La sindrome di Stoccolma dei catto-ostaggi del mondo
Il mondo è riuscito ad operare una sorta di sequestro del pensiero di tanti cattolici, che, nella sostanza, pensano che il pensiero laicista e massonico circa la storia della Chiesa abbia reale fondamento. E' la sindrome di Stoccolma del cattosequestrato.
Chiunque può verificare su Wikipedia che la “sindrome di Stoccolma” viene così definita: “si intende un particolare stato di dipendenza psicologica e/o affettiva che si manifesta in alcuni casi di vittime di episodi di violenza fisica, verbale o psicologica”. Tale sindrome è più nota per i casi di sequestro di persona.
Ebbene, leggendo tale definizione mi è venuto in mente che larga parte del mondo cattolico è palesemente vittima della sindrome di Stoccolma. Esistono, infatti, tutti i fattori costitutivi di tale fattispecie.
Esiste, infatti, il sequestro: non quello violentemente fisico, ma quello del pensiero, a volte eseguito anche con mezzi sostanzialmente violenti, visto che considero violenta, psicologicamente parlando, ogni forma di menzogna. Quello che il Vangelo definisce come “mondo”, infatti, usa per lo più la menzogna per sequestrare il pensiero della gente. Ritengo che il “mondo” sia riuscito ad operare una sorta di sequestro del pensiero di tanti cattolici. Vi sono molti sintomi a tale proposito. Tanti cattolici, nella sostanza, pensano che il pensiero laicista e massonico circa la storia della Chiesa abbia reale fondamento. E quindi, ad esempio, pensano che effettivamente il Medioevo sia stato un’epoca oscura oppure che il Sillabo abbia costituito un’operazione illiberale. I libri scolastici di storia, redatti per lo più da autori laicisti, molto raramente offrono un’immagine positiva del Cristianesimo e questo giudizio segue i ragazzi anche se poi, magari, frequentano un oratorio, dove molto difficilmente viene loro trasmesso un pensiero diverso.
Anche a livello filosofico è successa la stessa cosa ed un pensiero “relativista” è penetrato anche in larga parte del popolo cattolico. Anche il concetto di carità, che costituisce la rivoluzione portata dal cristianesimo in modo assolutamente originale, viene spesso fatta decadere, anche negli ambienti cattolici, a puro solidarismo. Se pensiamo all’esito dei famosi referendum su divorzio ed aborto, si capisce come il pensiero “radicale” abbia sequestrato la mente di tanti cattolici e, di conseguenza, di tanti italiani. Recentemente, un premier dichiaratamente cattolico e praticante ha voluto a tutti i costi che venisse approvata la legge sulle unioni civili. Nello spazio di un articolo non posso approfondire questo argomento, ma credo che il concetto sia chiaro: un pensiero non cattolico ha sequestrato il pensiero di tanti cattolici (mi pare che il Beato Paolo VI esprimesse la stessa preoccupazione verso la fine del suo pontificato).
Ma questo sarebbe il meno, anche perché questo pericolo esisterà sempre. Il guaio è che il sequestro è stato seguito, come spesso capita, dalla sindrome di Stoccolma, che ha contagiato tanti cristiani in generale e, quindi, anche tanti cattolici sequestrati. Costoro, in casi sempre più frequenti, si sono venuti a trovare in uno stato di dipendenza culturale, psicologica ed anche affettiva verso i sequestratori, nei confronti dei quali prevale spesso un senso di ammirazione che fa pensare ad un principio di invidia. E questa posizione fa scattare frequentemente una sorta di corsa all’imitazione. Il sequestratore è visto sempre come un soggetto “migliore” di sé, più capace di conoscere e capire la realtà, il che pone il cristiano sequestrato in una posizione di inferiorità psicologica verso il “libero pensatore”.
Il frutto evidente di questo cammino dei sequestrati è proprio quello di farli vivere con un complesso di inferiorità verso il pensiero degli altri, nei cui confronti viene a cadere la certezza portata da Cristo. Il modo con cui “Berlicche” induce i cristiani in questo stato è quello di far credere loro che questo complesso di inferiorità sia necessariamente dovuto al senso di “carità” e di “apertura” cui i cristiani sono obbligati dalla loro dottrina. In realtà sbagliano: esso è dovuto, appunto, alla sindrome di Stoccolma.
Non è finita qui. I trattati su tale “sindrome” dicono che essa può contagiare anche il sequestratore. Mi pare che sia esattamente ciò che è avvenuto anche nel nostro caso. La sindrome di Stoccolma, infatti, ha pervaso anche molti sequestratori laicisti e massonici, molti dei quali, ultimamente, sono soliti esibire grandi lodi nei confronti di certi cattolici (si tratta di una sindrome attenuata, perché lascia liberi di scegliere i cattolici da lodare). Come può avvenire questo sorprendente fenomeno? A mio parere, avviene in questo modo. Il sequestratore separa Cristo dalle conseguenze etiche e pratiche del cristianesimo e così facendo gli è possibile applaudire alla prassi dei cristiani, senza sentirsi obbligati dalla loro dottrina, dal loro più profondo pensiero. I sequestratori del pensiero cristiano sono, per esempio, molto contenti che i cristiani soccorrano i migranti o i barboni o i disabili e sono anche disposti a lodarli pubblicamente per questo, anche perché l’aiuto dei cristiani permette loro di avere tempo per fare quello che affettivamente desiderano: gestire il potere reale.
Insomma, mi pare che si stia creando una sorta di cerchio che coinvolge tutti i protagonisti del sequestro, rendendoli felici e contenti.
L’incontro con Cristo ci ha resi liberi, come ci è stato spesso ricordato dalla liturgia pasquale. Il vero antidoto alla sindrome di Stoccolma è vivere fino in fondo, aiutati dalla comunità dei credenti, la libertà che la presenza nella storia di Cristo ci ha donato. E fortunatamente abbiamo moltissimi esempi positivi in proposito: dai martiri cristiani che in gran parte del mondo scelgono di dare la vita piuttosto che rinnegare Cristo alla immensa schiera di cristiani semplici che ogni giorno testimoniano Cristo con le loro parole, con la loro vita e con le loro opere. Il fenomeno che ho descritto, forse, riguarda soprattutto i cattolici dell’Occidente: ma noi viviamo in questo mondo e dobbiamo prenderne atto con sano realismo.