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L'INTERVENTO LGBT DEL GESUITA

Il conformista Martin svela un'idea materiale di uomo

Dal discorso del gesuita Martin a Dublino sui "cristiani Lgbt" emerge un’immagine della persona esclusivamente emotiva, passionale, senza alcun progetto o vocazione. Quella di padre Martin è l’antropologia moderna rinascimentale, illuminista e marxista. Che bolla come «omofoba» l’antropologia aristotelico-tomista-cattolica secondo cui l’uomo è una unione inscindibile di anima e corpo, dove le passioni sono al servizio della ragione. Il suo è un rifiuto luciferino della legge naturale, nel cui brodo ora si pretende che si immergano le famiglie cattoliche.  

Editoriali 25_08_2018

Sinceramente non so da dove cominciare per commentare l'intervento del Padre gesuita James Martin al World Meeting of Families di Dublino (qui l'intervento integrale in italiano).

Potrei sottolineare come padre Martin confonda persone con tendenze omosessuali con i militanti LGBT; che i suoi inviti all’accoglienza e alla misericordia escludono chi non si identifica nella militanza omosessualista; che questo atteggiamento non solo discrimina queste persone, ma le tratta da «non persone» come si faceva nell’URSS con chi cadeva in disgrazia: semplicemente queste persone smettevano di esistere.

Oppure potrei commentare l’uso eretico (selettivo) del Magistero da parte del gesuita: cita i brani del Catechismo e della Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali che stigmatizzano l’ingiusta discriminazione di queste persone, dimenticando tutto il resto.

Potrei anche chiedermi che c’entra un intervento del genere al World Meeting of Families… ma qualche gentile lettore mi ricorderebbe che la stessa domanda è stata sollevata ai recenti sinodi sulla famiglia ed è rimasta senza risposta.

Sarebbe fatica sprecata, considerato che i lettori della Bussola – perlomeno quelli più fedeli, e sono la maggioranza – queste cose le sanno già: nel corso degli anni sono stati edotti nel modo migliore possibile e in modo originale sul tema, e ne sanno molto più della maggior parte delle persone.

La cosa veramente interessante di questo episodio (in realtà non si tratta solo di questo) è il fremente desiderio da parte della Chiesa attuale di confluire nel mainstream, nonostante san Paolo raccomandi l’esatto opposto: «Non conformatevi alla mentalità di questo mondo» (Rm 12, 2).

Questo conformismo è evidente a due livelli.

Il primo, più superficiale, è dichiarato da padre Martin che recita: «Fate attivismo per la loro causa. Siate profetici. Ci sono molte occasioni in cui la Chiesa può essere una voce morale per questa comunità perseguitata». Non so se lui o gli organizzatori se ne sono accorti: ormai la militanza gay friendly è passata (o sta passando) di moda, così come la difesa del lavoro, il femminismo e mille altre mode. La presenza di personaggi LGBT nelle fiction televisive, ad esempio, non dà nemmeno più scandalo: ormai è considerata ovvia, sia da chi la approva che da chi la disapprova. Sempre più spesso, di fronte all’ennesimo gay-pride o all’ennesima presunta violenza omofoba, le persone reagiscono con un’alzata di spalle, o con sempre più malcelata insofferenza. Adesso è di moda il migrante, questo è il nuovo terreno di scontro; che noia, l’omosessualismo…

Come al solito, quando la Chiesa decide di abbracciare posizioni mondane, lo fa fuori tempo (altro che «Siate profetici»…) e in modo maldestro. Lo ha fatto con il comunismo (quando si era già trasformato in terrorismo, e molti militanti prendevano le distanze); lo ha fatto con la psicoanalisi (quando ormai non se la filava nessuno); con il femminismo (e ormai anche le femministe ci ripensano…); con l’evoluzionismo. Ora sale sul carro dell’omosessualismo quando gli altri stanno già scendendo per salire altrove.

Ma c’è un secondo livello di conformismo, più profondo e dalle conseguenze più importanti.

I «pensieri» non sono funghi: non crescono in modo spontaneo, improvviso e imprevedibile ora qua, ora là. I pensieri sono coaguli in un flusso culturale nel quale siamo immersi. La cosa interessante è che la maggior parte delle persone non ha la minima idea di essere immersi in una cultura. Avete presente la storiella dei pesci di David Foster Wallace?
Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: – Salve, ragazzi, com'è l'acqua? – I due pesci giovani nuotano un altro po', poi uno guarda l'altro e fa: – Che cavolo è l'acqua?

Ecco, sostituiamo «pensiero» ad «acqua» e ci siamo.

Torniamo a padre Martin e alla sua locuzione. Dal suo discorso emerge un’immagine della persona nella quale la parte rilevante è l’emotività: l’importante è non farla sentire esclusa, rifiutata, ermaginata eccetera eccetera. La persona, per padre Martin, è emotività, passioni; è materia, perché le passioni (da Cartesio in poi) sono «moti del corpo»; non ha nessun «dover essere», nessun progetto o vocazione, perché «è fatta così». Quella di padre Martin è, in sostanza, l’antropologia moderna: rinascimentale, empirista, illuminista, romantica, marxista, costruzionista.

Quella che padre Martin paventa e ridicolizza come «omofoba» è l’antropologia aristotelico-tomista-cattolica: l’uomo è una unione inscindibile di anima e corpo; le passioni sono al servizio della ragione; l’uomo non è ciò che è, ma è ciò che può essere.

Due acque completamente diverse. Ma padre Martin non lo sa; gli organizzatori non lo sanno. Vendono come cattolica l’acqua che si è sempre posta come antitesi al cattolicesimo.

Ed ecco il secondo livello di conformismo: più profondo, inconsapevole.

Per quale motivo questo secondo livello di conformismo ha delle conseguenze più importanti? È semplice.
Il rifiuto della ragione e il trionfo dell’emotività hanno come conseguenza (o come obiettivo) il rifiuto della Legge Naturale; perché il compito specifico e più alto della ragione è proprio riconoscere la Legge Naturale e (aiutata dalle passioni) orientarvi la persona.

Ora: il rifiuto della Legge Naturale è il luciferino «Non serviam» (Ger 2, 20); è l’«Eritis sicut dii» (Gn 3, 5), padroni di decidere cosa è bene e cosa è male.

Ecco, l’abbiamo scritto. Questa è l’acqua nella quale nuota padre Martin, e l’acqua nella quale gli organizzatori vogliono che nuotino le famiglie cattoliche: la Cloaca Maxima.

Che insegnamenti possiamo trarre da questa faccenda? Io direi almeno tre...

1) Non conviene affaticarsi per conformarsi al mondo: stat crux dum volvitur orbis, le mode passano in fretta.

2) Se non studiamo Aristotele e san Tommaso finiremo per dire fesserie come padre Martin.

3) Probabilmente aveva ragione papa Ganganelli: ogni duecento anni è opportuno sopprimere l’ordine dei Gesuiti.