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SESSUALITA'

L'Oms gioca al dottore con i bebé

Linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità per adattare i bambini ai nuovi modi di vivere la sessualità. Un'educazione (che non deve essere affidata ai genitori) che parte dal gioco del dottore a 0 anni e arriva alla fecondazione assistita a 15.

Vita e bioetica 31_10_2013
Organizzazione Mondiale della Sanità

Se la pianta piccola cresce storta, l'albero non sarà mai dritto. Pare però che ci sia qualcuno che abbia tutto l’interesse affinché la pianticella cresca storta e così rimanga in futuro. Ci riferiamo al documento “Standards for Sexuality Education in Europe” elaborato nel 2010 da 19 esperti – 16 donne e 3 uomini – e poi firmato dal Centro Federale per l’Educazione alla Salute, un organismo del governo tedesco, e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sezione europea (Oms). Si tratta di alcune linee guida utili ai “politici, alle autorità educative e sanitarie e agli specialisti” del settore per impartire, come Europa comanda, l’educazione sessuale ai minori di 53 paesi dell’area europea e zone limitrofe. Il Centro Federale tedesco, vero cervello di tutta l’operazione, si occupa di cooperazione internazionale ed è membro di EuroHealtNet una rete no profit di enti pubblici e privati europei che operano all’interno del mondo della sanità.

Queste linee guida tornano alla ribalta oggi perché ad esse rimanda la bozza di risoluzione dell’europarlamentare Edite Estrela dal titolo “Salute e diritti sessuali e riproduttivi”, bozza che come abbiamo ricordato da queste colonne qualche giorno fa è stata rimandata dal Parlamento europeo alla Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. Il contenuto della risoluzione Estrela nella sezione che riguarda l’educazione dei minori deve molto all’apporto fornito dagli “Standards for Sexuality Education in Europe”.

Il documento dell’Oms composto di 65 verbosissime pagine si apre chiarendo che il compito di condurre i bambini e i ragazzi alla scoperta delle loro facoltà sessuali ricade prima di tutto sulla scuola, sugli psicologi, psicoterapeuti e sessuologi e non sui genitori che “non sono all’altezza del compito” e poi questi spesso “si imbarazzano ad affrontare l’argomento”. Meglio lasciar fare ad altri dunque.

Le linee guida proseguono stabilendo che l’educazione sessuale deve iniziare sin dai primissimi giorni di vita e deve perciò essere inserita come materia obbligatoria nelle scuole primarie e secondarie.

La parte più interessante del documento è quella finale dove attraverso uno schema diviso per fasce di età si indicano le informazioni da fornire ai giovanissimi educandi e le capacità che questi devono sviluppare.

Proviamo a darne un sunto per tematiche trattate. In primis ci sono gli aspetti legati alla sessualità.  L’intenzione degli estensori era quella di fornire, così dicono, una visione “olistica” della sessualità, cioè omnicomprensiva. L’informazione data ai minori avrebbe dovuto quindi interessare la fisiologia, la psicologia, la sociologia, l’affettività, etc. Naturalmente gli aspetti morali non sono stati minimamente toccati e naturalmente la “visione olistica” è stata ridotta a miopia empirica perché gli elementi fisiologici della sessualità la fanno da padroni. Più che sessualità pare mera genitalità.

Innanzitutto per la fascia di età che va dai neonati – “zero anni” è ciò che si legge nelle linee guida – ai quattro anni è doveroso informare il bebè che esiste un vero e proprio “diritto di indagare la propria nudità e il proprio corpo e un diritto di essere curiosi”. Una volta che l’infante avrà esplorato il proprio corpo occorre spronarlo affinché comunichi le proprie sensazioni positive e negative e “manifesti le proprie necessità, voglie e limiti ad esempio nel contesto del ‘gioco del dottore’”. Il “gioco del dottore” poi pare che debba essere condotto in piena libertà perché un’altra indicazione preziosa è quella secondo cui il piccolo deve essere spronato a “seguire il proprio istinto”. Banale a dirsi che sin dai primi vagiti è salutare seguire la regola aurea che prescrive che ogni piacere venereo è di per se stesso buono. Infatti i pedagoghi dell’Oms ritengono doveroso, a beneficio dello scolaro infante, “informarlo sul piacere e sul godimento che si sperimenta quando si accarezza il proprio corpo e sulla masturbazione precoce infantile”. Subito dopo scatta la remora di tranquillizzare il piccolo: occorre infatti fargli capire che “il piacere delle parti intime è aspetto normale nella vita di tutti”. Sdoganata così la masturbazione e qualche acerbissimo giochino erotico in età da culla si passa, per i fanciulli di 4-6 anni, a stimolarli in merito alla condivisione dei loro “problemi sessuali” (quali potrebbero essere tali problemi in questa età rimane un mistero) e a confortarli in merito al fatto che “qualsiasi sentimento è ok”. Come ogni piacere va bene per il fatto di essere piacevole così è anche per i sentimenti. Per i più grandicelli, parliamo di bambini tra i 6 e i 9 anni, è già tempo di parlare di eiaculazione e mestruazioni.

