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SCOZIA

Il sogno dell'indipendenza passa dall'orgoglio gay?

Lo Scottish National Party alterna il silenzio sui "princìpi non negoziabili" alle uscite del (suo) Primo ministro, favorevole alle "nozze" omosessuali.

Attualità 10_05_2011
Alex Salmond

 

Giovedì scorso lo Scottish National Party (SNP) ha vinto a mani basse le elezioni “regionali” per il rinnovo del parlamento unicamerale di Scozia, conquistando la maggioranza assoluta dei 129 seggi che lo compongono, 69, e lasciandone 37 ai Laburisti, 15 ai Conservatori, 5 ai Liberal-Democratici, 2 ai Verdi e 1 a una indipendente (Margo MacDonald, ex deputata proprio dell’SNP). Un’apparizione inequivocabile dello spettro secessionista che si aggira per le brumose lande caledoniane.

Perché questo l’SNP è: una classica formazione nazionalista, in cui la "religione civile" mirante a "dare uno Stato a una nazione" prevale su qualsiasi altro principio ideale o ideologico. Nel suo caso, dunque (così come in quello di partiti analoghi), la tradizionale dicotomia "destra"-"sinistra" serve ben poco a spiegarne l’orientamento. Eppure la netta opposizione alla conservazione di un determinato status quo istituzionale - nella fattispecie la Gran Bretagna in cui la Scozia nazionalista si sente costretta - colloca inevitabilmente partiti come l’SNP a sinistra.

Nato nel 1934 dalla fusione tra il National Party of Scotland e lo Scottish Party, l’SNP degli albori pencolò fra inclinazioni marcatamente socialiste e orientamenti di tipo fascista - poca differenza, peraltro, tenendo presente che, soprattutto negli anni Venti e Trenta, diversi movimenti e formazioni di tipo populistico-nazionalista vennero tentati, se non altro organizzativamente, dall’opzione del "socialismo nazionale" di tipo appunto fascistico (un modello in realtà, tecnicamente parlando, forse mai completamente abbandonato) - per poi attestarsi saldamente su posizioni progressiste che classicamente erodono consensi a sinistra.

Il partito degli indipendentisti scozzesi è del resto sempre stato, e ancora oggi è, in concorrenza diretta con il Partito Laburista, al quale giovedì ha sottratto ben l’11% dei consensi in virtù di un programma per obiettivi scritto un po’ in sinistrese («diventare la centrale di energia verde di tutta Europa», «rendere la Scozia "carbon neutral"»), un po’ in linguaggio tendenzioso («contribuire a guerre internazionali non illegali di peace-keeping e di peace-building», «liberare la Scozia dalle armi nucleari»), un po’ nella "logica di Catalano" («più elevati livelli di crescita economica e più posti di lavoro»).

Anche a non voler essere maliziosi, infatti, il silenzio più assordante osservato dall’SNP riguarda i "princìpi non negoziabili", quelli che dovrebbero stare a cuore all’elettorato scozzese "tradizionale": sia ai calvinisti presbiteriani della "Kirk" nazionale di Scozia (stando al censimento del 2001 il 42% della popolazione che si professa cristiana, ossia il 65% degli abitanti), sia ai cattolici (poco meno del 16% di quel 65%).

Un silenzio costante affatto contraddetto dalla corte a tratti spietata che l’SNP riserva agli elettorati cristiani (e verosimilmente in aumento man mano che ci si dovesse avvicinare a un ipotetico referendum sull’indipendenza), a loro volta in più di una occasione ammaliati dalle sirene nazionalistiche, persino talora maldestramente sovrapposte a questioni identitarie cristiane: per esempio quando un certo "mito" della "Scozia cattolica" (un po’ di cartapesta) coniuga i propri sospiri con quelli dell’irrendentismo anti-inglese, non meno però intensamente vagheggiato dall'acerrimo nemico protestante, spesso e volentieri nel mezzo scordando che la protestantizzazione della Scozia non fu opera di "truppe da sbarco" straniere ma (nonostante l’influenza del "modello inglese") di un campione della "scozzesità" (ai limiti del nazionalismo esasperato) quale fu, John Knox (1513-1572), la cui riforma presbiteriana del 1560 ebbe anche connotati di vera e propria rivoluzione poltico-istituzionale.

Ebbene, questa giustapposizione (o sapiente dosaggio?) tra il corteggiamento degli elettorati cristiani e il "silenzio assordante" sui "princìpi non negoziabili" consentono di tanto in tanto alla logica social-nazionalistica dell’SNP qualche utile fuga controllata di radiazioni. Per esempio l’uscita, alla vigilia delle elezioni (evidentemente paga: nel 2009 un sondaggio dava i due terzi degli scozzesi a favore), di Alex Salmond [nella foto], il Primo ministro di Scozia portato sugli scudi dal trionfante SNP che si è pronunciato a favore della legalizzazione del "matrimonio" omosessuale.

Nel Regno Unito le "nozze" gay sono ancora proibite, ma dal 2005 le coppie omosessuali hanno la possibilità di contrarre unioni civili che estendono loro le provvisioni giuridiche del matrimonio eterosessuale. Tutto ha però subito una decisiva accelerazione da quando, nel settembre 2010, i Liberal-Democratici hanno messo il tema al centro del dibattito politico britannico spingendo ogni partito (esclusi i Conservatori, stretti in un rigoroso no-comment) a inserire nei programmi clausole favorevoli. Così, in febbraio, è sceso in campo persino il governo londinese, affermando di voler presto lanciare a livello nazionale il dibattito sull’opportunità di conferire valore legale anche alle cerimonie religiose "matrimoniali" per gay. L’affermazione inedita di Salmond fornirà a quel punto un precedente decisivo per l’intero Regno Unito, motivo per cui la Scozia indipendentista è oggi il fiore all’occhiello dell’"orgoglio gay".

Del resto Salmond, leader dei nazionalisti scozzesi che nel 2008 hanno eletto (a Bruxelles, dove oggi l’SNP fa parte dell’eurogruppo di sinistra Verdi Europei-Alleanza Libera Europea) il loro primo parlamentare omosessuale, Alyn Smith, viene diritto dal "79 Group", una forte e rumorosa corrente interna all’SNP così chiamata da quel 1979 in cui nacque per spingere sempre più a sinistra la piattaforma ideologica del partito. Un gruppo così radicale da venire espulso per intero nel 1982, salvo il fatto che tutti i suoi membri sono poi stati reintegrati nel partito, in numerosissimi casi (quello di Salmond è il più eloquente) scalandone "fabianamente" la leadership.

Presto o tardi l’SNP potrebbe insomma regalare alla Scozia l’indipendenza. Non però la sua antica, nobile identità cristiana.