Il terrorismo islamico colpisce in tutto il mondo
Tre attentati sanguinosi del terrorismo islamico nello stesso giorno. Un’industria in Francia con la decapitazione di un uomo, turisti europei assassinati in spiaggia in Tunisia, musulmani sciiti in Kuwait uccisi, tutti colpiti dalla stessa ideologia manichea: chi non condivide l'estremismo islamico è un nemico da abbattere.
LA STRANA GUERRA ALL'ISIS di Gianandrea Gaiani
Tre attentati nello stesso giorno, il 26 giugno, in Tunisia, Kuwait e Francia. In Tunisia, a Soussa, l’evento più sanguinoso: un terrorista travestito da turista ha estratto un mitra dal suo ombrellone e ha aperto il fuoco contro la folla dei bagnanti, poi ha proseguito la sua mattanza nel vicino hotel Riu Imperial Marhaba. Prima di essere ucciso a sua volta, ha assassinato almeno 37 persone e ne ha ferite altre 36, in gran parte tunisini e turisti europei, inglesi, tedeschi e belgi in vacanza. Poche ore prima, un uomo di nome Yacine Sali ha deliberatamente colpito con la sua auto un deposito di liquidi infiammabili, provocando un’esplosione nella fabbrica di gas, nei pressi di Lione. Il suo superiore, proprietario di un’azienda di consegne, è stato trovato decapitato, con addosso la bandiera nera jihadista, a mo’ di rivendicazione. Contemporaneamente, in Kuwait, un attentatore suicida si faceva esplodere in una moschea sciita della capitale, nel mezzo della preghiera del venerdì. Il bilancio provvisorio è di 25 morti.
“Sfortunatamente, aria di déjà-vu. Oserei dire che il copione è già noto. Ognuno reciterà la propria parte. I politici, in primo luogo, faranno tutti la loro parte. Religiosi e islamisti condanneranno. Alcuni grideranno “non in mio nome!” I seguaci della “teoria del complotto!” stanno cercando di trovare “elementi” per confermare che l’attacco non può essere innocente e che sia stato pilotato da mani interessate. […] La violenza non è il cuore dei testi sacri della religione musulmana. Tuttavia bisogna avere il coraggio e l’onestà, in quanto cittadino francese di culto musulmano, di dire che questi testi non possono essere classificati sotto la rubrica “l’islam è una religione di pace”. No, l’insieme della narrazione storica sacralizzata della fede musulmana non può essere etichettata “religione di pace”. La violenza mina questa narrazione sin dalla nascita. Bisogna avere il coraggio e l’onestà di dirlo. Che la si smetta di perorare slogan smentiti dalla realtà di numerosi fatti oggettivi. Tuttavia, aldilà di tutto ciò, una profonda riforma radicale, veramente radicale, deve impegnarsi per la pace di tutti e per la salvezza del nostro paese. Che la si smetta di evocare svogliatamente il pretesto e l’acrobazia chiamata “contestualizzazione”. Un crimine è un crimine. Un’abiezione è un’abiezione. Che Dio salvaguardi la Francia, la Tunisia, il Kuwait e l’umanità intera.” Questa la reazione di Mohamed Louizi, musulmano francese che nel 2005 ha abbandonato le maglie della rete della Fratellanza musulmana nell’Esagono, alla sequenza dei tre attentati di ieri.
Una sequenza che ricorda gli attentati multipli di Al Qaeda, una sequenza che – seppur casuale – deve assolutamente far riflettere non solo l’Occidente, ma il mondo intero e primo fra tutti il mondo islamico.
Un’industria in Francia con la decapitazione di un uomo, turisti europei in Tunisia, musulmani sciiti in Kuwait tutti colpiti dallo stesso odio distruttivo e dalla stessa ideologia manichea che vede nell’altro, ovvero in chiunque – non importa che si tratti di uno Stato o di un individuo – non condivida l’interpretazione estremista e radicale dell’islam, un nemico da eliminare fisicamente o idealmente. La reazione di Magdi Abdelhadi, ex giornalista della BBC di origine egiziana, aiuta a comprendere quanto appena affermato: “Quanto tempo impiegherà l’Europa a dichiarare l’islamismo un’ideologia fascista e ha mettere al bando tutte le organizzazioni che continuano ad agire liberamente sotto varie sembianze. Che ne hai fatto del rapporto sui Fratelli musulmani, signor Cameron?” Abdelhadi parla d’islamismo, non di islam, e dopo tre attentati riconducibili alla galassia jihadista dell’ISIS cita i Fratelli musulmani. La prima affermazione non necessita chiarimenti: l’estremismo islamico, l’islamismo non è l’islam, così come gli estremisti islamici non sono da confondere con la maggioranza dei musulmani.
La seconda invece indica la strada da percorrere: la supervisione e il controllo serrato che l’Occidente, e il mondo islamico stesso, devono attivare sull’insieme dell’ideologia legata all’estremismo islamico, dai jihadisti agli “apparentemente moderati” Fratelli musulmani, che guarda caso agiscono liberamente in Francia, in Tunisia, in Kuwait e altrove. L’ideologia islamista nel suo insieme considera il mondo come terra di conquista, militare e/o ideologica e/o politica. Per l’ISIS e Al Qaeda prevale la conquista militare, violenta e crudele fatta di attentati come quelli cui abbiamo assistito ieri, per la Fratellanza musulmana la conquista è ideologica e politica che si basa sulla infiltrazione graduale della società sino alla conquista finale. Per l’ISIS e Al Qaeda le istituzioni occidentali e non-islamiche vanno attaccate e distrutte, per i Fratelli musulmani vanno infiltrate. Nonostante la diversa strategia e il diverso approccio, islamismo jihadista e la Fratellanza musulmana condividono la visione manichea del mondo, quella del “noi contro voi” e del “voi che dovete diventare come noi”. Il fondatore dei Fratelli musulmani Hasan al-Banna, che ancora oggi è il modello da seguire per gli adepti del movimento da lui avviato, scriveva nella sua “Lettera ai giovani”: “Vogliamo annunciare il nostro appello al mondo, raggiungendo tutta la gente, coprendo i confini della terra […] affinché non vi sia più sedizione e la fede sia tutta rivolta ad Allah. Affinché i credenti si rallegrino della vittoria di Allah […]” Non solo, ma alla Fratellanza fa riferimento un movimento come Hamas che autorizza e giustifica il terrorismo, definendolo resistenza.
Ebbene, quanto accaduto ieri in Francia, a Tunisi, in Kuwait conferma altresì che la lotta contro l’estremismo islamico – non contro l’islam – è una lotta globale che deve mirare a sradicare l’ideologia radicale nelle moschee, nelle scuole, nelle organizzazioni che la promuovono, a isolare gli Stati – quali Arabia Saudita, Qatar, Iran - che da sempre finanziano l’estremismo islamico, a combattere il terrorismo delle armi e delle parole senza se e senza ma. Inoltre non va dimenticato un impegno a livello internazionale per agire sull’economia di nazioni come la Tunisia che, a seguito di un ennesimo attentato, rischiano di vedere aggravata la propria condizione economica che è, purtroppo, il terreno fertile per l’operato “umanitario” dell’estremismo islamico che “facendo il bene” conquista cuori e menti, per poi annientarli e annientare il futuro dell’umanità. E’ una sfida difficile che richiede coraggio, ma credo che da oggi Francia, Tunisia, Kuwait abbiano compreso di combattere un nemico comune che non distingue tra cristiani e musulmani.