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MOSTAR

Medjugorje, niente comunione a divorziati risposati

Non si può dare la comunione a chi vive in situazioni oggettive di peccato. È quanto chiarisce il vescovo di Mostar, monsignor Ratko Peric, in un documento pubblicato in applicazione della Amoris Laetitia, che ripercorre l'insegnamento della Chiesa in materia. L'indicazione si applica a tutti i pellegrini che si recano a Medjugorje - che fa parte della diocesi di Mostar - e riguarda anche i sacerdoti che li accompagnano.

Ecclesia 27_11_2016
Confessioni a Medjugorje

«I cattolici sposati validamente che abbiano successivamente divorziato e si siano nuovamente sposati, non possono ricevere la santa Comunione fino a quando non avranno risolto la propria situazione in contraddizione con la Legge di Dio». È quanto si legge nella circolare pubblicata nei giorni scorsi dal vescovo di Mostar-Duvno, Ratko Peric, in applicazione dell'esortazione apostolica Amoris Laetitia.

La diocesi di Mostar-Duvno, in Bosnia-Erzegovina, è conosciuta in tutto il mondo per il fatto che secondo la testimonianza di sei veggenti, all’interno dei suoi confini, più precisamente a Medjugorje, dal 24 giugno 1981 appare la Vergine Maria con il titolo di Regina della Pace.

A motivo del grandissimo afflusso di pellegrini da tutto il mondo, la recente circolare inviata dal vescovo mons. Ratko Peric ai sacerdoti della sua diocesi e di quella di Trebinje-Mrkan, che egli governa in qualità di Amministratore Apostolico, sull’accesso ai sacramenti dei cattolici divorziati e risposati, non è di interesse esclusivamente locale, bensì riguarda tutti i sacerdoti che, come recita la Dichiarazione di Zara del 1991 dell’allora Conferenza Episcopale jugoslava sui fatti di Medjugorje, accompagnano spiritualmente i fedeli che vi si recano, «così che a Medjugorje e con Medjugorje si possa promuovere una sana devozione verso la Beata Vergine Maria, in armonia con l'insegnamento della Chiesa».

In questa sua circolare, mons. Peric cita diversi documenti papali pubblicati negli ultimi trentacinque anni, nei quali, egli afferma, «si insegna in modo chiaro e univoco che i cattolici sposati validamente che abbiano successivamente divorziato e si siano nuovamente sposati, non possono ricevere la santa Comunione fino a quando non avranno risolto la propria situazione in contraddizione con la Legge di Dio». Tuttavia il vescovo aggiunge che i sacerdoti non devono spezzare il legame che unisce tali persone alla fede e alla Chiesa, e che, «soprattutto se essi sono colpiti da grave malattia o sul letto di morte», li devono visitare e offrire loro «le preghiere e i santi sacramenti che queste persone, in tali circostanze e se sono pentiti, possono, devono e hanno il diritto di ricevere».

Il vescovo di Mostar menziona anzitutto la Familiaris Consortio di san Giovanni Paolo II, laddove viene stabilito che le coppie in situazioni irregolari, che per vari motivi non possono separarsi, possano accedere ai sacramenti solamente qualora s’impegnino a vivere nella continenza perfetta.

Segue la citazione del canone 915 del Codice di Diritto Canonico, nel quale si afferma che non possono accedere alla Comunione le persone che «ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto», nonché del canone 712 del Codice di Diritto Canonico per le comunità cattoliche di rito orientale, dove si recita che «devono essere allontanati dal ricevere la Divina Eucaristia coloro che sono pubblicamente indegni”. Viene inoltre citato il n° 1650 del Catechismo della Chiesa Cattolica, nel quale si ribadisce che la Chiesa, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo «non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il primo matrimonio». Se i divorziati si sono risposati civilmente, «essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio» e quindi «non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione». La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza «non può essere accordata se non a coloro che si sono pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, e si sono impegnati a vivere in una completa continenza».

Viene poi citata la lettera del 1994 della Congregazione per la Dottrina della Fede in occasione dell’Anno internazionale delle famiglie, dove si afferma che i pastori e i confessori hanno il grave obbligo di ammonire i fedeli che vivono una situazione famigliare irregolare ed avvertirli che essi vivono «in aperta contraddizione con la dottrina della Chiesa».

Mons. Peric infine menziona l’interpretazione ufficiale del canone 915 da parte del Pontificio Consiglio dei testi legislativi del 2000, il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, l‘Esortazione Apostolica post-sinodale Sacramentum Caritatis di Benedetto XVI del 2007, documenti che ribadiscono la dottrina della Chiesa in materia, nonché la dichiarazione del cardinal Müller del 2016 secondo il quale «le norme della Familiaris Consortio al n° 84 e della Sacramentum Caritatis al n° 29 sono tuttora valide, e applicabili in ogni caso».

Il vescovo di Mostar rammenta inoltre che chi «assume il servizio di insegnare e di annunciare a nome della Chiesa ha giurato di svolgere il proprio compito in osservanza dei documenti della Chiesa vincolanti dal punto di vista giuridico». Restano quindi in vigore, prosegue mons. Peric, le disposizioni secondo le quali la comunione eucaristica non può essere concessa senza assoluzione sacramentale, e tale assoluzione «non può essere data a una persona che viva in una comunione matrimoniale irregolare o non sia sposata in chiesa». Ai sacerdoti delle sue diocesi egli ricorda le parole di san Paolo nella prima lettera a Timoteo di non farsi complice dei peccati altrui, e afferma: «Non dire a un altro che una cosa non è peccato, quando, obiettivamente, lo è. Non lodare il disordine e il male altrui, e soprattutto non farlo nel sacramento della confessione, affinché tu stesso non diventi partecipe e mentore della condanna di qualcuno». 

Quanto alla Amoris Laetitia, mons. Peric spiega semplicemente che si tratta di «una lettera rivolta ai fedeli con la quale il Papa risveglia l’attività religiosa, aiuta e stimola a superare le difficoltà, incoraggia i cattolici, volgendo la loro attenzione ad alcuni pericoli e sulle cattive conseguenze di essi». 

Il vescovo di Mostar, rimanendo fedele alla dottrina tradizionale della Chiesa, si allinea perfettamente alle modalità di “accompagnamento” – tanto per usare una parola oggi molto di moda – mostrate dalla Regina della Pace. Come testimoniano molti fedeli in situazioni familiari irregolari che si sono convertiti a Medjugorje (vedi ad esempio qui), presso la Madonna non c’è spazio per la falsa misericordia che finge di non vedere il peccato insito nelle situazioni matrimoniali irregolari e nelle convivenze. La Vergine Maria accoglie tutti tra le sue braccia, e nello stesso tempo, con amore, esorta il peccatore a convertirsi, a tornare a Gesù abbandonando la vita di peccato. Le guarigioni spirituali, anche in ambito familiare, che avvengono a Medjugorje testimoniano che la strada della conversione e dell’abbondono del peccato indicata dalla Madonna a conferma della dottrina della Chiesa, e ora nuovamente messa nero su bianco da mons. Peric, è l’unica strada che può guarire le ferite di tante anime sofferenti.