Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
SCIENZA E FEDE

La fisica quantistica e l'immortalità dell'anima

Non è facile essere atei. Non solo perché chi smette di credere in Dio finisce per credere in qualsiasi altra cosa. Ma anche perché la scienza sorprende con le dimostrazioni delle verità di fede. L'ultima in ordine di tempo: l'immortalità dell'anima.

Cultura 19_08_2020
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Il pantheon cattolico talvolta appare quasi più complicato e affollato dell’universo Marvel. Il credente, infatti, crede in Dio-padre-onnipotente, nel suo Figlio incarnato, morto e risorto, nello Spirito Santo che soffia dove vuole, in una divinità Una ma anche Trina, nella Madonna vergine, nelle gerarchie angeliche (che sono davvero tante: cherubini, serafini, troni, dominazioni, arcangeli…), in Satana e i suoi diavoli, nelle schiere dei santi & beati, nei miracoli, nel Paradiso, nel più difficile da digerire Inferno, nell’ambiguo Purgatorio, nelle apparizioni mariane, nel potere delle reliquie, nell’efficacia del rosario… Insomma, un sacco di roba da trangugiare, gran parte della quale alla cieca, per fede.

Anche da qui la tentazione dell’ateismo, all’apparenza molto più facile da digerire e praticare perché ha un solo dogma riassumibile in una sola frase: non è vero niente. Perciò si fa prima ad essere atei (non ci credo) o agnostici (chissenefrega). Ma le cose stanno davvero così? Davvero l’ateismo è più semplice della religiosità? Da un punto di  vista sociologico si potrebbe analizzare il dato di fatto che chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perché in realtà crede a tutto il resto. Ma lo ha già detto autorevolmente G.K.Chesterton, perciò inutile perdere tempo. Voi starete pensando a quelli che spendono in astrologi e cartomanti, o a quelli che pendono dalle labbra di Giuseppi. E starete anche pensando che ben altra cosa sono gli scienziati seri, quelli che cercano nella materia le risposte alle domande sull’esistenza. Ebbene, a giudicare dalle ultime acquisizioni c’è da chiedersi se davvero sia meno complicato credere in Gesù.

Un articolo uscito l’8 agosto su Reccom Magazine e intitolato Illusion of Death, «l’illusione della morte» (un tempo la lingua della Scienza era il latino, oggi è l’inglese) ha per sottotitolo: «Nell’universo quantico esistiamo a tempo indeterminato». Be’, la cosa è rassicurante e certo toglie alla morte gran parte della sua terrificità. Roger Penrose (dimenticavo: sir) è un «famoso fisico e matematico»  di Oxford che, con i ricercatori dell’altrettanto famoso Max Planck Institute di Monaco, si è accorto che «l’universo fisico in cui viviamo è solo una nostra percezione e una volta che i nostri corpi fisici muoiono c’è un’infinità oltre». Meno male, mi sento rassicurato. Tranquilli, dunque, perché, sì, «il corpo muore ma il campo quantico spirituale continua. In questo modo siamo immortali». Infatti, «esiste un numero infinito di universi e tutto ciò che potrebbe accadere si verifica in qualche universo». Cioè, se muoio in un universo  può benissimo darsi che io non sia ancora morto in un altro, se ho ben capito. Di più: non si muore mai veramente, nemmeno negli altri universi.

Dice lo scienziato (o il redattore? boh, non è chiaro): «Sebbene i singoli corpi siano destinati all’autodistruzione, il sentimento vivo, il “chi sono io?”, è solo una fonte di energia da 20 watt che opera nel cervello. Ma questa energia non va via alla morte». Perché? «Uno degli assiomi più sicuri della scienza è che l’energia non muore mai; non può né essere creata né distrutta». Ma allora, dico io, quando uno nasce, da dove provengono quei 20 watt di energia? Trasmigrazione delle anime? Reincarnazione? Boh. E che cos’è allora la coscienza? Nient’altro che «informazioni archiviate a livello quantico». Sì, perché dovete sapere che «i microtubuli a base di proteine, una componente strutturale delle cellule umane, contengono informazioni quantistiche memorizzate a livello sub-atomico». E le esperienze di pre-morte, quelle in cui uno vede se stesso in rianimazione e poi la luce gioiosa in fondo al tunnel? Sono i microtubuli. Se invece «il paziente non viene rianimato e muore, è possibile che questa informazione quantistica possa esistere al di fuori del corpo, forse indefinitamente, come anima». Eh, davvero credevate fosse più semplice essere atei?