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MAZZOLARI E MILANI

Il Papa e la riabilitazione dei preti scomodi

Sono stati due profeti. Questo è ciò che emerge dal pellegrinaggio che Papa Francesco ha condotto ieri sulle tombe di don Primo Mazzolari e di don Lorenzo Milani. Le figure dei due parroci, spesso discusse e controverse, quasi sempre accusati di filo-marxismo, vengono oggi indicate da Francesco come testimoni ed esempi da seguire. E il Pontefice "tira le orecchie" ai vescovi che «hanno fatto soffrire don Lorenzo».

Ecclesia 21_06_2017

Sono stati due profeti. Questo è ciò che emerge dal pellegrinaggio che Papa Francesco ha condotto ieri sulle tombe di don Primo Mazzolari (1890-1959) a Bozzolo, Mantova, e di don Lorenzo Milani (1923-1967) a Barbiana, Firenze.

Le figure dei due parroci, spesso discusse e controverse, quasi sempre accusati di filo-marxismo, vengono oggi indicate da Francesco come testimoni ed esempi da seguire. «Il Signore, che ha sempre suscitato nella santa madre Chiesa pastori e profeti secondo il suo cuore», ha detto a Bozzolo, «ci aiuti oggi a non ignorarli ancora. Perché essi hanno visto lontano, e seguirli ci avrebbe risparmiato sofferenze e umiliazioni». 

Bisogna riconoscere che nel corso della storia la Chiesa in qualche occasione ha sbagliato il suo giudizio su alcuni suoi figli, tuttavia va ricordato che entrambi i sacerdoti visitati ieri dal Papa furono in diversa misura posti sotto osservazione dall'allora Sant'Uffizio in merito ai loro scritti.

DON MAZZOLARI

Per don Mazzolari il primo provvedimento di censura risale al 1934, l'ultimo al 1960, in totale saranno circa una decina le istruttorie condotte su di lui; gli venne imposto di non scrivere, di non predicare fuori diocesi, poi di restare nella propria parrocchia. Obbedì sempre, e le accuse non riguardarono mai aspetti del dogma, ma sarà solo con papa Giovanni XXIII che ci sarà una sua “riabilitazione” che porterà a ridimensionare gli «errori» riscontrati.

I temi più cari a don Mazzolari sono stati quello della pace, arriverà a teorizzare una non violenza cristiana, e quello dei poveri. E' stato indubbiamente un pastore molto attento al sociale, fino a spingersi in ardite somiglianze tra comunismo e cristianesimo. «Cosa vogliono i comunisti?», ha scritto don Primo, «La fine delle ingiustizie e la felicità di tutti gli uomini. Cosa vogliono i cristiani? La fine delle ingiustizie e la felicità di tutti gli uomini. La differenza è sui mezzi e sul modo di concepire il bene, conseguenza di una diversa visione dell’uomo e della vita». Non ultimo va sottolineato il ruolo centrale da lui attribuito alla misericordia divina nella sua azione sacerdotale e pastorale. 

E' evidente il comune sentire con la predicazione di Francesco che, non a caso, ha sottolineato il ruolo di “parroco d'Italia” per don Primo, invitando i preti italiani (e non solo) a guardare a lui come esempio. «Don Mazzolari», ha detto, «non è stato uno che ha rimpianto la Chiesa del passato, ma ha cercato di cambiare la Chiesa e il mondo attraverso l’amore appassionato e la dedizione incondizionata». Significativo il passaggio sul fatto che lo sguardo misericordioso di don Mazzolari indica che «il prete non è uno che esige la perfezione, ma che aiuta ciascuno a dare il meglio». Così papa Francesco ha potuto ribadire uno dei suoi moniti che ama rivolgere ai sacerdoti:  «Io vorrei ripetere questo e ripeterlo a tutti i preti dell'Italia e anche del mondo "abbiamo del buon senso, non dobbiamo massacrare le spalle della povera gente."». Nel 2015 è arrivato il nulla osta della Congregazione per le cause dei Santi per l'apertura della causa di beatificazione.

