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IL BELLO DELLA SCUOLA/14

La letteratura è viva quando siamo vivi noi

Il racconto è ancora capace di conquistare e avvincere. L’insegnamento della letteratura non può avere a che fare solo con l’acquisizione di nozioni e di dati, a discapito della dimensione dell’incontro, di un duplice incontro: con l’autore e con l’opera, la cui bellezza ha in sé un Mistero più grande di qualsiasi analisi.

Cultura 29_09_2019

L’insegnamento della letteratura, così come delle altre discipline, è strettamente connesso con una passione. L’insegnante è innamorato e catturato (così almeno credo che dovrebbe essere) di ciò che insegna e che ha deciso di imparare prima e di insegnare poi, perché ne è stato colpito e conquistato. Qualsiasi insegnante non dovrebbe mai dimenticarsene.

Letteratura, bellezza, arte riguardano, poi, l’ambito di tutto l’umano, ovvero l’avventura affascinante di inoltrarsi nella realtà, di conoscerla meglio, così come pure di conoscere meglio l’uomo e il suo cuore, immutabile nel corso della storia. Per questa ragione l’insegnamento della letteratura non può avere a che fare solo con l’acquisizione di nozioni e di dati. Certo è indispensabile che al ragazzo siano presentati un contesto, l’autore, la sua poetica, le sue opere. Non devono, però essere esasperati e assolutizzati il particolare, l’analisi, la vivisezione dell’opera, come talvolta accade, a discapito della dimensione dell’incontro, di un duplice incontro: con l’autore (a cui porre domanda, da cui attingere risposte, ecc.) e con l’opera (la cui bellezza ha in sé un Mistero più grande di qualsiasi analisi).

Nella cultura contemporanea si sono perduti, purtroppo, il fascino e la magia dell’incontro e del racconto. Leggere coincide sempre con l’incontrare un autore e i personaggi dell’opera con le loro domande. Il mondo adulto che vuole innovare la scuola, che si lamenta dello scarso interesse del mondo giovanile, spesso non crede più nel fatto che la grandezza dell’arte oggettivamente abbia in sé un fascino e una potenzialità educativa straordinari. La letteratura ha in sé stessa la facoltà di catturare l’attenzione, la passione, l’entusiasmo dei ragazzi.

Il racconto, che da sempre ha affascinato l’uomo, è ancora capace di conquistare e avvincere. Purtroppo, però, il più delle volte questo non accade, nemmeno nella scuola, ove spesso la letteratura è morta. Ormai da decenni anche in Italia si è assistito all’invasione dello strutturalismo, arrivato più tardi che altrove. Il suo impatto sullo studio della letteratura è stato imponente e, oserei dire, devastante. Nelle antologie i testi sono stati deprivati del loro valore artistico per divenire strumenti di esercizio per l’acquisizione di una competenza.  A scuola di rado le opere vengono lette integralmente. È più comodo non interrogare i testi e gli autori, ma ridurre le opere, renderle mute, seguire mode didattiche.

Nel panorama degli insegnanti ci sono i tradizionalisti (legati a quanto e a come è stata loro insegnata la letteratura) e i modernisti (legati alle nuove mode). Raramente, invece, l’insegnante si pone in modo personale, interroga personalmente le opere e rifà, riscopre e rincontra gli autori attraverso la reale lettura delle loro opere. Possiamo dirlo con certezza, però, nonostante tutto quello che accade: la letteratura è viva e parla, ma ad una condizione, che le si pongano le giuste domande, quelle che rendono il patrimonio letterario un universo sempre contemporaneo.

Educare e insegnare la letteratura hanno a che fare con il «desiderio del mare aperto», di cui parla Antoine de Saint-Exupéry nella Cittadella quando scrive: «Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere compiti, […] insegna l’amore per il mare aperto».

Insegnare la letteratura (come ogni altra disciplina) non ha a che fare con la noia del particolare slegato dal desiderio di navigare. Se si toglie la brama del navigare, per quale motivo si dovrà faticare a tagliare la legna? Quali passi possono introdurre un giovane ad apprezzare davvero lo studio della letteratura? Provo solo a offrire spunti, indicazioni di metodo, per una strada che potrebbe aprire orizzonti impensati. Le proposte partono tutte da esperienze realizzate e verificate negli anni di insegnamento.

