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DIETRO LA CRISI

Il gas, l'Ucraina e gli Usa: quando a pensar male...

Nei promettenti giacimenti di shale gas individuati nella zona mineraria dell’est dell’Ucraina sono entrate di recente società petrolifere americane che hanno firmato contratti per l’estrazione e lo sfruttamento. Nell’est dell’Ucraina, proprio dove adesso è scoppiata la guerra. Siamo sicuri che è solo un caso?

Esteri 30_10_2014
Il presidente Usa Barak Obama

Dai tempi in cui l’aumento del prezzo del petrolio fece diventare conveniente il gas, a partire dagli anni Ottanta le infrastrutture necessarie si sono moltiplicate e anche il quadro dell’approvvigionamento energetico è mutato. Ai maggiori produttori mondiali di gas (Russia, Iran e Qatar) oggi si sono inaspettatamente aggiunti gli Usa. Grazie alla nuova tecnica di perforazione orizzontale di strati rocciosi (shale gas) al 2010 gli Usa avevano creato 600mila posti di lavoro, nel 2013 avevano raggiunto l’autosufficienza energetica e nel 2015 saranno in grado di esportare. Ma a chi? 

Ce lo dice Andrea Abbiati, già direttore generale dell’Agip Petroli, che su Zenit.org sta pubblicando una serie di articoli quanto mai illuminanti sull’attuale situazione geopolitica e gli scenari che si vanno delineando. Il mercato più appetibile e ingordo per gli Usa è l’Europa, attualmente rifornita da Russia, Nordafrica e Medioriente. In Europa i maggiori clienti della Russia sono, nell’ordine, Germania, Italia, Ucraina. Ricordiamo che Germania e Italia sono gli unici Paesi europei in cui gli Usa tengono basi militari. Detto questo, torniamo al gas. Esso viaggia nei tubi o imbarcato su speciali navi. Tra Usa e Europa c’è l’oceano, e nell’oceano non si possono piazzare tubi. Tubi che, invece, già esistono tra Europa e Russia. Ma tra l’Europa e la Russia c’è l’Ucraina. Ci informa Abbiati che «nei promettenti giacimenti di shale gas individuati nella zona mineraria dell’est dell’Ucraina sono entrate di recente società petrolifere americane che hanno firmato contratti per l’estrazione e lo sfruttamento». Nell’est dell’Ucraina, proprio dove adesso c’è la guerra. 

Obama ha tranquillizzato la Ue: non preoccupatevi, se Putin dovesse lasciarvi al freddo ci pensa lo zio Sam a rifornirvi. Fin qui Abbiati. Noi però, adusi a pensar male, sappiamo che proprio in questi ultimissimi anni gli usuali canali di rifornimento europeo sono finiti in un vortice di destabilizzazione politica di cui non si vede l’uscita. Le “primavere arabe” hanno sconvolto il Nordafrica (e soprattutto la Libia, maggior fornitore italiano) e sgangherato la Siria che era alleata dell’Iran (come sappiamo, uno dei maggiori produttori di gas al mondo). Il Qatar (altro produttore mondiale) ci ha messo i soldi. L’Iraq, al centro della zona energetica mediorientale, ha subìto due Guerre del Golfo e attualmente ha a che fare col Califfato. L’Ucraina, nella sua parte confinante con la Russia, è in guerra. E c’è ancora qualcuno che dice che Obama non è molto intelligente… Come mai a volere l’Ucraina nella Ue non è tanto la Ue quanto gli Usa? 

É dal 2012 che Hillary Clinton, sottosegretario agli esteri, va dicendo senza mezzi termini che gli Usa si opporranno in tutti i modi all’inclusione dell’Ucraina nel progetto putiniano di integrazione economica eurasiatica. Il vicepresidente della commissione esteri della Duma (il parlamento russo), Andreij Klimov, intervistato da Gian Micalessin sul Giornale (10 ottobre), dice chiaramente che, secondo lui, la cancelliera Angela Merkel è sotto schiaffo: «Probabilmente Obama sa molte cose di lei. Cose che noi non conosciamo». In effetti, la Merkel proviene dalla Germania Est, e avere basi militari significa anche avere una rete di intelligence in grado di confezionare «dossier sui politici tedeschi». Così Klimov. Certo, la sua è una posizione di parte, dunque le sue illazioni sono da prendere con beneficio d’inventario. Ma è anche vero che qualche mese fa a un sottosegretario americano scappò detto, al telefono, che la Ue poteva anche andare al diavolo se non avesse appoggiato la linea Usa sull’Ucraina. Ed è vero anche che le sanzioni economiche alla Russia danneggiano più gli europei che Putin. 

Intanto, anche senza ingresso nella Ue, per il 2015 il presidente ucraino Poroshenko ha promesso l’eliminazione dei visti per l’Europa, cosa che presumibilmente provocherà un esodo. A implementare il quale sta provvedendo la legge che epura dai pubblici uffici tutti quelli ritenuti compromessi con la vecchia presidenza del filorusso Ianukovic, tutti quelli che hanno lavorato per il partito ai tempi del regime comunista e tutti quelli che hanno collaborato a vario titolo col Kgb. Poiché molti di questi ultimi, si sa, erano praticamente costretti, è stato calcolato che si tratta di un milione di (ulteriori) disoccupati. Indovinate dove si riverseranno. Naturalmente, l’epurazione non vale per Poroshenko, che di Ianukovic fu ministro del commercio. 

Concludendo: gli Usa conoscono, da sempre, una sola ricetta per risolvere le loro crisi economiche, quella che un economista sarcastico definì «keynesismo militare». Esportare la democrazia, i diritti umani, la libertà dei popoli? Seeeh, al cinema. Certo, anche l’elettorato americano, nel suo piccolo, ogni tanto si arrabbia al vedere qualche suo incauto cittadino sgozzato dall’Isis. Ma le guerre costano, amigos, e sarebbe il medesimo elettorato ad arrabbiarsi vieppiù se il governo lo caricasse di tasse per fare la guerra sul serio e se vedesse qualche suo figlie ‘e mammà tornare nella bara con la bandiera sopra. Da qui i buffetti di facciata all’Isis. E il disimpegno nell’Afghanistan (che non ha gas e petrolio, ma una posizione geografica fondamentale per i tubi di cui sopra). American way of policy.