L'eutanasia preventiva, l'abisso olandese
Accettata l’eutanasia ne consegue che il problema si sposta solo al quando. In Olanda si sono inventati l’eutanasia preventiva. A volte accade anche dopo una diagnosi di una malattia degenerativa, ancor prima dell'insorgenza piena. Come la storia di Annie Zwijnenberg.
In Olanda, terra di tulipani e di crisantemi, si sono inventati l’eutanasia preventiva. In realtà l’eutanasia è sempre preventiva, ossia si vuole evitare che il paziente soffra ponendo fine anzitempo alla sua esistenza. Meglio prevenire che curare. Tradotto: meglio anticipare la morte che curare. E in questo caso la malattia si chiama vita e la cura è la morte.
Accettata l’eutanasia ne consegue che ora il problema si sposta solo al quando. Detto in altri termini, posto che sia giusto uccidere una persona per non farla soffrire, sia fisicamente che psicologicamente, quando è giusto ucciderla? Prima che soffra in modo indicibile, prima che inizi a soffrire anche in modo sopportabile, prima che perda la coscienza di sé, la propria lucidità? La domanda in Olanda se la sono posta, soprattutto in merito a quest’ultimo aspetto. Infatti nei Paesi Bassi per accedere all’eutanasia occorre che la decisione del paziente sia pienamente libera, che vi sia presente una condizione di "sofferenza insopportabile senza prospettiva di miglioramento" oppure che si preveda che tale diventerà (requisito, quello riguardante l’impossibilità di miglioramento, che interessa tutti i mortali) e che non esiste "alcuna alternativa ragionevole" (anche questo requisito è presente nella esistenza di tutti noi perché la morte è per ognuno di noi inevitabile).
Soffermiamoci sul primo aspetto: la libera decisione di farla finita. E se il paziente non è più presente a se stesso perché ad esempio è affetto da una patologia neurodegenerativa? In punta di diritto il suo consenso non sarebbe valido (ma il pragmatismo olandese spesso pone efficacemente rimedio alle rigidità legali). E dunque bisogna agire per tempo.
Ecco perché Annie Zwijnenberg, di anni 81, ha deciso di farsi ammazzare dopo che il suo medico le aveva comunicato che era affetta da Alzheimer. “Lei ha detto dopo cinque secondi di esitazione: 'OK, allora so cosa voglio'", ha raccontato la figlia Anneke. La vicenda di Annie è stata raccontata nel documentario “Prima che sia troppo tardi” del regista olandese Gerald van Bronkhorst. La pellicola ricorda che Annie amava la montagna, le passeggiate, sciare, poi è arrivata la diagnosi della malattia e quindi la decisione di chiudere gli occhi per sempre. Racconta la figlia: "Le ho chiesto, 'Cosa vuoi fare prima di morire?' Abbiamo fatto un bel pranzo, riso e pianto. Non c'era un domani quella sera, era così speciale”. Nella notte prima dell’esecuzione la madre scrive una lettera a Dio “chiedendogli di prendersi cura dei suoi figli. Sapeva che se c'era un Dio sarebbe stato un Dio veramente amorevole e tollerante". Una benedizione dall’alto dell’eutanasia.
Poi arriva l’ultimo giorno. "Sei sicura di voler bere il miscuglio che ti darò?" chiede il dottore ad Annie. "Sai che ti farà addormentare e non ti sveglierai più?". Lei risponde: "Ci ho riflettuto ancora una volta ieri sera, dall'inizio alla fine e in definitiva questo è quello che voglio, lo faccio solo per me stessa, questo è ciò che è meglio per me". E poi c’è chi dice che parlare di egoismo nell’eutanasia è da persone insensibili.
Annie non esita quando le viene dato un bicchiere di liquido trasparente contenente una dose letale di sedativo. Lo beve, lamentandosi solo del suo gusto amaro. Annie si addormenta profondamente, tanto che inizia a russare. Ad un certo punto qualcuno dice di fronte a questa donna che sta per morire: “Ho fame, ci facciamo un panino?". La banalità del male, direbbe la Arendt. Annie continua a dormire e i dottori, preoccupati che non morisse, le fanno una iniezione letale, come il colpo alla nuca inferto ai condannati a morte dopo la fucilazione, tanto per essere sicuri che siano davvero deceduti.
Nel 2002, in Olanda furono dichiarate alle autorità 1.882 casi di eutanasia. Nel 2017 siamo saliti a 6.585. In questo stesso anno, 166 pazienti con demenza in fase iniziale sono deceduti per eutanasia e solo tre con demenza in stadio avanzato. Ciò a dire che ormai la tendenza è questa: se prevedi che la vecchiaia o qualsiasi altra patologia ti toglierà la lucidità, è meglio togliere il disturbo anzitempo. Dunque si rimane in vita solo se sani, coscienti, brillanti e normodotati. E poi c’è ancora qualcuno che ha il coraggio di stigmatizzare le teorie ariane sulla purezza della razza.
I casi come quelli di Annie sono quindi più frequenti di quello che si pensi, tanto che ormai per indicare questa tipologia di eutanasia preventiva si usa l’espressione sinistra “cinque minuti prima di mezzanotte”. Come Cenerentola, si vuole lasciare il ballo della vita solo all’ultimo momento, quando ormai la festa è davvero finita, perché siamo qui su questa Terra solo per godere, non certo per soffrire.