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1927-2017

Ivan Gobry, lo storico che smascherò il giacobinismo

Il 3 agosto è scomparso, all’età di 90 anni, Ivan Gobry. Storico e storico della filosofia, docente universitario, era nato l’8 marzo 1927 a Saint-André-les-Vergers, nei pressi di Troyes. Con lui scompare uno dei più genuini e innamorati difensori della Tradizione cattolica e della grandiosa civiltà che ne è derivata, purtroppo in Italia non ancora conosciuto come merita.

Cultura 11_08_2017
Ivan Gobry

Il 3 agosto è scomparso, all’età di 90 anni, Ivan Gobry. Storico e storico della filosofia, docente universitario, era nato l’8 marzo 1927 a Saint-André-les-Vergers, nei pressi di Troyes. Con lui scompare uno dei più genuini e innamorati difensori della Tradizione cattolica e della grandiosa civiltà che ne è derivata, purtroppo in Italia non ancora conosciuto come merita.

Padre di nove figli, docteur ès lettres (una sorta di Ph.D.) nel 1962, ha insegnato per 27 anni Storia medioevale nell’Università di Reims Champagne-Ardenne. Cavaliere della Legion d’onore e insignito di numerose altre onorificenze, è stato premiato cinque volte dall’Académie Française e diverse altre dall’Accademia delle scienze morali e politiche. Nel 1970 ha fondato la Société champenoise de philosophie, è stato membro del consiglio scientifico dell’Università per la Cittadinanza europea del Consiglio d’Europa e professore all’Institut catholique di Parigi. Nel dicembre 1997 venne candidato a succedere a Georges Duby (1919-1996) all’Académie française.

Ha firmato più di 100 titoli soprattutto di carattere storico, filosofico e morale, senza disdegnare opere sulla spiritualità e pure romanzi d’avventure per ragazzi. 

All’ambito storico appartengono per esempio Les premiers rois de France (1998), La gloire des Capétiens (2007), Charles III. 898-929 (2007) e Robert 1er (2011). In campo filosofico ha spaziato da Les niveaux de la vie morale (1956), La personne (1960) e Pascal ou la simplicité (1962; n. ed. aumentata 1985) a Les fondements de l’éducation (1974), L’essence de la philosophie (1994), Morale et destinée (1999) e Mozart et la mort (1994), indagando poi anche la storia della filosofia con Pythagore ou la naissance de la philosophie (1973), La philosophie pratique d’Aristote (1995), Vocabulaire grec de la philosophie (1999) e La cosmologie des ioniens (2000).

Attratto dalla sublimità raggiunta dalla spiritualità mistica, ha dato alle stampe Mystiques franciscains (1960), L’expérience mystique (1964; n. ed. 1985), Saint-François d’Assise, le héraut du Grand Roi (1982) - tradotto come San Francesco (Salerno, Roma 2004) - e Conférences sur saint Bernard (1990). In ambito morale, si è occupato soprattutto di matrimonio e famiglia, pubblicando Amour conjugal et fécondité (1961), Amour et vocation (1978) nonché Amour et Mariage (1981), tuonando poi contro l’aborto con Un crime, l’avortement (1972). Del resto era tra i fondatori dell’organizzazione pro-life Laissez-les-vivre - SOS futures mères.

Ma, tutto questo, è solo uno specimen della vastissima e variegata produzione di Gobry, davvero impossibile da ridurre a sintesi. Meglio allora fare riferimento a tre titoli emblematici del suo stile capace di unire rigore scientifico e disponibilità a interloquire con ogni tipo di lettore, anche i non specialisti, addirittura, forse, affabilità.

Il primo è Les Moines en Occident, in realtà cinque tomi editi a Parigi dalle Éditions de Guibert fra il 1985 e il 1997, una delle opere valsegli il plauso dell’Académie française (in italiano edito a Roma nel 2000 da Città Nuova in 2 volumi con il titolo Storia del monachesimo). Si tratta di uno affresco letteralmente monumentale che racconta, come in un lungometraggio d’autore, la vicenda, anzi l’epopea del monachesimo in Europa, riuscendo a enucleare con maestria quello spirito di profonda fede cattolica che ha saputo essere, per secoli, il vero motore della civiltà europea, a partire da quando, dopo il crollo dell’impero romano, il vecchio Continente era pressoché una desolazione.

Il secondo è Dictionnaire des papes: des origines à nos jours, edito da Pygamalion a Parigi nel 2013, un modello per tutte le opere di consultazione che debbono per forza di cose saper unire l’esaustività almeno essenziale alla concisione.

E il terzo è Les martyrs de la Révolution française, edito dalla parigina Perrin nel fatidico 1989, ovvero l’anno bicentenario dello sconvolgimento giacobino celebrato con enfasi malriposta dalle istituzioni transalpine, e dal mondo intero, ma contestato da Gobry con una impietosa sobrietà pari solo alla serietà che lo animava. Idealmente, per il coraggio dimostrato (raro tra gli accademici) e per l’irreprimibile voglia di verità, con quest’opera Gobry si affianca a Reynald Secher e a Pierre Chaunu (1923-2009). Cattolico il primo e calvinista il secondo, furono essi a capitanare la rivolta degli storici contro la versione ufficiale, da vetrina, della Rivoluzione Francese (1789-1799), cantata come l’alba del nuovo mondo radioso e invece carica di lutti e distruzioni. Il protestante Chaunu spinse Secher a documentare il genocidio della Vandea cattolica infischiandosene delle contumelie dei colleghi universitari e Secher seguì il consiglio rimettendoci la carriera accademica ma contribuendo come pochi alla verità. Al pari loro, Gobry non ha esitato a raccontare l’enorme tributo di sangue pagato dai francesi, soprattutto dai cattolici, a una ideologia che viene ancora presentata come la panacea di ogni male e che invece è la fonte di molti dei mali che affliggono il mondo contemporaneo, dal totalitarismo hard delle ideocrazie violente al totalitarismo soft dei relativismi sempre più spesso altrettanto sanguinolenti.

È così che Gobry si è guadagnato la fama di grande e alto divulgatore, e la stima di chi ancora non riesce ad arrendersi all’ineluttabilità delle «strutture di peccato», come nella lettera enciclica Sollicitudo rei socialis del 1987 Papa san Giovanni Paolo II (1920-2005) chiamava le società nichiliste costruite sull’ideologia.