In primo luogo, è fondamentale mostrare ai ragazzi come i versi dei grandi poeti illuminino la realtà e momenti di vita, come quando mi capita di guardare la Luna e di chiedermi con Leopardi: «Che fai tu, luna, in ciel?/ Dimmi, che fai,/Silenziosa luna?». O come quando ti ricordi i versi di Dante «Quando li piedi suoi lasciar la fretta,/ che l’onestade ad ogn’atto dismaga» e così ti rammenti di compiere bene anche il più piccolo gesto, perché la fretta rende meno belle le azioni.

In secondo luogo, perché, uno studente possa riscoprire il piacere della lettura e della letteratura occorre che riscopra prima il piacere di coltivare la propria arrière boutique (il proprio retrobottega, cioè lo spazio della propria interiorità, mi piace chiamarlo con il nome di «anima»). Personalmente, chiedo ai miei studenti che tengano un diario, ma sarebbe più corretto chiamarlo zibaldone, uno spazio proprio in cui raccontarsi, in cui fermarsi a riflettere e chiedersi che cosa capiti nella loro vita (incontri, discussioni, sogni e aspirazioni, letture e film, ecc). La scrittura diventa, così, abituale e lo studio della letteratura avviene ad opera di persone che iniziano ad avere maggiore dimestichezza con lo strumento della lingua.

In terzo luogo è necessario che si possa iniziare ad incontrare la letteratura dall’interno. Mi spiego meglio. Bisogna provare a confrontarsi con la scrittura letteraria, non per improvvisarsi poeti, ma per un’altra ragione. Quale? Perché poesia e letteratura nascono da esperienze, accadimenti e il lettore verifica come avrebbe detto lui quell’emozione e quel fatto, vede la specificità del fatto letterario, della parola poetica utilizzata da uno scrittore, inizia a comprendere che esiste una poetica personale. Dopo aver affrontato autori che hanno trattato dell’amore, ho provato a chiedere agli studenti del terzo anno di cimentarsi nella scrittura di poesie d’amore. Ho assistito ad un sacro silenzio da parte di tutti i ragazzi nell’ascoltare i versi scritti dai compagni.

Inoltre, occorre ritornare al fascino della lettura delle opere nella loro interezza, non solo in modo antologico come accade a scuola. Chi di noi si limiterebbe a vedere i trailer di un film senza assistere alla visione integrale? Bene, è come se a scuola gli studenti vedessero solo qualche immagine di un film, quelle selezionate dall’antologia o dal docente. L’insegnante non deve solo assegnare letture, ma deve accompagnare il ragazzo nel fascino della lettura. Studierà, quindi, le modalità più adeguate.

Ad esempio, si può presentare all’inizio solo un aspetto del romanzo assegnato, lasciare poi ai ragazzi la lettura a casa e concludere con un caffè letterario (dopo uno o due mesi): una discussione sul libro guidata dal docente, che termina con un momento conviviale (una bella torta da condividere alla fine della discussione). Questa è solo un’esemplificazione tra quelle che ho deciso di attuare nelle mie classi. Devo confessare che i ragazzi sono sempre molto colpiti dal fatto che si possa discutere e lavorare su un’opera a prescindere da un voto. Chiaramente spetterà al docente studiare le modalità di controllo adeguato per verificare che il libro assegnato sia stato effettivamente letto (potrebbe essere una verifica successiva).

Infine, vorrei sottolineare il fatto che le opere letterarie sono sempre nate in rapporto alle altre opere che le hanno precedute. L’arte non nasce mai ex nihilo. Per questo è importante recuperare la dimensione della memoria letteraria che si assapora nel fascino della conoscenza a memoria di alcuni testi importanti della tradizione. L’esperienza sorprende. Ad esempio, ho incontrato davvero molti studenti contenti di studiare a memoria i versi della Commedia.