Guareschi, antidoto ad una fede ideologica
Il silenzio sull'anniversario della morte di Guareschi. Quasi che si volesse porre sotto silenzio un personaggio che in vita ha dato molto fastidio all’intellighenzia nostrana, molto allineata e molto borghese. Occorre invece rivalutare la valenza religiosa e “cattolica” della presenza (che continua) di Giovannino Guareschi. Anche per superare l’attuale tentazione cattolica di rendere la religione una ideologia.
Caro direttore,
lo scorso 22 luglio si sono ricordati i cinquanta anni dalla morte di Giovannino Guareschi, ma mi pare che tale anniversario sia passato molto in fretta, quasi che si volesse porre sotto silenzio un personaggio che in vita ha dato molto fastidio all’intellighenzia nostrana, molto allineata e molto borghese.
Comunque, di Guareschi sono stati sottolineati molti aspetti: quelli del “candido reazionario”, quello del polemista, quello dell’umorista, addirittura quello del “monarchico”, quello del deportato, quello del condannato in Italia e così via. Mi pare che si sia cercato di nascondere, soprattutto, il fatto che il grande scrittore (“l’italiano più tradotto all’estero”) era, innanzi tutto, un convinto cristiano, che non ha avuto paura di manifestare apertamente, secondo il suo singolare temperamento, la certezza della propria fede (avere una fede “certa” è il peccato imperdonabile, secondo l’entourage laicista).
La fama mondiale di Guareschi è dovuta, soprattutto, alla serie di film dedicati a don Camillo, che vengono ricordati, oltre che per il sano umorismo che li pervade, per le strepitose interpretazioni di Fernandel (don Camillo) e di Gino Cervi (Peppone). Leggo spesso i libri che raccontano le storie dell’iracondo parroco e del sindaco “comunista”, soprattutto quando devo vincere la tentazione del pessimismo e ritengo che, contrariamente alla vulgata più accreditata, il vero protagonista di quelle storie sia il Cristo Crocifisso, che rimprovera, corregge e incoraggia il parroco, quando questi si trova in difficoltà.
Ammirevole l’umiltà del focoso parroco, che non ha paura di rivolgersi personalmente a Gesù e fantastica la bontà severa ed ironica di Cristo che non lascia mai solo don Camillo. Il Cristo Crocifisso è al centro di ogni racconto, perché, in fondo, sono le Sue parole a condurre alla soluzione dei problemi, perché è Lui al “centro del cosmo e della storia”. Ed è Lui che riesce a guardare con grande “tenerezza” tutte le vicende umane, andando oltre le apparenze e mettendo spesso in imbarazzo il Suo prete.
E così, il “mondo piccolo” di Guareschi non è altro che il riflesso del “mondo grande” in cui ciascuno di noi vive,o, almeno, crede di vivere. Nell’assolata o freddissima e nebbiosa Bassa emiliana, quella del Cristo Crocifisso è l’unica voce che dà senso a quella vita dura, ma affascinante. Il prete cattolico usa tutti i mezzi (leciti e “illeciti”) per affermare la presenza di Gesù e della fede popolare. Il sindaco comunista cerca disperatamente e in buona fede di affermare un “bene comune” che gli sfugge da tutte le parti. E’ solo il Cristo Crocifisso, dall’alto delle Sue braccia aperte, che riesce a vedere le cose dal verso giusto, senza ideologie e con il realismo della verità.
Caro direttore, penso che occorra rivalutare la valenza religiosa e “cattolica” della presenza (che continua) di Giovannino Guareschi. Anche per superare l’attuale tentazione cattolica di rendere la religione una ideologia.