DON MILANI

Anche don Lorenzo Milani può essere definito un prete “sociale”, anche se applicato soprattutto al tema dell'educazione. Celebre è la sua esperienza scolastica che mise in pratica prima con una scuola serale rivolta principalmente ad operai, poi con la nota scuola di Barbiana. Quest'ultima fu un'esperienza educativa “non convenzionale”, a suo modo rivoluzionaria. Sempre con l'obiettivo primario di colmare il divario tra le classi sociali, offrire strumenti culturali per emancipare i poveri da uno stato di inferiorità.

Nel 1958 pubblicò Esperienze pastorali con l'imprimatur del cardinale di Firenze Dalla Costa, e la prefazione dell'allora vescovo di Camerino, monsignor D’Avack. In quel testo si comprende che il suo obiettivo di fondo è quello sociale: si propone di ricostruire il rapporto con la classe operaia e con i poveri attraverso l'offerta di mezzi culturali adeguati, anche l'evangelizzazione viene, in un certo senso, subordinata a questo superamento del divario tra le classi. «Ridare ai poveri la parola», ha detto ieri Francesco, «perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia: questo insegna don Milani. Ed è la parola che potrà aprire la strada alla piena cittadinanza nella società, mediante il lavoro, e alla piena appartenenza alla Chiesa, con una fede consapevole». Quel libro fu fatto ritirare dal commercio su richiesta del Sant'Uffizio per volontà del cardinale di Firenze Ermenegildo Florit, un tempo coadiutore del cardinale Elia Dalla Costa. Un libro che ricevette anche una sonora stroncatura sulla rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica nel settembre del 1958. 

Il Papa ieri è sembrato voler tirare le orecchie ai due vescovi, soprattutto Florit, che in qualche modo avrebbero fatto soffrire don Lorenzo. «...non posso tacere», ha detto Francesco, «che il gesto che ho oggi compiuto vuole essere una risposta a quella richiesta più volte fatta da don Lorenzo al suo Vescovo, e cioè che fosse riconosciuto e compreso nella sua fedeltà al Vangelo e nella rettitudine della sua azione pastorale. (…) Dal Card. Silvano Piovanelli, di cara memoria, in poi gli Arcivescovi di Firenze hanno in diverse occasioni dato questo riconoscimento a don Lorenzo. Oggi lo fa il Vescovo di Roma. Ciò non cancella le amarezze che hanno accompagnato la vita di don Milani – non si tratta di cancellare la storia o di negarla, bensì di comprenderne circostanze e umanità in gioco –, ma dice che la Chiesa riconosce in quella vita un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la Chiesa stessa».

Tuttavia, va sottolineato che don Milani non fu mai scomunicato, e l'enfatizzazione di una sua “riabilitazione” viene soprattutto da certi ambienti giornalistici e culturali, perfino politici, che hanno sempre avuto interesse a vendere la sua immagine di prete progressista.  «A tutti voglio ricordare», ha detto il Papa, «che la dimensione sacerdotale di don Lorenzo Milani è alla radice di tutto quanto sono andato rievocando finora di lui. La dimensione sacerdotale è la radice di tutto quello che ha fatto. Tutto nasce dal suo essere prete. Ma, a sua volta, il suo essere prete ha una radice ancora più profonda: la sua fede».

Intanto, come ha ricordato a margine della visita del Papa il cardinale di Firenze Giuseppe Betori, non si avvierà alcun processo di beatificazione.  «Assolutamente no», ha detto Betori secondo quanto riportato dal quotidiano La Nazione, «almeno fino a quando ci sarò io. Dopo non tocca a me dirlo... ma io non credo alla santità di don Lorenzo: qui non ci farò un santuario». «La giornata di oggi», ha detto ancora il cardinale, «porta luce ulteriore sulla figura di don Lorenzo e nella chiesa fiorentina, e spero che questa nostra chiesa sia capace di riprendere in mano pagine difficili. Una chiesa mai rifiutata da questo suo figlio».