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Dove fascismo è

I soliti democratici fanno chiudere il convegno sulla disforia

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Mentre si urla al fascismo in Rai non ci si accorge della violenza squadrista di Catania, dove alcuni collettivi hanno impedito ad accademici di parlare di disforia di genere e transessualità, annullando il convegno di Scienza e Vita. Nel silenzio inerme della Polizia.

Vita e bioetica 22_04_2024

Come nella favola al lupo! al lupo! a forza di gridare sguaiatamente al fascismo, poi non ci si accorge quando il fascismo arriva davvero. Mentre i media e la politica non si occupano che del caso Scurati e gridano al fascismo del premier Meloni che censura il dissenso, nessuno si alza in piedi per denunciare e nel caso condannare quanto accaduto venerdì a Catania nell’ambito di un convegno accademico sulla disforia di genere e la carriera alias: i relatori sono stati zittiti da un manipolo di vocianti collettivi Lgbt+ e il convegno è stato cancellato perché nessuno poteva parlare. Non è questa un’occasione per denunciare davvero un atteggiamento squadrista e fascista contro chi la pensa diversamente?

Eh sì che il convegno di venerdì e sabato, organizzato da Scienza e Vita di Catania e promosso dall’Università etnea nella prestigiosa sede dell’ateneo, i crismi per affrontare la discussa tematica, che sta coinvolgendo sempre di più il mondo della scuola, li aveva tutti. Ma ha avuto la meglio la violenza verbale di alcuni collettivi.

La disforia di genere nei minori e la “carriera alias” negli istituti scolastici: questioni mediche, giuridiche ed antropologiche, questo il titolo della due giorni che doveva vedersi alternare sul tavolo dei relatori accademici di primo livello nel campo del diritto, della filosofia, dell’antropologia, della psichiatria, della pediatria. Insomma, professori universitari e professionisti del settore che si danno appuntamento all’interno di un contesto scientifico per affrontare scientificamente una problematica come quella della disforia di genere. Niente di più normale. Invece, è bastato un gruppetto organizzato al grido di «dicriminazione» e «transfoboci» per far saltare tutto.

E così è stato. Come raccontano le cronache, dopo le avvisaglie dei giorni precedenti, i collettivi hanno fatto irruzione nella sala dopo i saluti di benvenuto del vescovo di Catania e hanno srotolato striscioni arcobaleno, intonando i soliti cori e rivendicando diritto di parola. Diritto che è stato concesso: una di loro ha letto un proclama secondo il consueto stile declamatorio. Poi urla, trambusto e infine, gli organizzatori hanno gettato la spugna: tutti a casa.

Inutile l’intervento della Polizia che aveva mandato alcuni agenti della Digos. Hanno lasciato correre.

Che cosa lamentavano i collettivi? Lamentavano che non ci fossero oratori trans o di orientamento pro-trans. A parte che ciascuno ha il diritto di organizzare un convegno secondo l’impostazione che ritiene vera senza dover rendere conto a eventuali agit prop, ma il fatto curioso è che c’era stata una interlocuzione con Arcigay di Catania nei giorni precedenti ed era stata assicurata loro la possibilità di intervenire nel dibattito. Ma non ce n’è stato bisogno: i democratici assaltatori, molti dei quali del collettivo Open Catania, hanno preso il microfono all’inizio e non lo hanno più restituito.

Eppure, se avessero avuto la buona educazione, almeno, di ascoltare, avrebbero scoperto che un paio di relatori invitati a parlare, avevano un orientamento tutto sommato vicino alle loro posizioni. Ma niente da fare. Il furore dell’ideologia ha obnubilato le menti e tutto si è risolto in uno sproloquio su libertà, diritti e dagli all’omofobo.

Parlano di libertà e poi sono i primi e negare la libertà di espressione agli altri. E così facendo impediscono la realizzazione di un convegno calpestando quel libero confronto di idee che loro sono i primi a voler negare.

L’episodio di venerdì, ovviamente, in questi giorni non ha occupato le prime pagine dei giornali, impegnate a denunciare il fascismo della maggioranza di governo. Eppure, qua, di fascismo ce n’è quanto basta per gridare allarmati alla limitazione delle libertà. Con la solita tecnica del fascismo degli antifascisti, gli unici oggi ossessionati da una dittatura che non si accorgono di promuovere soltanto loro.

Anche per la giustizia è una sconfitta. La Digos non ha mosso un dito, eppure, era suo dovere procedere all’identificazione di questi “ribelli” per consentire al convegno di iniziare regolarmente. Invece, in 25 minuti di “show”, nessuno ha ritenuto doveroso far uscire dalla sala quel manipolo vociante e aggressivo. Sicuramente per paura di creare un ulteriore “scandalo”, con la Polizia nella parte del kattivo, accusata di reprimere il dissenso. Anche questo un film già visto. Così però a farne le spese è stata la giustizia, perché qualcuno ha dovuto rinunciare per far posto al più forte, al più arrogante, al più violento, almeno verbalmente.

Infine, grande tristezza per come il mondo accademico oggi stia entrando in un tunnel oscurantista preoccupante. Lo stiamo vedendo nelle università americane, permeate di cultura woke e lo vediamo ormai anche qui: da luogo del sapere e del confronto, da luogo deputato al dibattito e alla ricerca, alla speculazione e alla confutazione delle tesi, le università si stanno trasformando sempre più in scuole del pensiero unico, dove il solo verbo permesso è quello del conformismo e delle ideologie più aggressive. Il resto, che è poi tutto quel che serva per la ricerca della verità, viene lasciato fuori dalla porta, escluso, marginalizzato e come abbiamo visto a Catania, silenziato.