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La pieve di San Pietro in Sylvis

S. Pietro in Sylvis, la pieve più antica (risale al VI-VII Secolo) del Ravennate, sorge dove un tempo esisteva un tempio pagano. Edificio sobrio, è celebre per i suoi affreschi, restituiti ai loro colori originali da un restauro di 40 anni fa.

Cultura 30_11_2013
S. Pietro in Sylvis

Dicono sia la pieve più antica e meglio conservata del Ravennate ma per alcuni addirittura di tutta la Romagna. Databile intorno al VI-VII Secolo, San Pietro in Sylvis sorge nelle vicinanze della città di Bagnocavallo dove una volta esisteva un tempio destinato al pubblico culto, come alcune iscrizioni marmoree dedicate a Giove confermano.

La semplicità dell’aspetto esterno, in mattoni rossi, dell’abside poligonale e della facciata a capanna tripartita da lesene, trova continuità nello spazio interno suddiviso in tre navate da arcate a tutto sesto e da pilastri disadorni e privi di capitello dove, però, sono sparsi frammenti di affreschi raffiguranti ben otto figure, di carattere devozionale, della Vergine, che compare sempre incoronata. Due scalinate conducono al presbiterio sopraelevato rispetto al livello della chiesa. Al centro è collocata una scultura di grande pregio risalente al VI secolo e, quindi, alle origini stesse di questo edificio. Si tratta di un altarolo di marmo greco, un tempo sormontato da ciborio, decorato nella superficie rivolta all’assemblea, da due palmizi di datteri, simbolo di vita eterna.

Da qui si possono ammirare gli affreschi del catino absidale, sottoposti negli anni ’70 ad una campagna di restauro che ne ha eliminato i rifacimenti sovrapposti nel corso dei secoli, restituendo loro i colori originali. L’opera, che risente degli influssi del Giotto padovano, è attribuita al maestro Pietro da Rimini, attivo in questa sede nel secondo decennio del XIV secolo. Nonostante alcuni brani siano andati irrimediabilmente perduti, il ciclo pittorico offre ancora alla meditazione dei fedeli, la Rivelazione divina del Cristo attraverso il Suo Vangelo, che trova riscontro nell’immagine del Pantocratore, purtroppo privo di volto, recante in mano un libro aperto e affiancato dagli Evangelisti, di cui sono ancora leggibili le figure di Matteo e Marco con i rispettivi simboli dell’angelo e del leone. E ancora la Redenzione del Cristo Crocefisso, raffigurato tra la Madonna e San Giovanni, a fianco dei quali si snodano le teorie degli Apostoli, ciascuno con in mano un codice o un rotolo, che rappresentano la missione della Chiesa nel mondo.

Tracce di affreschi più tardi si riscontrano anche all’ingresso dove è ancora visibile una Deposizione del XV secolo. L’intervento più rilevante rispetto al modello protoromanico di chiesa  corrispose all’apertura della cripta sottostante l’altare, avvenuta presumibilmente nell’XI secolo: si tratta di un semplice, ma suggestivo, ambiente ad oratorio con volte a crociera, realizzato con materiale di reimpiego nelle colonne e nell’altare, antica lastra di marmo del VI secolo.