"La famiglia è una gabbia" Fedeli scrivono al vescovo
Curiosità di trasgredire, convenzioni contro tabù, ambiente familiare come gabbia, sdoganamento dell'omosessualità. Le incursioni gender nel progetto di affettività Io & tu della scuola parrocchiale di Modena Madonna Pellegrina sono davvero tantissime. 160 fedeli scrivono al vescovo perché intervenga, dopo che quest'ultimo ha ritenuto sufficienti le spiegazioni del parroco.
-IL PROGETTO PER IL PARROCO E' OK
Il progetto scolastico Io & tu della scuola cattolica «Madonna Pellegrina» di Modena, che come abbiamo già scritto nel primo articolo sulla vicenda si svolge sotto la supervisione di Letizia Lambertini, è stato selezionato nel 2014 per il convegno nazionale Fare e disfare il genere, ricchissimo di sigle omosessualiste, compreso il Cassero Lgbt. Nel progetto si può leggere dei bambini che vengono chiamati a disegnarsi senza vestiti oppure del gioco del «travestimento di genere», dove i piccoli di 5 anni indossano vestiti dell’altro sesso. Nella premessa al progetto del 2008/2009, si leggono queste parole (pag. 4-5): «Ho potuto notare l’estrema naturalezza dei bambini e delle bambine nel trovarsi, all’interno dello spogliatoio, di fronte alla nudità dei propri compagni e compagne. Non hanno mai mostrato imbarazzo, né interesse nello “spiare” i vicini o le vicine, vivendo con tranquillità una situazione che percepivano come ordinaria. Nel bagno della scuola l’atteggiamento cambia: essendo il bagno, convenzionalmente, un luogo intimo e privato, nasce la curiosità di trasgredire [?], ed un maggior interesse per la privacy altrui. Paradossalmente, in tale ambiente “familiare”, l’imbarazzo e il senso del pudore dei bambini e delle bambine aumenta», scrive Chiara Marchesi.
Sempre a proposito di pudore, in un’altra relazione su Io & tu, si nota ancora la sorpresa di una formatrice (Ilaria, pag. 32-33) per l’imbarazzo dei bambini a definire le “cose qua” (il seno femminile o “le tette” come le ha chiamate un bambino dopo le sollecitazioni dell’insegnante a dare un nome a ciò che un altro piccolo aveva chiamato le “cose qua”). A commento dell’imbarazzo e delle risatine dei piccoli, si legge: «… il tutto per non essere i primi a esporre un concetto naturale, ma probabilmente reso tabù dalla convenzionalità». Curiosità di trasgredire, tabù versus convenzionalità, ambiente familiare come gabbia (vedi pure nello specifico giù): le insegnanti non si sono chieste se magari è, innanzitutto, naturale proprio il senso del pudore e i bambini ne percepiscono la preziosità fino a quando non sono indotti a perderlo dal mondo degli adulti? Non si sono chieste se magari sono loro a rovesciare i termini, chiamando convenzionale ciò che è naturale e viceversa? Nel senso che oggi è proprio la trasgressione a essere divenuta convenzionale e perfino noiosa, tanto da richiedere dosi sempre più massicce di violazione dei tabù. Visto che è proprio la perdita del senso del pudore un dramma del mondo contemporaneo - corrotto da pornografia e spettacoli osceni che ci deturpano nel corpo e nell’anima - non sarebbe forse il caso di ricominciare a insegnare l’importanza del pudore stesso? Specialmente in una scuola cattolica...
Continuiamo la lettura. Dopo che un maschietto ha detto di voler sposare un altro maschietto (sentendosi rispondere dal diretto interessato «Lui è gay»), una formatrice spiega che «può capitare a due uomini di volersi molto bene e di essere innamorati. Può capitare anche alle donne. È una cosa che, però, si capisce quando si è molto più grandi. Esattamente come un uomo e una donna devono aspettare di essere grandi per potersi sposare» (pag. 19-20). Insomma, uomo-uomo, donna-donna, uomo-donna, come se fosse tutto uguale.
A commento della descrizione fatta dai bambini che hanno parlato della famiglia come composta da mamma, papà e figli, un’altra formatrice (Maria), dopo aver parlato delle impressioni positive dei bambini, scrive che «io ne vedo anche l’ambivalenza: il recinto protettivo può divenire una gabbia, l’unicità delle relazioni può diventare esclusione, dipendenza, fossilizzazione» (pag. 65). L’idea della famiglia come una «gabbia» è un fondamento del pensiero femminista e anche gay.