Questo perché, così annotano le linee guida, occorre sempre anticipare le problematiche sessuali rispetto ai tempi naturali di apprendimento del bambino: si deve giocare in contropiede e così se una certa cosa sul sesso non si è ancora affacciata nell’innocente testolina del pupo ecco che l’Oms ci pensa lei a farglielo presente anzitempo. Ovviamente, tengono a precisare, le favolette sulla cicogna e cavoli sono bandite perché “miti” e stereotipi. Occorre puntare tutto sulla cruda realtà e che nessun pargolo per piacere si scandalizzi e si metta a piangere.

I 9 e i 12enni, sempre all’insegna del “prima è meglio è”, devono essere aiutati “a decidere in modo responsabile se avere o non avere esperienze sessuali”.

In ossequio allo spirito che anima molte organizzazioni internazionali che si occupano di fecondità e maternità, se parli di sessualità non ti puoi esimere dal parlare anche di contraccezione. Fino ai 5 anni i bambini vengono risparmiati dall’apprendere a forza qualcosa su questo tema, ma allo scattare del sesto anno ecco che è doveroso inoculare nelle loro verdissimi menti i rudimenti della contraccezione ed anche qualche nozione sulla “pianificazione familiare”. Tra i 9 e i 12 anni hanno già le competenze necessarie per districarsi tra le “differenti tipologie di contraccettivi” e per comprendere il “loro uso”. È dovere dell’educatore inoltre sfatare i molti “miti della contraccezione”. Infine è necessario “incoraggiarli ad usare realmente un domani preservativi e contraccettivi”. Tutto questo a 12 anni.

Per i 12-15enni, consci che ormai stanno già avendo le loro prime esperienze sessuali, è importante formarli su quelle condotte o abitudini che potrebbero rendere inefficaci le metodiche contraccettive.

La contraccezione in questo documento è testa di ponte poi per transitare a parlare dell’aborto. Già prima che il cittadino dell’Unione Europea si muova a carponi, questi deve far sua la massima sessantottina che recita: “il mio corpo appartiene a me”. Una mente così ben (de)formata un giorno quindi non avrà problemi a decidere di abortire il figlio non voluto e di porre fine alla propria esistenza non più piacevole perché il suo corpo è solo suo. Verso i 9-12 anni invece occorrerà spiegare che ci sono “pericoli e conseguenze del sesso non sicuro (gravidanze indesiderate)”. Rimanere incinta quando ancora si va a scuola e come una gravidanza indesiderata potrà pesare anche sulle proprie scelte lavorative future sono invece temi da toccare tra i 12 e i 15 anni. Quando comunque arriva un figlio non voluto, così si consiglia, c’è sempre la “pillola del giorno dopo”. Infine per gli over 15 è bene far sapere loro che “il diritto di aborto” è tutelato dall’Europa e che c’è la Corte Europea dei diritti dell’uomo pronta a dare loro una mano in tal senso.

Nelle linee guida c’è anche spazio per trattare della fecondazione artificiale – argomento adatto per i bambini di soli 6 anni – e della maternità surrogata – tema consono ad un ragazzo di 15 anni.

Naturalmente la sessualità così come è stata concepita dall’Oms non deve conoscere barriere di nessun genere, è proprio il caso di dirlo. Ed infatti dagli zero ai 4 anni bisogna spiegare al pargolo che questi vanta “il diritto di scoprire la sua identità di genere”. Tra i 4-6 anni sono già pronti per fagocitare qualche nozione di base “sull’amicizia o sull’amore tra persone dello stesso sesso” e sul fatto che esistono “concezioni diverse di famiglia”. Arrivati ai 9 anni sono ormai svezzati, ben disposti a sapere che esiste una “differenza tra identità di genere e sesso biologico”, questo anche perché bisogna far nascere in loro “una favorevole disposizione verso l’uguaglianza di genere nei rapporti interpersonali e nella scelta del partner”. Giunti alla soglia dei 12 anni è tempo di illustrare i prodigi della provetta magica, capace di dare figli anche a coppie omosessuali. Un accenno infine viene fatto al fenomeno del coming out delle persone omosessuali.

La fondazione spagnola CitizenGO sta raccogliendo firme on line per tentare di bloccare la diffusione di questo documento. Ecco il link del sito dove poter firmare: http://www.citizengo.org/it/443-ritiri-il-documento-standards-sexuality-education-europe?sid=MzE4MDcxNDc4NTg3MDMx