La Curia tifa Pride e stoppa la veglia di riparazione
A Bergamo una forte pressione della curia stoppa la preghiera di riparazione che si sarebbe dovuta tenere in chiesa dopo il primo Gay Pride orobico. Ripiegheranno con un Rosario, ma non c'è da stupirsi dato che la stessa diocesi ha collaborato con l'organizzazione dell'evento per non farlo coincidere con l'arrivo delle spoglie del Papa Buono. Invece di condannarlo, si è cercato di scendere a patti con i promotori. A farne le spese, come al solito i fedeli: è la legge del più forte.
Anche a Bergamo, come a Reggio Emilia, una veglia di riparazione per il Gay Pride viene bersagliata di critiche. Ma non sono solo gli attacchi che provengono dal mondo arcobaleno, bensì dalle stesse gerarchie ecclesiastiche che in modo “sotterraneo” hanno costretto gli organizzatori a "riparare" la riparazione.
Infatti, per quella veglia di riparazione con adorazione eucaristica, prevista per il 21 maggio dopo il primo carosello gaio nella storia della città orobica, gli organizzatori avevano opzionato la chiesa dei Frati cappuccini di Bergamo. Ai promotori, il Circolo del Popolo della famiglia di Seriate, si erano aggiunte anche diverse sigle della realtà cattolica locale: il Movimento per la vita della val Cavallina, Intercomunione Bergamo/Brescia, i circoli de "La Croce" di Bergamo, il Movimento "Preghiera delle mamme” più molti altri fedeli in ordine sparso raggiunti con i canali social.
Ma quando la cosa è diventata pubblica, ricevendo un pesante attacco da parte dell’assessore Giacomo Angeloni, praticamente l’uomo della giunta Gori più vicino alla Curia, si è messa in moto la macchina della “repressione”. Il risultato, annunciato in un comunicato dal circolo del Pdf, è che la veglia è stata annullata.
Il motivo? Ufficialmente che «il Pdf, per il senso di responsabilità che nutre nei confronti della diocesi di Bergamo, ha ritenuto opportuno annullare l’iniziativa, fatto che non impedirà di proseguire il proprio impegno a tutela e salvaguardia della vita e della famiglia».
In realtà, stando a quelli che sono i rumors che circolano in queste ore - e che hanno ottenuto una conferma da parte della Nuova BQ - è stato un intervento “a gamba tesa” dell’autorità ecclesiastica a sconsigliare vivamente ai Cappuccini - tramite il Padre provinciale di Milano - di aprire le chiesa per quella preghiera così politicamente scorretta.
E' lo stesso Padre superiore del convento francescano a lasciarlo trasparire premurandosi di farlo sapere alla città con una dichiarazione sull’edizione orobica del Corriere della Sera: «Non ero stato informato che del fatto che fosse cambiata la dicitura dell’evento che, anziché “in occasione” è diventato “in riparazione” al Pride. Questa denominazione ha creato delle polemiche che ci hanno fatto fare un passo indietro e venerdì abbiamo ritirato la nostra disponibilità».
Chissà a che cosa pensava il padre con questa distinzione delle causali di preghiera. Forse “in occasione” era più digeribile? In effetti "in occasione" era molto neutro: poteva financo sembrare un sostegno implicito al Gay Pride.
In ogni caso la partita è apparsa fin da subito più grande del piccolo convento dei Cappuccini dato che le pressioni della curia sono state tali e tante da creare il corto circuito che ha portato poi alla “capitolazione” finale. Non c’è da stupirsi, soprattutto se si tiene conto il ruolo che la Diocesi di Bergamo ha avuto in questa vicenda, a cominciare dall’organizzazione dello stesso Pride.
E’ stato infatti lo stesso Angeloni a dichiarare ai giornali durante la sua intemerata contro i riparatori: «L’uscita del volantino - aveva detto - rovina un clima di dialogo e rispetto reciproco instaurato tra la diocesi e le organizzazioni promotrici del Gay Pride, le quali si sono mostrate sensibili e attente nel valutare la data dell’evento, in modo da non creare sovrapposizioni con la peregrinatio del Papa Buono».
Proprio così. In sostanza, stando a questa affermazione che non è mai stata smentita da nessun portavoce della curia né tantomeno dal vescovo, la Diocesi ha messo in campo un patto di desistenza con il Comune e con le sigle Lgbt promotrici del Pride.
In effetti la fiera dell'edonismo omosessuale coincideva all’inizio con l’arrivo a Sotto il Monte delle spoglie del Santo Papa Buono, che di Bergamo è ormai praticamente il patrono. Le spoglie di Giovanni XXIII sono attese per il 24 maggio, data inizialmente preventivata del Pride. Ma la coincidenza ha costretto la curia a chiedere al Comune e agli organizzatori di spostarla. "Gentilmente", si fa sapere, hanno ottemperato, così il Pride è stato anticipato di una settimana. Che sensibilità, davvero.
Ma da parte della curia non c’è stato nessun fremito di contrarietà all’evento in sè. Invece di tuonare contro uno spettacolo che non può offrire nulla di edificante al popolo dei fedeli, visto anche il carattere fortemente anticlericale che certe manifestazioni promulgano, si è sceso così a patti, legittimando di fatto una carnevalata che avrebbe dovuto ricevere dal vescovo un ben altro trattamento.
In questo modo, trattando allo stesso livello l’arrivo delle spoglie di un papa santo e il corteo della gaiezza, la Diocesi non ha fatto altro che confermare la sostanziale legittimità dell’evento, di fronte al quale si pone con una collaboratività davvero sconcertante. Forse che il Pride mentre Giovanni XXIII veniva venerato a pochi metri sarebbe stato sconveniente? Certo, ma sconveniente e immorale il Pride resta tale anche una settimana prima, non serve per forza la presenza di un Papa santo in città per cambiarne il valore negativo e peccaminoso.
Una corrispondenza d’amorosi sensi che è testimoniata inoltre da come la preghiera di riparazione è stata stoppata e che non può non far sospettare una complicità inquietante, per lo meno di intenti. Curioso poi che il tema di questo Gay Pride bergamasco sia: "Educare alle differenze per combattere l'odio".
Le pressioni fatte sui frati, i quali hanno avuto solo il torto di concedere la propria chiesa a un gruppo di associazioni cattoliche laicali per un momento di preghiera di riparazione, un tipo di preghiera della tradizione che al momento non è stata dichiarata eretica dalla Chiesa, sono in aperto contrasto con il tema stesso del Gay Pride. Così, con le porte della chiesa chiuse, i fedeli dovranno ripiegare con un Rosario pubblico davanti al portone del convento «perché il popolo cristiano non si piega davanti alla pavidità ecclesiastica e alle opportunità politico partitiche».
Possibile che chi denuncia come intollerante e omofoba una adorazione di preghiera, non veda come questo sia in terribile contraddizione con il tema di un Gay Pride che si prefigge di educare alle differenze e alla tolleranza? Insultare e denigrare chi prega anche per l'anima dei gay è dunque un intollerante forma di odio? Non è forse che la legge del più forte ha colpito ancora?
Qualcuno tempo fa sosteneva che i cattolici debbano starsene chiusi nelle loro chiese a pregare. Oggi sembra che venga impedito anche quello.