Ancora più sbalorditivo è il commento che segue, quasi a rincarare la dose, di don Matteo Cavani, il parroco che è il legale rappresentante della scuola: «Vorrei dire una parola controcorrente: attenti al “familiarismo” [sic]. Non ci sono dubbi che la famiglia sia il grembo in cui veniamo generati, ma è altrettanto vero che non si può dare della famiglia una visione troppo semplicistica e romantica, perché non è così e non è mai stato così. Occorre educare ad una visione reale nella quale, per usare un’immagine, la famiglia è il primo di più cerchi concentrici costituiti dalle altre relazioni che costruiscono un individuo nel suo percorso di crescita. Anche guardando al passato - per quanto ci si riferisce ad esso con idealità - non mancano gli episodi di violenza e di abuso in famiglie e società che si rifacevano ad una chiara tradizione cristiana». Ora, chiaro che esiste il male nel mondo, conseguenza del peccato originale e prima ancora della superbia di Satana, ma perché don Matteo sente tutta questa urgenza di collegarlo alla famiglia formata da mamma, papà e bambini e alla tradizione cristiana? Perché non dice che è proprio il tradimento della tradizione cristiana - l’infedeltà al disegno di Dio e innanzitutto l’attacco a matrimonio e famiglia sferrato dal laicismo (con divorzio, aborto, gender, ecc.) - che è alla base del male?
In 84 pagine di relazione non c’è nemmeno un riferimento alla Sacra Famiglia né alla bellezza da essa ispirata a innumerevoli famiglie che nei secoli hanno generato e sono state l’ossatura delle nostre società, davvero incredibile se si pensa che si tratta di una scuola cattolica e che un sacerdote - difficile da vedere con un anche minimo segno sacerdotale, al di là della Messa - ne è il responsabile. Così don Matteo prosegue il suo commento: «Inoltre, oggi ci si trova di fronte a esperienze che non possono non essere prese in considerazione: separazioni, famiglie allargate, coppie di fatto… Insomma, per usare le parole dei bambini: “una famiglia è una famiglia”, ma anche “le famiglie sono tante”… C’è una tensione che va tenuta aperta». La tensione che va tenuta aperta è per caso l’insegnamento bimillenario della Chiesa, fondato sulla morale naturale, che si pensa debba compiacere il mondo e ridefinire l’idea della famiglia perché “le famiglie sono tante”? Stessa ambiguità si riscontra nel commento di don Matteo a proposito dell’omosessualità (pag. 71), anche questo molto strano a concepirsi, a maggior ragione per un progetto rivolto a bambini di 5 e 11 anni.
LA SEGNALAZIONE DI 160 FEDELI ALL’ARCIVESCOVO CASTELLUCCI
Per segnalare il problema del gender alla Madonna Pellegrina, 160 fedeli - tra i quali pare non risultino genitori della scuola o al più si tratta di una rappresentanza marginale - hanno scritto il 5 settembre all’arcivescovo di Modena, Erio Castellucci, che ha risposto sempre via lettera il giorno successivo. Abbiamo provato a contattare l’arcivescovo, ma ha declinato via sms la richiesta di un commento.
Nella lettera Castellucci spiega che già due anni e mezzo fa, dopo aver ricevuto le prime segnalazioni a voce, aveva parlato con don Matteo Cavani, suo vicario per la pastorale sociale, ottenendo dal parroco spiegazioni che aveva considerato sufficienti. Nei due anni e mezzo gli sono giunte altre segnalazioni. Afferma inoltre che sta leggendo circa 400 pagine di volumetti sull’affettività consegnatigli dalla scuola (dopo che i 160 firmatari gli avevano dato copia del progetto Io & tu), più altro materiale sia pro sia contro l’impostazione adottata dalla Madonna Pellegrina.
Ci permettiamo qui di fargli notare che l’espressione «identità di genere» non è però - come Castellucci scrive nella lettera - «comunemente utilizzata per indicare il tema della diversità sessuale», ma ha appunto il preciso connotato ideologico che abbiamo cercato di esporre e di cui si servono le associazioni Lgbt per minare l’insegnamento della Chiesa. Oltre a quanto detto sui contenuti non cristiani di Io & tu, le idee della coordinatrice Letizia Lambertini, il Teatro Arcobaleno con cui quest’ultima collabora strettamente e il Cassero Lgbt (di cui si dà conto nella lettera dei 160) con i suoi spettacoli impuri e contro Dio, crediamo che vi sia già una quantità considerevole di elementi per temere scandali ai danni dei più piccoli. Sono passati due anni e mezzo dalle prime segnalazioni, e pensiamo che siano proprio la prudenza e la carità a richiedere di intervenire il prima possibile.
1^ PARTE: Gender nella scuola cattolica. Tutto ok per il parroco