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SCENARI

Lo strano interesse della borghesia laica per la Chiesa

In pochi giorni la borghesia laica ha iniziato a vezzeggiare la Chiesa. Ha iniziato Galli della Loggia sul Corriere deliminatdo i campi di intervento dei cattolici; poi un convegno e una presentazione di un libro. A che cosa mira l'intelighenzija laica? A circoscrivere la missione della Chiesa limitandola solo all'ambito assistenziale e a discutere sui massimi sistemi?

Editoriali 03_06_2017
Ernesto Galli Della Loggia

Il nostro è un Paese che la borghesia “laica” di cultura post-illuministica si è inventato, si è fatto, e poi nella sostanza non ha mai condiviso con nessuno. Ogni altra presenza  è stata o emarginata o più che altro sopportata. Persino negli decenni della Guerra fredda, quando la principale forza politica di governo era la Democrazia Cristiana. Anche allora tutto il resto, ovvero quel che conta davvero (dalla scuola alla stampa e alla cultura, dalle arti alla Confindustria),  restava nella mani della borghesia “laica”. E compito principale della stampa, del cinema e della cultura era quello di tenere  in moto senza tregua  una campagna di delegittimazione del “partito di maggioranza relativa”.

In tale orizzonte ogni variazione merita di venire considerata attentamente. E’ questo il caso della sequenza di eventi cui ha dato il via un editoriale di Ernesto Galli Della Loggia dal titolo “L’impegno politico della Chiesa” apparso sul Corriere della Sera dello scorso 28 maggio. “(…) nella prospettiva che oggi sembra prevalere nel mondo cattolico e fuori di esso”, egli osserva, “alla Chiesa dovrebbero venire affidate principalmente due  missioni. Occuparsi in special modo di coloro che a vario titolo sono vittime di situazioni di disagio, di privazione, di sofferenza (…). E in secondo luogo (…) denunciare e far luce sui grandi mali strutturali del mondo: dalla distruzione della natura all’ingiusta divisione delle risorse, dal commercio delle armi alle grandi migrazioni umane (...)”.

Tale scelta, osserva Galli Della Loggia, lascia però “in certo senso irrisolto” un problema non da poco. “Tra il livello planetario dei mali del mondo da un lato, e dall’altro quello dell’«ospedale da campo» per le moltitudini di individui, manca insomma una chiara messa a fuoco” sul ruolo della Chiesa in quello che egli definisce l’ambito, “intermedio”. In tale ambito la Chiesa, i cristiani, hanno ancora un compito specifico? 

Secondo Galli Della Loggia la risposta è sì, in particolare in Paesi come il nostro. Fare politica “può voler dire molte cose. Può voler dire brigare per posti, denari e favori, o invece avere una visione del mondo diversa da quella vigente, organizzare pezzi di società, dare loro voce, proporre soluzioni. E naturalmente, come accade in tutte le faccende umane, capita che vi sia un’area in cui i due ambiti si lambiscono o addirittura si sovrappongono.

Il che è di sicuro capitato anche alla Chiesa, al clero e ai cattolici italiani quando hanno «fatto politica»: cioè sempre” (…) in un modo ovviamente ogni volta diverso hanno fatto politica don Bosco e don Sturzo, don Morosini e i sacerdoti della Brigata Osoppo, hanno «fatto politica» la Fuci di Montini e l’Azione cattolica di Gedda così come la «Comunità di Sant’Egidio» (il cui presidente è stato addirittura ministro della Repubblica) o «Comunione e Liberazione». E per dirne un’altra: c’è per caso qualcuno convinto che nelle elezioni del ‘48 la Chiesa avrebbe fatto meglio a non «fare politica»? (…) 

“A me pare che la storia dell’Italia moderna”, conclude Galli Della Loggia, “ci dica che in generale il Paese non ha certo scapitato dall’impegno politico dei cattolici (…). Di quell’impegno dei cattolici l’Italia ha forse ancora oggi bisogno”.

Passa un giorno da questo sorprendente riconoscimento e un altro tempio della borghesia “laica”, l’Istituto di Studi di Politica Internazionale, Ispi, ospita nella sua sede di Milano l’incontro pubblico di presentazione di un corso di formazione politica a cura del Servizio per la Pastorale Sociale e il Lavoro della Diocesi di Milano. Il corso, a cura dei professori Francesco Botturi e Giancarlo Rovati dell’Università Cattolica del S. Cuore, viene presentato da Luciano Violante, da Maria Pia Garavaglia e da mons. Luca Bressan, vicario episcopale del card. Scola. Modera il vicedirettore del Corriere Venanzio Postiglione.

Passa un altro giorno e il 31 maggio presso la Fondazione Corriere della Sera viene presentato a Milano  Postcristianesimo? Il malessere e le speranze dell’Occidente, il nuovo libro del card. Scola edito da Marsilio. Alla presenza del Cardinale ne parlano tre figure di primo piano dell’intellighenzjia  “laica” italiana: Salvatore Natoli, ordinario di filosofia all’università degli Studi Milano Bicocca, Angelo Panebianco, editorialista del Corriere della Sera, e Gianni Riotta, editorialista de La Stampa. 

Postcristianesimo?, che continua il discorso iniziato dal Cardinale con Un mondo misto, edito da Jaca Book, è un manifesto di filosofia, anzi di teologia politica che delinea un orizzonte sullo sfondo del quale dei laici di fede e di cultura non subalterna  potrebbero ben costruire una nuova proposta politica libera da tutte le varie eredità democristiane di destra, di centro e di sinistra. Non c’è spazio adesso per parlarne adeguatamente. Ce ne occuperemo in una prossima occasione. Qui ci limitiamo a concludere osservando che una tale concatenazione di eventi o è una sorprendente serie di coincidenze casuali, o è l’inizio di qualcosa di nuovo e di molto rilevante.