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CASO BARROS

Le scuse del Papa aprono il fronte sui suoi informatori

"Chiedo perdono a tutti coloro che ho offeso e spero di poterlo fare personalmente". Il Papa interviene sul caso del vescovo Barros e promette di rimediare ammettendo di essere stato malinformato. Un gesto inequivocabile che però apre un fronte caldissimo: quello sui suoi informatori. Dal dossier pedofilia alla cacciata degli officiali di Muller, fino a chi soffia consigli sui buoni e sui cattivi. 

Ecclesia 13_04_2018

«Per quanto mi riguarda, riconosco e così voglio che lo trasmettiate fedelmente, che sono incorso in gravi sbagli di valutazione e di percezione della situazione, specialmente per mancanza di informazione veritiera ed equilibrata. E fin d'ora chiedo perdono a tutti coloro che ho offeso e spero di poterlo fare personalmente, nelle prossime settimane, negli incontri che terrò con i rappresentanti delle persone che hanno testimoniato». Con questo passaggio inequivocabile Papa Francesco chiede scusa e ammette di essersi sbagliato sul caso spinoso del vescovo cileno Juan Barros di Osorno.

Le polemiche si erano accese in occasione del viaggio apostolico in Cile dello scorso gennaio, quando Francesco aveva chiaramente difeso Barros dalle ripetute accuse di aver coperto, e in qualche modo anche partecipato, a episodi di abusi su minori attribuiti a padre Fernando Karadima, oggi ultraottantenne. I fatti contestati all’anziano sacerdote risalgono agli anni ‘80-‘90 del secolo scorso e nel 2011 è stato riconosciuto colpevole dalla congregazione per la Dottrina della fede, condannato a ritirarsi a una vita di preghiera e penitenza, con pubblico divieto di qualsiasi esercizio di ministero. Ma le vittime hanno sempre accusato anche altri prelati che sono stati molto vicini al Karadima, oltre a Barros, i vescovi Andres Artega, ausiliare di Santiago, Tomislav Koljatic, vescovo di Linares, e Horacio Valenzuaela di Talca.

Ma «…non c'è una singola prova. È tutto calunnia. È chiaro?», disse Francesco a un giornalista a margine della messa celebrata fuori dalla città di Iquique durante il suo viaggio apostolico in Cile. Una difesa reiterata quella del Papa, che nel 2015, già in piena contestazione, aveva nominato proprio Barros a vescovo di Osorno. Peraltro il Vaticano, attraverso la Congregazione per la Dottrina della fede, aveva condotto su Barros e gli altri vescovi vicini a Karadima un’istruttoria che aveva portato alla decisione di esonerarli dai loro uffici. Ma con una lettera firmata dal Papa nel gennaio 2015 e inviata ai vescovi cileni quella richiesta di esonero venne di fatto bloccata.

Ora, dopo aver letto l’imponente dossier redatto dal vescovo maltese Charles Scicluna, il Papa chiede scusa e convoca in modo inusuale e straordinario i vescovi cileni in Vaticano nel prossimo mese di maggio. Le oltre 2000 pagine del dossier compilato dall’inviato speciale del Papa ascoltando 64 testimonianze, hanno evidentemente fatto ricredere Francesco; e se per ora nessuna decisione è stata presa, c’è da aspettarsi che qualche testa possa cadere. A partire da quella del vescovo di Osorno.

«Dopo una lettura meditata degli atti di questa missione speciale», scrive Francesco nella lettera diffusa mercoledì sera, «credo di poter affermare che tutte le testimonianze raccolte parlano in modo scarno e senza edulcorazioni di molte vite crocifisse e vi confesso che questo mi causa dolore e vergogna». Proprio in difesa delle vittime si era espresso con una lettera molto forte il cardinale di Boston Sean O’Malley durante la visita del Papa in Cile, aprendo una specie di contenzioso tra il cardinale stesso, presidente della Pontificia commissione per la tutela dei minori, e Francesco.

Qualcuno quindi deve aver male informato il Papa, fornendogli delle notizie non veritiere ed equilibrate per usare le stesse parole del pontefice nell’ultima lettera. I principali indiziati sono il cardinale Javier Errázuriz, 84 anni, per decenni vero patron della chiesa cilena, e l’attuale arcivescovo di Santiago, cardinale Ricardo Ezzati. Soprattutto il primo, oggi emerito, è un porporato di fiducia di Francesco, tanto da chiamarlo a far parte del gruppo di nove cardinali che lo coadiuva nel governo della chiesa e per questo rappresenterebbe l’ennesimo caso di uno stretto collaboratore del pontefice che non si rivela tanto affidabile.

Le recenti dimissioni di don Dario Edoardo Viganò da super segretario delle comunicazioni vaticane con un misunderstanding colossale non con uno, ma con ben due papi, è solo il più eclatante di una serie di casi che evidenziano le informazioni spurie che girano intorno a Francesco. All’inizio del pontificato vi fu il caso di monsignor Battista Ricca che nel giugno 2013 venne nominato dal Papa prelato dello Ior, mentre pochi giorni dopo gli arrivarono informazioni sul passato non proprio chiaro del monsignore durante la sua permanenza presso la nunziatura in Uruguay. Ma il Papa, prima della nomina, aveva letto il fascicolo che riguardava Ricca e lo aveva trovato immacolato: dove erano finiti i rapporti da Montevideo redatti dal nunzio dell’epoca e che erano arrivati a Roma?

Poi c’è il caso dei tre sacerdoti officiali della Dottrina della fede che furono licenziati in tronco nel dicembre 2016 quando ancora il prefetto era il cardinale Gerhard Muller, e per i quali lo stesso Muller dichiarò in alcune interviste che «dobbiamo licenziare le persone solo se fanno degli errori». Lasciando così intendere che qualcuno doveva aver informato il Papa su presunti errori che a giudizio del cardinale non corrispondevano affatto a verità.

Il problema su chi, e come, informa Francesco sembra essere una realtà. Lui ha sempre dichiarato di non leggere i giornali, a parte dieci minuti la mattina il quotidiano Repubblica, come dichiarò in un’intervista del 2015, né guarda la Tv. Nemmeno il web sembra essere una sua fonte di informazione, anche se in questo settore c’è chi lo fa per lui. Specialmente quando si tratta dei siti «della cosiddetta resistenza», come ha detto in un colloquio con i suoi confratelli gesuiti proprio durante il viaggio in Cile, «se c’è qualcosa di molto serio, me ne informano perché lo sappia». Sarebbe interessante sapere chi è che informa il Papa sui buoni e sui cattivi che animano il web perché, visto i casi più o meno recenti, c’è da sperare che siano affidabili e imparziali.