocchiani hanno dichiarato di essere consapevoli da sempre del proprio ruolo di martiri. E anche le predicazioni sono sul perdono e la preghiera per i nemici.
Da dove nasce una fede per cui i fedeli sono disposti a perdere la vita piuttosto che non partecipare alla Messa?
Per noi la celebrazione e la liturgia sono tutto. Le nostre liturgie sono lunghe e profonde, perché la Messa é essenziale per un cristiano: è l'incontro con Cristo che fa dei fedeli una cosa sola con il corpo del Signore. Durante i funerali c’è un momento in cui tutta la liturgia si ferma e il popolo insieme invoca ripetutamente in coro “oh Dio, oh Dio…salvaci” testimoniando una fede potentissima. Per questo, ad esempio, mia madre, che abita davanti a una chiesa controllata e blindata, va sempre e comunque a Messa. Soprattutto durante la Settimana Santa, in cui si prega tutto il giorno, si digiuna e si fa penitenza in attesa della Pasqua.
Non temete nemmeno di portare i bambini piccoli in chiesa?
Sappiamo che morire martiri è un privilegio: per il mondo é una follia, ma la fede semplice della mia gente la rende consapevole che la vita non finisce qui e che il martirio è una grazia che ha come premio la vita eterna.
Come celebrerete questa Pasqua?
La Pasqua è il centro della vita e dell'anno e la vivremo come sempre nella preghiera e nel digiuno, con veglie anche notturne in Chiesa. Siccome la chiesa copta vive una vita di penitenza tutto l'anno, con solo 100 giorni in cui non vige il digiuno, attendiamo la Pasqua di resurrezione con grande trepidazione. Perché la Pasqua ci dà speranza di fronte ad ogni persecuzione, anche quella sottile che sperimentiamo ogni giorno, ricordandoci che Dio è vivo e che noi vivremo con Lui per sempre. Per questo la fede semplice dei copti è una fede comunque gioiosa.